Migranti e sicurezza, Alfie Evans e le Virtù, Juve e Inter, sono le parole chiave di questa campagna elettorale. Il lavoro è il grande assente dei magnifici 8 di questa campagna elettorale già noiosa senza capo ne coda, dove tutto è già rimandato al 2° turno dove si faranno i giochini veri, gli scambi veri, dove si venderà il culo per la poltrona di assessore alle piantine dei giardini pubblici. Indifferenti a tutto oggi candidati. Tragedie non ancora superate. Malapolitica già dimenticata. Servi leccaculo sempre in prima linea. Corrotti con buona possibilità di prendere voti. Incapaci che non mancano mai. Un noto fallito cronico oggi “civico” che si erge ora a fare il bene comune, Teramo è alla soglia di un drammatico tramonto. E questo 1 maggio aggrava le cose se possibile. Nella città della precarietà, un vero e proprio boom di contratti a termine, di “lavoretti” per poche ore settimanali, di lavoro nero di lavoro non parla nessuno se non una ex giovane riunita in assemblea con i reduci di Togliattigrad. Nelle parole dei discesi dal cielo per salvare le genti non c’è alcun serio impegno sul lavoro per Teramo, neppure un accenno, ad un progetto per dare vita ad un Piano del lavoro che affronti le difficoltà presenti guardando al futuro, a politiche destinate a cambiare i modi di produzione di nuova occupazione, utilizzando sempre più nuove strategie, nuovi investimenti e le nuove tecnologie che cambiano la qualità stessa del lavoro e della vita dei lavoratori. Processi che hanno bisogno della guida pubblica, dell’intervento pubblico. Non solo dei sindaci ma anche di questi. Certo non i carrozzoni clientelari del passato, ma strutture che guidino ed indirizzino i processi. A pensarci bene vengono le vertigini, le lacrime, lo sconforto, la rabbia. Prevale in maniera evidente il senso di inadeguatezza della classe politica che ha mal amministrato la nostra città in questi anni di fronte ai venti della storia che hanno spinto Teramo là dove nessuno aveva previsto. Nel territorio infido e pericoloso della crisi del mondo del lavoro e del commercio, con numeri ben oltre il contesto nazionale, addirittura numeri drammatici, tra le pieghe della povertà. Non vi è candidato Sindaco, tra i tanti perfetti sconosciuti, tra i tanti che fino a ieri hanno pensato solo ai fatti propri, e che da domani scompariranno davanti agli impegni, che pur sapendo di perdere e fare colossali figure di merda non vogliono perdere questa occasione per un lumicino di notorietà. Non c’è uomo pubblico che non ne parli, ma la situazione, invece di migliorare, sta peggiorando di giorno in giorno, anche perché le risposte date e fornibili sono del tutto inadeguate e tutte celate dietro il paravento lacero della crisi . E’ vero. Teramo vive una crisi economica e del lavoro grave, come mai prima dal dopoguerra. Nel contesto di una crisi industriale nazionale senza precedenti, con un forte impoverimento collettivo ed emarginazione sociale. Molte e sempre più famiglie non riescono ad arrivare a metà mese e a curare gli anziani. I lavoratori hanno perso tranquillità e dignità, la disoccupazione giovanile supera il 45% e i giovani laureati per trovare lavoro sono costretti ad emigrare. Sono centinaia le vertenze aziendali in atto. Una crisi che appare estranea al dibattito politico dei pavoni locali tutti incentrati sui candidati sindaci e mai sui programma. Una crisi frutto di questo tipo di politica che ha sottovalutato e sottovaluta e oscura con falsi annunci di nuovi posti di lavoro, progetti e fondi che fruttano, illudono ma non risolvono un problema.
A Teramo la crisi è soprattutto nel settore commerciale, tessile e delle costruzioni, che ci fanno dire che il momento è diventato drammatico. Una crisi che non si risolve con le “convocazioni”, con le illusioni pinocchiesche ai poveri cristi, con lo sfruttamento delle cooperative sociali eternamente in bilico tra accettare la fame o finire all’inferno.
Vero che la crisi non è solo a Teramo. Ma è vero anche che la crisi economica in atto ormai da diversi anni, rischia di diventare sempre più un alibi per la nostra classe politica. Basta con annunci e promesse in attesa di partire per Roma, per Bruxelles, in attesa delle prossime elezioni. Occorrono subito interventi strutturali per la ripresa produttiva, la creazione di nuova occupazione, il governo del mercato del lavoro, la lotta alla precarietà, il miglioramento dei servizi sociali e sanitari, concreti ammortizzatori sociali. Aiuti e interventi VERI per migliorare la gestione economico – finanziaria delle nostre piccole imprese, la ricerca oculata di nuovi mercati fatta da gente seria e competente e non dai picciotti della propria cosca, e la riorganizzazione dei processi di lavoro senza infami promesse e delittuosi rinvii speculativi.
Leo Nodari