Per fare politica, per amministrare una città, bisogna avere i titoli. Nel senso delle capacità personali, non dello spazio sui giornali. Nella Giunta D’Alberto, stante la spaventosa rarità della prima, si punta sui secondi, perché in campagna elettorale (no, non quella delle politiche del 25, ma quella per le comunali del 2023) quello che conta - pensa qualche espertuccio in comunicazione - è apparire.
Poi, il fare è relativo.
Annunciare necesse: cantieri, lavori, appalti, ricostruzioni… chi più ne ha, più ne metta. Tanto, un titolone sul giornale più filopalazzo non te lo toglie nessuno.
Ma è un errore, perché la rete non dimentica, internet conserva tutto e basta andarselo a cercare.
E adesso parliamo del nuovo teatro.
Il 17 gennaio 2022, cioè otto mesi fa, “il Centro” titolava:
“La sfida di D’Alberto sul teatro: «Farlo nuovo in quattro anni» - Ci sono 10 milioni ma i tempi sono stretti: l’affidamento dei lavori va fatto entro settembre 2023 Il sindaco: «Voglio un’opera condivisa, sarà subito avviato un confronto con le associazioni culturali»…”
Ecco.
Chiaro, no?
Teatro nuovo, in quattro anni e confronto con le associazioni.
Altro giro, altro titolo.
Questo è “il Centro” di oggi.
«Nuovo teatro, arriva la svolta: c'è l'incarico per la progettazione - Il Comune si affida a una squadra composta da tecnici teramani e di un famoso studio milanese. Tramonta l'ipotesi della demolizione e ricostruzione dell'edificio: sarà riorganizzato quello esistente»
Chiarissimo, no?
In soli otto mesi, senza aver mosso una paglia, senza aver minimamente “avviato un confronto con le associazioni” né ovviamente con la città, tutto cambia:
Il teatro nuovo diventa quello vecchio riaggiustato, anzi: riorganizzato.
Come si possa “riorganizzare” una scatola di cemento, che non è mai stata e mai sarà adeguata alla tradizione culturale di questa città, lo immagina solo questa Giunta nella sua foga annunciatoriq.
Una foga che mi spinge ad uno sforzo - leggero, non preoccupatevi - di memoria e che svela l’ennesima prova della spiazzante mancanza di idee di questa amministrazione.
Indovinate: a chi ha deciso di affidare il progetto preliminare del nuovo (cioè vecchio riaggiustato) teatro comunale di Teramo?
Indovinate chi guida quella che, con toni enfatici, il foglio abruzzese di oggi definisce “…una squadra composta da tecnici teramani e da un famoso studio milanese”
Ve lo dico io: allo stesso architetto che la Giunta Chiodi aveva scelto nel 2008, per l’ambizioso progetto del nuovo (quello sì) Teatro Comunale, ovvero il teramano Michele Reginaldi.
Sul curriculum del quale, non si discute, già all’epoca aveva alle spalle lavori in tutto il mondo, figuriamoci quattordici anni dopo. È curioso, però, che dopo quattro anni di governo della città, D’Alberto debba …imitare Chiodi, pur di avere qualcosa da annunciare.
E senza aver minimamente coinvolto la città, in quella che è una delle scelte importanti.
E non solo, perché adesso si fa affidamento sui soldi del Pnrr, mentre Chiodi pensava ad un project a costo zero per la città, tanto più che la Fondazione - già dai tempi di Nuzzo - aveva messo a disposizione più di tre milioni per il nuovo teatro.
Che fine hanno fatto quei soldi?
Sipario…