C'è stato chi, qualche giorno fa, quando è cominciato il definitivo cambio di insegne, e al posto di quelle della Tercas sono comparse quelle di Banca BdM, ha pensato che la Banca se ne stesse andando. Anche tra i Sindaci, c'è stato chi ha temuto in una nuova crisi bancaria per il territorio. Al contrario, quel cambio di insegne era, di fatto, la testimonianza di una scelta di presenza. E di sviluppo. Ne abbiamo parlato, nell'esclusiva intervista che state per leggere, con Cristiano Carrus, amministrature delegato di Banca BdM
Dottor Carrus, pochi giorni fa, sulle filiali dell’ex Banca Tercas, sono comparse le nuove insegne di BdM Banca. Non è solo un nuovo nome, ma un traguardo raggiunto.
«La campagna di rebranding che abbiamo avviato in tutte le nostre filiali nelle regioni in cui siamo presenti, non è solo di facciata, ma un vero e proprio cambio di passo rispetto al passato. Insieme alla nostra capogruppo Mediocredito Centrale, abbiamo deciso che cambiare nome e volto non solo fosse necessario, ma anche urgente. Per cui, quando i tempi sono stati maturi, abbiamo pensato che un’azione mirata in questo senso rappresentasse un segnale forte per imprese e famiglie. Io però non lo chiamerei un traguardo raggiunto, piuttosto una tappa di un cammino di rinnovamento che è partito in maniera decisa quest’anno e continuerà anche nel 2025».
Alla chiusura della semestrale, con un utile di oltre 11 milioni, lei ha commentato che “Solo un anno fa sembrava impensabile”, qual è il segreto di questa rinascita?
«Crederci, e lo dico con franchezza e onestà. Ci abbiamo creduto tutti, il management e i nostri dipendenti che hanno affrontato sacrifici con uno spirito di squadra encomiabile, dimostrando determinazione e voglia di non mollare davanti a evidenti difficoltà. Posso dire che allo stesso modo ci hanno creduto i nostri clienti, ai quali dobbiamo tanto perché, quando i venti di tempesta sono stati forti, loro hanno continuato a darci fiducia, a sceglierci. I miracoli non si fanno da soli. Se oggi BdM Banca, è tornata a essere una banca solida, come confermato anche dai risultati della novestrale, lo dobbiamo a chi ha scommesso su un rilancio possibile, ma anche a quel capitale umano che, insieme a noi, non si è mai arreso».
Secondo Bankitalia, l’Abruzzo soffre ancora, rispetto alle regioni del Nord. Economicamente parlando, c’è ancora una “questione meridionale”?
«Il territorio abruzzese ha un forte tessuto imprenditoriale composto da grandi aziende e da piccole imprese artigianali e manufatturiere che insieme sono la spina dorsale dell’economia italiana. Per questo motivo è un’area importante per la crescita di tutto il paese. Parlerei di “questione Meridionale” solo se parliamo di un fenomeno riferito a un’area con un grande potenziale su cui puntare. E noi come BdM siamo pronti ad accettare la sfida».
Intervistando i protagonisti della vita pubblica, siamo soliti chiedere quale sia la loro personale percezione dell’Abruzzo e, in particolare, delle criticità di questa regione. Lo chiedo anche a lei...
«Come ho detto prima è per noi un territorio di grande opportunità. Ogni territorio che serviamo per noi è un’opportunità. La prima cosa che facciamo è metterci in ascolto per poi captare i bisogni e dare delle risposte concrete alle necessità emerse. Ogni regione ha le sue peculiarità, ma se c’è una cosa che ho compreso dell’Abruzzo è che, oltre ad essere una terra ricca di eccellenze economiche e industriali, ci chiede di accompagnarla nella sua evoluzione naturale».
Secondo molti economisti, è il nostro Mezzogiorno una delle aree europee col maggior potenziale di sviluppo, ma non c’è sviluppo senza un sostegno economico vero.
«Tra i nostri obiettivi abbiamo quello di diventare la banca di riferimento del Sud. Se non credessimo nell’enorme potenziale del Mezzogiorno, non avremmo questa ambizione. Le regioni meridionali a cui BdM Banca fa riferimento, compreso quindi l’Abruzzo dove abbiamo il 30% delle nostre filiali e dei nostri sportelli, sono composte da un tessuto imprenditoriale che necessita di un sostegno ad hoc, perché è composto principalmente da piccole e medie imprese. Per questo motivo, lavoriamo quotidianamente affinché i nostri servizi possano affiancare le aziende in un percorso di sviluppo per affrontare le sfide che le attendono».
Quanto è difficile “fare banca” nel mondo che cambia?
«Più che di difficoltà parlerei di complessità, perché dobbiamo stare al passo con un contesto internazionale che ogni giorno ci mette davanti a nuove sfide. Senza però dimenticare che BdM Banca ha puntato al rafforzamento del suo ruolo di banca di prossimità, proprio dove avvertiamo quali sono i bisogni reali dei territori. E territorio per noi vuol dire imprese ma anche famiglie, che hanno bisogno di un supporto nella loro vita quotidiana. Le faccio un esempio: in un momento storico in cui sentiamo parlare di neutralità climatica praticamente tutti i giorni, abbiamo deciso di affiancare chi è in procinto di acquistare, ristrutturare o costruire casa e che vuole contestualmente ridurre i costi energetici con un Mutuo Green. Ecco è così che facciamo banca in un mondo che cambia».
La scomparsa della Tercas, per la macroregione Abruzzo - Molise - Marche, è stata una ferita dolorosissima. Poi c’è stato l’uragano barese e adesso, con altre insegne ma stesso “cuore”, è tornata una banca che, sul territorio, sta ricostruendo quel “tessuto empatico”. Quindi è possibile pensare locale, nell’economia globale?
«Questa banca è stata come l’araba fenice, è risorta dalle sue ceneri. Ma non sono abituato a parlare delle ferite del passato, le conosciamo e lavoriamo tutti i giorni per superarle. Credo però sia importante far capire che il cambio delle insegne corrisponde anche ad nuovo ritmo cardiaco, più centrale e regolare anche grazie alla nostra Capogruppo MCC. Abbiamo lavorato duro per ricostruire quello che lei chiama il tessuto empatico. Noi partiamo, per nostra natura dal territorio locale, ma se non avessimo sempre gli occhi puntati al mercato che cambia non potremmo fare bene il nostro lavoro».
Tutte le persone che occupano ruoli di grande responsabilità, oltre ai progetti “aziendali”, conservano una loro visione, un progetto, un sogno forse. Posso chiederle il suo?
«Il primo l’ho già realizzato ed è stato riportare la banca in utile. Ci sono voluti 4 anni e non è stato semplice. Abbiamo dovuto fare scelte difficili che oggi però vengono ripagate dai numeri che mostriamo con orgoglio. La mia visione non può che essere quella che ci ha contraddistinto fino ad oggi, ovvero essere una banca moderna e dinamica, non rigida ma elastica, che sappia interpretare i bisogni e adattarsi alle necessità delle persone. Perché è solo in questa maniera che riusciamo a sostenere lo sviluppo del Paese, delle regioni, e delle comunità».
Antonio D'Amore