Della riunione di maggioranza di lunedì pomeriggio, convocata dal PD, abbiamo scritto. E abbiamo anche raccontato di come, in fondo, i toni siano stati “soft”, non si siano celebrati processi, non ci siano stati confronti accesi. Le critiche, però, non sono mancate, ed è nel giorno dopo che si sedimentano. A cominciare dalla stessa riunione o, per essere più precisi, qualcuno sostiene che fosse una riunione di maggioranza. Già, perché prima ancora di discutere di politica, è toccato chiedersi chi ne facesse parte davvero. L’elenco degli invitati ha lasciato molti più dubbi che certezze: alcuni presenti non sapevano bene perché, altri assenti avrebbero voluto esserci, e qualcun altro ha preferito non rischiare di capire troppo. Eppure, tra una perplessità e l’altra, i temi “pesanti” sono arrivati sul tavolo. Il primo, il solito: il rimpasto di giunta. Il consigliere regionale Giovanni Cavallari ha messo i puntini sulle i – o almeno ci ha provato – chiedendo che il rimescolamento arrivi entro un mese (ma nessuno ci crede). Un ultimatum garbato ma non troppo, che tradisce il nervosismo di chi percepisce una macchina politica ferma ai box. La sensazione, però, è che più che un rimpasto serva una ricostruzione d’identità: chi governa Teramo, e con quale progetto comune? Poi c’è la questione del direttore generale, la figura mitologica che dovrebbe salvare la burocrazia e alleggerire il sindaco prevista per legge.
Peccato che al sindaco l’idea non piaccia molto: preferirebbe inserire quattro persone di fiducia che un solo tecnico “ingombrante”. Quattro giocatori invece di un arbitro, insomma. Ma la differenza è sostanziale: un direttore generale serve a far funzionare la macchina amministrativa. Non è mancato neppure il capitolo comunicazione. Qualcuno, anche con una certa franchezza, ha fatto notare che lo staff del sindaco non sta brillando. Troppi annunci, poca sostanza, e un messaggio politico che spesso si perde tra toni enfatici e tempi sbagliati. Per dirla brutalmente: l’immagine di un’amministrazione non si corregge con una pagina Facebook, ma con una linea politica chiara. Infine, il tema delle opere pubbliche, dove l’amministrazione sembra stentare tra progetti, rendering e buone intenzioni. Tutto e il contrario di tutto: decine di cantieri aperti, altrettanti annunci, ma la sensazione che manchi un filo logico. La proposta emersa, quasi come un atto di autocritica, è quella di scegliere: puntare su poche opere, ma reali, concrete, terminabili. Il risultato finale?
Una riunione che doveva rilanciare la maggioranza e invece l’ha mostrata per quello che è: una coalizione in cerca di sé stessa, più impegnata a contarsi che a governare.
Per la cronaca, ieri pomeriggio, è stato deciso lo spostamento delle funzionarie: Pavone e Biancone all'area 7. Manetta rimarrà dov'era.
Elisabetta Di Carlo

