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glorianolanciottiLA DEMOGRAFIA IMPRENDITORIALE NEL PRIMO TRIMESTRE 2020

 

Premessa metodologica

L’analisi della dinamica imprenditoriale relativa ai primi tre mesi dell’anno, sulla base delle informazioni statistiche del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio Italiane elaborate e rese disponibili da Infocamere, consegna tradizionalmente un bilancio negativo poiché riflette l’accumularsi di cessazioni contabilizzate a gennaio ma riferibili in realtà agli ultimi giorni dell’anno precedente, cosicché i registri camerali rilevano queste chiusure con il bilancio del primo trimestre dell’anno.

L’andamento nazionale

Quasi 30mila imprese in meno nei primi tre mesi del 2020 contro un calo di 21mila nello stesso trimestre del 2019. Il bilancio della nati-mortalità delle imprese tra gennaio e marzo di quest’anno risente delle restrizioni seguite all'emergenza Covid-19 e rappresenta il saldo peggiore degli ultimi 7 anni, rispetto allo stesso arco temporale. Si tratta di un dato che evidentemente si riflette anche a livello territoriale e settoriale. Gli effetti conseguenti allo stato di eccezionalità in cui l'economia reale si sta muovendo appesantiscono il risultato di un bilancio che nei primi tre mesi dell’anno chiude sempre in rosso per effetto delle chiusure comunicate sul finire dell’anno precedente.
In netto calo sia le iscrizioni che, in misura minore, le cessazioni. Tra gennaio e marzo si registrano 96.629 nuove aperture, a fronte di 114.410 dello stesso trimestre dell’anno precedente, e 126.912 chiusure contro le 136.069 del 2019.

Serie storica del saldo tra iscrizioni e cessazioni*i nel I trimestre di ogni anno
Totale imprese, valori assoluti - Anni 2010-2020

 

Fonte: Unioncamere-InfoCamere, Movimprese
(*) Al netto delle cancellazioni d’ufficio effettuate nel periodo

 

Il saldo che ne scaturisce, pari a – 30.283 imprese, è il risultato peggiore degli ultimi dieci anni escludendo il 2013, quando al culmine della crisi economica internazionale, il saldo demografico raggiunse il valore di – 31.351 imprese. Il dato di fondo che emerge dall’analisi decennale evidenzia una tendenza ad una progressiva riduzione delle nuove iscrizioni accompagnata da una diminuzione molto meno marcata delle cancellazioni.
Il tasso di iscrizione nel primo trimestre del 2020 si colloca al 1,60% rispetto al 2,02% dell’analogo periodo del 2010. Il tasso di cessazione è pari al 2,10% nel 2020 rispetto al 2,29% del 2010. Ne scaturisce un valore del tasso di crescita pari al -0,50% nel primo trimestre 2020 rispetto al -0,27% dello stesso periodo del 2010.
Analoga dinamica interessa il settore dell’artigianato, con intensità ancora più negative. Infatti il tasso di iscrizione si colloca per il primo trimestre 2020 al 1,92% rispetto al 2,09% di inizio decennio. Il tasso di cessazione risulta pari a 2,76% nel 2020 a fronte del 3,03% del 2010. Di conseguenza il tasso di crescita si posiziona al -0,84% alla fine di un decennio caratterizzato da valori negativi addirittura superiori all’unità.

L’andamento regionale

Il trend che caratterizza la demografia imprenditoriale regionale ricalca nei segni e nelle intensità il dato medio nazionale. Nel corso del primo trimestre a fronte di 2.515 iscrizioni si sono registrate 3.319 cessazioni con un saldo di – 804 imprese ed un tasso di crescita pari a – 0,54% (- 0,50% la media nazionale).

 

 

Disaggregando l’analisi per provincia i risultati peggiori del saldo demografico si riscontrano per le province di Chieti (- 297 imprese) e Teramo (-255 unità) con valori negativi del tasso di crescita ben superiori alla media nazionale (Teramo – 0,71%, Chieti -0,66%).
Particolarmente critica in Abruzzo l’evoluzione delle imprese artigiane. Nel corso del primo trimestre del 2020 continua l’emorragia delle imprese attive; a fronte di 528 nuove iscrizioni si sono registrate ben 937 cessazioni per un saldo di – 409 imprese. Il tasso di crescita si posiziona a - 1,38% rispetto a – 0,84% del dato medio nazionale, che posiziona l’Abruzzo al quart’ultimo posto nella graduatoria delle regioni italiane.
La dinamica a livello territoriale penalizza in modo particolare la provincia di Teramo con un saldo negativo di 138 imprese ed un tasso di crescita del – 1,79%, che posiziona la provincia aprutina agli ultimi posti della graduatoria nazionale. Saldi negativi anche per le altre province con un minimo di Pescara (- 1,20% il tasso di crescita), seguita da Chieti (- 1,22%) e L’Aquila (- 1,30%).

 

L’andamento della provincia di Teramo.

Come già evidenziato nella sezione precedente, nel corso del primo trimestre dell’anno la provincia aprutina ha risentito in maniera più marcata delle difficoltà che interessano l’economia nazionale. Un tasso di crescita negativo (- 0,71%) ben superiore alla media regionale (- 0,54%) e nazionale (- 0,50%), dovuto prevalentemente all’evoluzione delle Ditte individuali, che presentano un saldo di – 232 unità, seguite dalle Società di persone (- 55 unità), perdite solo in parte mitigate dalla positività del saldo delle Società di capitale (+ 37 imprese).

 

 


Prosegue il drastico ridimensionamento dello stock imprenditoriale delle imprese artigiane, in una provincia che si caratterizza per i più alti indici di artigianalità in Italia. Nel primo trimestre le iscrizioni di nuove attività artigiane sono state pari a 136 unità a fronte di 274 cessazioni, che ha determinato un saldo di – 138 imprese. Come già detto in precedenza, il relativo indice di crescita pari a – 1,79% pone Teramo tra le ultime province italiane.

“Il quadro che scaturisce dall’analisi dei dati dei primi tre mesi, al netto di quelle che sono le influenze di carattere metodologiche ricordate nella premessa, evidenzia una reale difficoltà del sistema imprenditoriale italiano, regionale ma soprattutto della nostra provincia al mantenimento dello stock di imprese attive sul territorio – sostiene Gloriano Lanciotti, Presidente della Camera di Commercio di Teramo. La tendenza desta ancor maggiore preoccupazione alla luce di quanto sta accadendo dalla prima settimana di marzo ad oggi, che porta a pensare che tale andamento possa aggravarsi ulteriormente nel corso dei prossimi trimestri. L’impegno delle istituzioni deve essere orientato ad individuare idonei strumenti di sostegno finanziario e le opportune strategie di rilancio e promozione delle filiere fondamentali dell’economia locale”