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teramodegattizzataHa scatenato centinaia di reazioni, via mail e via whatsapp (molte in privato), la nota "Voterò Gianguido D’Alberto per degattizzare Teramo" pubblicata stanotte dal giornalista teramano Antonio D'Amore sul suo profilo facebook. Come fa ad ogni tornata elettorale, e sempre nel giorno precedente l'apertura delle urne, dopo aver assolto gli obbliìghi della par condicio, D'Amore esprime una sua dichiarazione di voto, che questa volta ha condito con un'ipotesi di Giunta. Scopo dichiarato? "Degattizzare Teramo"  Come detto, centiaia di reazioni, di ogni genere e anche sotto gli ombrelloni degli stabilimenti della costa teramana, il post era argomento di discussione, anche accesa.
Ecco il testo del post pubblicato stanotte su facebook.

 

Considero Giandonato Morra mio amico, ma non lo voterò.
Non stavolta.
L’ho votato, in passato. Stavolta, no.
Ho voluto, negli anni, che rappresentasse me e la mia città, che mettesse le sue indubbie capacità al servizio del bene comune, ma stavolta no.
Al ballottaggio, non lo voterò.
Perché, per quanto sia convinto delle sue doti, la coalizione che guida resta contagiata dal peggiore virus politico che questa città abbia mai conosciuto, il gattismo.
E io non voglio più vivere in una città gattizzata.
Voterò Gianguido D’Alberto.
Voterò il noi e non l’io.
Perché la chiave interpretativa di tutta questa strana campagna elettorale, è in un gioco di verbi, anzi di “persone verbali”: Giandonato ha usato sempre la prima singolare, Gianguido la prima plurale. Tra quell’ “io” e quel “noi”, c’è la storia della Teramo di ieri e di quella di domani. L’io di Morra è stato il tentativo di spostare l’attenzione sul leader proponibile, sulla figura spendibile, sull’uomo che ha saputo ritagliarsi un ruolo suo nella politica teramana, perché l’elettorato si dimenticasse dello spettacolo pietoso che l’agonia del Centrodestra brucchiano ha offerto alla città, poche settimane prima di ritrovarsi, coeso e compatto, a proporsi come “nuovo”, come “progetto”, come “modello”.
Mi dispiace, scelgo il “noi” di Gianguido.
Capisco gli sforzi di Giandonato, che erano stati anche fruttuosi, fino a quando Paolo Gatti non ha deciso di salire sul palco dell’ultimo venerdì di campagna elettorale, e affidare alla storia una perla, quel riferimento incrociato a “concorsi & candidati” che ha regalato un brivido (e non d’emozione) a tutta la piazza.
Un clamoroso passo falso.
Eppure era (quasi) riuscito a rendersi (quasi) invisibile per tutta la campagna elettorale.
Invece, alla fine, quel bisogno di apparire, quella necessità di presenziare e quel suo continuare a confondere autorità e autorevolezza, l‘apparire e l’esistere, l’hanno portato a debordare. A parlare, poco forse, ma quel tanto che bastava “a firmare” la vittoria al primo turno.
S’era vantato, prima del voto, di aver costruito le due liste, di Futuro In e Forza Italia, trovando 64 candidati.
S’è vantato, dopo il 10 giugno, di aver portato quelle due liste al secondo e terzo posto dietro i cinque stelle, dimenticando però di dire che la lista di Futuro In, la sua cassaforte elettorale, ha perso 2400 voti su 5600. E poco conta che Forza Italia ne abbia recuperati 149
Duemilaeduecento teramani non credono più a Gatti.
Non credono più al multilevel politico che ha imposto a questa città.
Non credono più alla gestione del potere finalizzata alla costruzione di altro potere, del consenso per il consenso, del voto per generare altri voti.
Duemilaeduecento teramani non credono più a Gatti, né ai suoi avatar indottrinati per seguire la mission aziendale, che è sempre quella di aumentare il consenso.
