Gli 8 non sono granchè. Però c’è qualcosa, forse d’impalpabile, oggi in città.
C’è qualcosa che, però, alla fine dei conti fa davvero la differenza.
Mentre cammino per corso San Giorgio la gente mi ferma, mi chiede e sento questo qualcosa .
Un qualcosa che ha a che vedere con parole magari un pò in disuso, magari un pò fuori moda che, però, hanno ancora un senso per la maggioranza assoluta dei teramani.
Le butto là alla rinfusa, ci tornerò, proprio per la loro importantissima impalpabilità.
Sento parole come decoro, come serietà, come integrità, come legalità. Parole come sobrietà. Come stile. E come moderazione. Parole come dialogo e come pacatezza. Parole come altruismo e condivisione. Parole come libertà. E come dignità. E come responsabilità. Parole come partecipazione. Come cultura. Parole che invocano Teramo pulita, Teramo diversa. Sento parole come rispetto. E parole come democrazia. Umanità. Bellezza. Doveri. Diritti. Onestà. Parole come futuro. Come fatica. Come lavoro. Come speranza e come prospettiva. Sono tante e altrettante potrebbero essere.
Parole impalpabili che, però, segnano una differenza culturale prima che politica per la nostra città.
Gli 8 non sono gran chè. Ma in questi 8 è già chiara una differenza tra due modi di pensare la città, la nostra città.
Una differenza tra chi, almeno così sembra, considera l’amministrare una cosa privata, fine a se stessa, senza ideali, senza contenuti, senza obiettivi. Un modo per avere una poltrona un po’ più grande, un modo per sentirselo almeno un po’ duro essendo evidentemente un impotente. E chi lo considera un servizio alla comunità, ai cittadini, un servizio per il paese.
Nessuno degli attuali 8 entusiasma. Ma già emerge tra loro una differenza tra chi cerca di dare un senso alle parole e chi, invece, le utilizza solo come vuota retorica.
Ecco, forse è questa la differenza più importante: dare o no un senso alle parole, considerarle o no scatole da riempire con quello che più fa comodo.
Il pericolo del relativismo è tutto qui: non dare significato a quello che un significato ce l’ha eccome; elencare slogan senza dargli né un corpo né un’anima.
Senza capire questa differenza, nessuno può comprendere quello che sta succedendo in questi giorni, in queste ore nella NOSTRA CITTA’.
Senza capire questa alterità, quel che sta succedendo può apparire solo un gioco politico, un gioco di potere, tra poteri. Il solito screzio tra Homer contro Cats che dopo essersi mandati in quel posto ora ballano il valzer insieme e non ci meraviglierebbe un bacio in bocca, tra gli ex monarchici ex banchieri ex in carriera ex decisivi, oggi diventati comunisti rosso fuoco fulminati da Dalfi su Corso Cerulli. Può apparire solo un gioco politico quello del Pd locale, invece è proprio che non sono capaci. Può apparire solo un gioco politico quello di Diliberto invece e solo che Dodo novello Brenno “Vae victis!” vuole pesare i suoi voti sulla bilancia per un posticino a L’Aquila.
Può apparire. Ma non è così: c’è dell’altro. Molto altro. E tantissimi teramani, a destra come a sinistra, l’hanno capito.
Leo Nodari