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Il nuovo Rapporto Svimez mette in evidenza una contraddizione che segna profondamente il Sud: mentre l’economia cresce, il Mezzogiorno continua a perdere capitale umano. Tra il 2022 e il 2024, 175mila giovani sotto i 34 anni hanno lasciato il Sud, molti con un titolo di studio elevato. L’Abruzzo non fa eccezione: in due anni quasi 7mila giovani tra i 25 e i 34 anni si sono trasferiti al Centro-Nord, mentre oltre 3mila hanno scelto l’estero, configurando una delle perdite generazionali più marcate dell’area.

Nonostante il Pil meridionale sia cresciuto dell’8,5% tra il 2021 e il 2024 – più del Centro-Nord – grazie a costruzioni, investimenti pubblici e ripresa dei servizi, la qualità del lavoro resta insufficiente. Crescono i posti di lavoro ma non il benessere: i salari reali calano più che nel resto d’Italia, la povertà assolutcerinfuga.jpga aumenta e un milione e duecentomila lavoratori rientrano nella categoria dei working poor.

A pesare è anche la bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro, frenata dal peso del lavoro di cura e dalla carenza di servizi. La fuga dei laureati rappresenta inoltre una perdita economica ingente: in venticinque anni il Sud ha investito 132 miliardi nella formazione di professionisti che poi si trasferiscono altrove.

Il rapporto segnala inoltre che l’Abruzzo non sta sfruttando appieno le opportunità della Zes Unica, che altrove ha già velocizzato gli investimenti e ridotto i tempi autorizzativi. Pur con segnali incoraggianti a livello nazionale, la regione mostra una reattività inferiore rispetto a Puglia, Campania e Sicilia.

Dal mondo giovanile emergono richieste di politiche più coraggiose e orientate alla qualità del lavoro, alla lotta alla precarietà e al rafforzamento dei servizi, compreso il diritto alla casa. Per molti giovani, la possibilità di restare nel proprio territorio passa da interventi strutturali su occupazione, istruzione, welfare e trasporti: condizioni essenziali per trasformare la crescita economica in sviluppo reale e duraturo.