Che abbiano capito che, in una città pesantemente in ritardo su tutta la gestione “sismica” delle scuole, non dovrebbe avere diritto di parola chi ha gestito, in proprio e con i suoi assessori, la scuola negli ultimi quattordici anni?
Che abbiano intuito, quei duemilaeduecento ex gattiani, che in una città nella quale l’asfalto è solo un ricordo sospeso tra le buche, non dovrebbe avere diritto di parola chi per anni ha gestito con i suoi assessori le manutenzioni?
Che abbiano deciso, quei duemilaeduecento elettori in fuga da Futuro In, che non avrebbero tollerato programmi elettorali sulla cultura, nella bocca dell’uomo che ha voluto e protetto, contro tutto e contro tutti, l’assessorato di Francesca Lucantoni?
Che abbiano avvertito, quei duemilaeduecento ex elettori gattiani, lo stesso moto di rabbia che io ho avvertito quando, alla presentazione della candidatura di Giandonato Morra, Paolo Gatti ha definito Teramo “città depressa”, quasi fingendo di non sapere quanta di quella depressione sia figlia della sua gestione del potere, essendo stato, negli anni, sempre l’azionista di maggioranza delle giunte di Centrodestra?
E lo è ancora oggi.
E’ suo, dei candidati delle liste che lui s’è vantato di creare, il 52% dei voti della coalizione che sostiene Morra.
Per questo, voterò Gianguido D’Alberto.
Perché non voglio più vivere in una città gattizzata, nella quale a gestire il potere siano le stesse facce e gli stessi nomi che hanno reso Teramo quella che è oggi.
Non si risolve un problema… con lo stesso problema.
Non ne faccio neanche una questione di capacità personali (perché ci vorrebbe un post di sette metri per descrivere le mancanze che - da cronista - ho visto negli anni), ne faccio una questione di logica.
Quelli che entrerebbero in Consiglio, e in Giunta, se vincesse Giandonato Morra, sono in gran parte gli stessi della Giunta e del Consiglio di Brucchi.
E’ vero, s’affaccia qualche volto nuovo, come quelli della lista del capace e preparato Federico Agostinelli, ma gioverà anche a lui la degattizzazione del Comune, per costruire una nuova proposta domani
Leggo i nomi, tanti sono gli stessi di quelli che hanno fatto della mia città un posto che non mi piace.
Non ce li voglio in Comune.
Ho visto quello che sanno fare.
Può bastare così.
Voterò Gianguido D’Alberto.
E siccome non amo i salti nel vuoto e, solo per merito dell’anagrafe, posso dire di conoscere molto delle vite pubbliche (e a volte anche private), di tantissimi dei potenziali eletti della coalizione che sostiene Gianguido, voglio regalarmi e regalarvi - se avrete la pazienza di leggerla - la mia giunta ideale. Quella che mi piacerebbe poter vedere al lavoro, raccontare e controllare senza far sconti, nel necessario gioco democratico del rapporto tra il Palazzo e la Stampa.
Otto assessori: tre del Pd, tre di Insieme Possiamo, uno di Teramo Vive e uno di Teramo 3.0. E un presidente del Consiglio Comunale, ruolo che assegnerei subito a Valdo Di Bonaventura, perché ha maturato, in tanti anni di opposizione, la giusta competenza per gestire i lavori consiliari e poi l’essere ormai prossimo alla pensione, gli consente di avere tutto il tempo necessario per dedicarsi all’impegno. Se così fosse, Teramo Vive non avrebbe l’assessorato, ma il Pd avrebbe il quarto.
La Giunta, adesso, rispettando il 40% delle quote rosa.


PD


Simone Mistichelli - assessore alle manutenzioni e alla cura del patrimonio (edilizio, scolastico, sportivo e ambientale) del Comune di Teramo, compresa la gestione degli impianti sportivi, perché è un giovane capace, che deve maturare esperienza amministrativa e un incarico pieno di rogne è l’ideale.


Stefania Di Padova - assessore al Centro Storico, perché è una non teramana che ha scelto di vivere a Teramo, e per questo la vive con la passione degli amori voluti, non con la sopportazione dei parenti inevitabili. E poi, nel suo battersi per la Piazzetta del Sole, ha già mostrato di che pasta è fatta.


Maurizio Verna - assessore alle frazioni, e non solo perché è di Miano (che già di suo sarebbe un ottimo motivo), ma perché è un uomo che sa viaggiare e da ogni viaggio riporta il ricordo di un dettaglio migliore. E noi abbiamo bisogno di dettagli migliori. Del suo essere assessore, ho solo ricordi positivi.


Massimo Speca - assessore al bilancio e al personale, perché sì, è vero, non è un commercialista né un uomo dei numeri, ma è un avvocato specializzato in diritto amministrativo, e il bilancio di un Comune non è solo questione di numeri (quelli li calcolano i funzionari) ma di “impronta”. E quella di un padre quarantenne, che vuole unicità migliore per suo figlio, ci è utile


Insieme Possiamo


Gigi Ponziani - assessore alla Cultura, alle aree archeologiche, ai musei e alla protezione del sapere. Se avete, anche solo per caso, aperto un libro, anche uno solo in vita vostra, non c’è bisogno che vi spieghi perché questo sia l’assessorato di Gigi.


Andrea Core - assessore alle politiche giovanili, perché si è formato nel mondo delle rappresentanze universitarie, perché è stato svezzato con un megafono e non con un biberon e ha imparato a dare a suoi coetanei uno spunto per impegnarsi. E’ un motivatore.


Graziella Cordone - assessore al sociale e al welfare, perché esistono solo due modi di gestire un assessorato così delicato: con il fare distaccato del burocrate, o col fare partecipe del coinvolto. La Cordone…è il terzo. Lei è già ora, nel suo impegno ospedaliero, il baricentro vivente di un sistema complesso e straordinario di assistenza vera a sofferenze reali, che si regge proprio al suo modo di essere e di intendere la vita e la professione. Affidarle il sociale, non è un’opzione, ma un dovere.


Teramo Vive


Valdo Di Bonaventura - Presidente del Consiglio Comunale, potrebbe lasciare spazio ad una delega agli eventi affidata a Paolo Di Sabatino. Se non sapete perché, non meritate che ve lo spieghi


Teramo 3.0


Maria Cristina Marroni - assessore al commercio, e non perché abbia un gusto tutto suo nel vestire, che tradisce un estro che potrebbe rivelarsi determinante nel rilancio di un settore in agonia, ma perché ho visto l’attenzione con la quale studia atti e delibere, la stessa attenzione con la quale studia ogni possibile bando o iniziativa, ovunque l’organizzino.


Manca, l’avrete notato, l’assessorato ai Lavori Pubblici e alla Ricostruzione. Perché sono deleghe che saranno vitali nei prossimi cinque anni, sia in termini di possibilità che offriranno, sia in termini di appetiti che scateneranno, vista la quantità di denaro che pioverà su Teramo. Meglio che sia il Sindaco a controllare tutto.
Questa mia (forse troppo lunga), riflessione finisce qui. L’ho scritta oggi, perché da ieri a mezzanotte, di fatto, è finita la campagna elettorale e, di pari passo, l’odiosa par condicio. Come ho fatto ogni volta, in ogni elezione, ho rispettato fin nelle virgole le regole del pari trattamento, ascoltando tutti ed evitando di metterci qualcosa di mio.
Ma sono teramano e voglio bene alla mia città.
Faccio i miei migliori auguri al mio amico Giandonato Morra.
Se vincerà domani, sarà da subito anche il mio sindaco.
Ma io voterò Gianguido D’Alberto.
Perché sogno una città che smetta di miagolare
E provi a volare.