Non solo numeri, ma storie, vite sospese, fragilità che crescono. La relazione 2025 del Centro Antiviolenza “La Fenice”, presentata oggi, restituisce un quadro complesso, dove ai dati quantitativi si affiancano criticità nuove e dinamiche che rischiano di penalizzare proprio chi trova il coraggio di denunciare.
Accessi in aumento: più donne chiedono aiuto
Nel 2025 gli sportelli del Centro – gestito dalla Provincia – hanno registrato 120 accessi, con 80 donne prese in carico, dieci in più rispetto al 2024. Tra queste ci sono anche due minorenni, una delle quali segnalata da insegnanti a seguito di un percorso di formazione realizzato lo scorso maggio nelle scuole.
L’età media delle utenti è di 42 anni. Il 52% sono italiane, mentre sul fronte occupazionale emergono 19 disoccupate e 3 studentesse; gli altri casi presentano profili lavorativi eterogenei. A livello di formazione: 16 donne hanno la licenza media, 23 il diploma, 17 un titolo universitario.
Nel 2024 le donne prese in carico erano state 70. Gli sportelli più attivi sono stati quelli di Roseto e Martinsicuro, di recente apertura. Da segnalare anche i 5 accessi allo sportello dell’Università.
Violenza assistita: 46 donne con figli esposti alla brutalità domestica
Un dato che allarma è quello delle 46 donne che hanno dichiarato episodi di violenza assistita: violenze fisiche o psicologiche subite davanti ai figli. Ed è proprio qui che emergono le criticità più gravi del sistema.
La falla del sistema: chi denuncia rischia la sospensione della responsabilità genitoriale
La relazione mette in luce una dinamica dolorosa e paradossale: donne che denunciano violenze si trovano a dover affrontare anche un provvedimento del Tribunale dei Minori che sospende la responsabilità genitoriale.
Questo accade quando, nella denuncia trasmessa dalla Procura, emerge che la donna avrebbe “temporeggiato dal sottrarsi alla situazione violenta”, esponendo anche i figli al contesto di pericolo.
Il Tribunale, in questi casi, ha l’obbligo di intervenire:
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con educative domiciliari,
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o, nei casi più delicati, con l’affidamento dei minori a centri diurni.
Una misura pensata per la tutela dei minori, ma che spesso produce una vittimizzazione secondaria, cioè una nuova forma di danno per la donna che già subisce la violenza.
Il CAV sottolinea la necessità urgente di:
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protocolli interistituzionali più stringenti tra forze dell’ordine, Procure, tribunali e servizi sociali;
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tempi rapidi nei procedimenti, per evitare sospensioni prolungate e non più attuali;
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una valutazione delle madri che tenga conto del contesto di coercizione, del ciclo della violenza e delle dinamiche psicologiche.
Solo un approccio coordinato e consapevole può garantire protezione reale a donne e minori, evitando distorsioni che puniscono chi denuncia.
Aiuti concreti: reddito di libertà, tirocini e percorsi di autonomia
Nel corso del 2025 il Centro ha supportato:
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32 donne nella richiesta del “reddito di libertà”,
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l’erogazione di buoni spesa,
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l’avvio di un tirocinio formativo in farmacia concluso con un’assunzione,
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l’inserimento di una donna straniera nel Sistema di accoglienza per persone vulnerabili.
La Provincia ha inoltre finanziato due corsi per operatori sanitari.
Il sistema gestito da La Fenice e Casa Maia si regge sul lavoro di un’équipe di professioniste che offrono supporto psicologico, legale, sociale e burocratico, accompagnando le donne in tutto il percorso di uscita dalla violenza.
Rete dei servizi e contatti
Il Centro dispone di sette sportelli, con sede principale a Teramo.
Accesso gratuito e anonimo tramite:

