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CRITIDOMANIPoi uno dice: il cinema. Quello vero. Quello costruito sulle storie, e sulle facce di chi quelle storie deve renderle vive. Quello fatto di emozioni profonde, vere, totali. E non c’è bisogno di effetti speciali, anzi, non c’è bisogno neanche di una storia poi così originale, se decidi di raccontarla affidandoti a due “mostri” come Marco Giallini e Valerio Mastrandrea. Sono loro, che scolpiscono sottovoce un affresco di emozioni tridimensionali come “Domani è un altro giorno”. Un film sussurrato, fatto di accenni, di sguardi, di vuoti pienissimi, di silenzi urlanti, di sensazioni credibili. Di vita, soprattutto. Benché sia la storia di una condanna a morte per malattia incurabile, e di Tommaso (Mastrandrea) che torna a Roma dal Canada, per trovare Giuliano (Giallini) e magari convincerlo a curarsi, visto che ha deciso di rinunciare alle terapie, questa è una storia di vita. Di quella vita che ti rimane dentro quando il tempo passa e distilla il meglio degli anni vissuti, offrendoti la verità più vera di quella strana alchimia che sono le amicizie. E gli amori. Che poi sono solo diverse gradazioni di uno stesso sentimento. Due amici, che si ritrovano alla vigilia dell’ultimo viaggio di uno dei due, ma di quel viaggio sapranno fare strumento di ironia, pennellate di sarcasmo, concentrati di tristezza anche, estratti di malinconia a volte, condividendo l’attesa impossibile del più grande tra i misteri umani, ma senza mai cedere alla disperazione. Non si vedono da anni, ma si conoscono da sempre. Tanto che quando Giuliano scoprirà che sua sorella ha cercato di spegnere il suo senso di colpa andando a letto con Tommaso nella sua ultima notte prima di ripartire per il Canada, i due si diranno tutto con un frammento di cinema che vale il film. GUARDATELO, sono tre sguardi e quattro vocali. Ma è grande cinema.
Perché gli amici, non hanno bisogno di parole. Gli amici si sopravvivono, se sono amici veri. Un piccolo film, certo, ma una magistrale prova attoriale, recitata a tre voci: Giallini, Mastrandrea e Roma. C’è tanta romanità, tra le pieghe disincantate di questo film, ma quella romanità lenta, sapiente, mai becera, elegante nel suo essere solo apparentemente disinvolta e distratta. In realtà immensa. Ed eterna. Come l’amicizia. E l’amore.

IL CRITICONE

SCHEDA DEL FILM