Con un colpevole ritardo, ieri sera sono stato a provare “Agrumi”, in via Trieste a Giulianova. Mentre lo scrivo, però, mi rendo conto che “provare” è un verbo sbagliato, assolutamente inappropriato.
Perché si prova qualcosa della quale non ci si fida, qualcosa sulla quale si nutrono dei dubbi, “provare” è il verbo timoroso che preannuncia un tentativo.
Per me, entrare da “Agrumi”, non era questo.
Non era un “provare” ma un “assorbire” l’emozione di una certezza sospesa.
Seguo Marzia Buzzanca da tempo… nutro per lei l’ammirazione che, da sempre, provo per chi si concede il lusso della qualità… senza se e senza ma, senza scorciatoie e senza accelerazioni, perché ogni cosa ha il suo tempo e al tempo si deve concedere tempo, dicono i miei amici toscani.
La mia era, però, la devota ammirazione di un’attesa, che adesso si è fatta realtà, in quel tempio del sapore che è “Agrumi”.
Locale dall’eleganza moderna, non ostentata, coi toni e i colori che preparano al piacere e le luci sagge che ho amato, pochi mesi fa, in quei locali giapponesi dove tutto avviene in un’atmosfera di compiuta serenità.
Ecco, sì, “Agrumi” è un posto sereno, un luogo multipiacevole, nel quale vivere un tempo al quale concedere tempo.
La formula del “pizza sushi drink” può sembrare, a prima vista, un azzardo, nelle logiche italiche della compartimentazione stagna dei generi, ma a scardinare la prevedibilità delle domande incerte c’è la migliore delle risposte possibili: la qualità. Il sushi è di livello altissimo (ho provato il “capasanta roll”) e le polpette del “baccala crock” ne erano il complementare corollario gustoso; i drink sono di alta scuola (provato un “mojito” perfetto) ma la pizza… la pizza è un distillato d’emozione, al punto che anche la sola scelta si fa esperienza.
Tentato da più proposte, che vivrò nei miei prossimi pellegrinaggi devoti da “Agrumi”, alla fine ho scelto la “Sud e sake”, ovvero “Pomodoro, mozzarella, alici di Sicilia, pomodorini confit, capperi, basilico, profumata al sakè di pomodoro”, il tutto sul migliore impasto che io abbia mai provato. Per sapore, per struttura, per lavorazione, per lavorazione, la pizza di Marzia Buzzanca non può e non deve essere confinata negli spazi, pur sempre limitati, del gusto, perché sarebbe relegarla al piacere di uno solo dei sensi, mentre appartiene a tutti e sei. Sì, sei: il gusto, il tatto, la vista, l’udito, olfatto e, il più importante: l’emozione.
Quella che parla all’anima.
Ad'A