In Europa prima, da alcuni anni anche in Italia, molti eventi culturali sono diventati un importante volano per l’economia di molte città. La creazione di mostre di successo, di iniziative di valore, di spettacoli di qualità, si sono trasformati in veri e propri eventi, e sono diventati in molti casi il motore principale dello sviluppo del tessuto cittadino.
Ovviamente non parliamo dell’offerta bulimica di eventi di auto soddisfacimento onanistico, ne delle serate per vendere birra, non parliamo delle manifestazioni gonfie di ciarpame ne delle proposta di stampo mafiosa (quella che serve per far lavorare l’amico che poi mi troverà i voti fino a quando una Procura seria non si chiederà perché lavorano sempre gli stessi e proverà a fermare questa forma di mafia, corruzione, concussione e i mafiosetti) . Non saranno questi riempitivi frutto di improvvisazione e ignoranza a portare ricadute positive sul territorio teramano e sul suo sviluppo economico.
A Teramo, necessitano dunque proposte che evidenziano i processi di valorizzazione della Cultura, del Turismo e delle particolarità enogastronomiche del nostro straordinario territorio, in termini di miglioramento della qualità della vita dei cittadini, di rafforzamento degli elementi di identità e di coesione sociale, in tempi in cui la crisi economica accresce le divisioni e i contrasti sociali con il conseguente incremento del potenziale “attrattivo” per un ritorno concreto in termini economici. Per Teramo la Cultura, infatti, può tornare a rappresentare un elemento imprescindibile di sviluppo e di crescita perché, conferendole un elemento di specializzazione ed identità forte, la rende in grado di proteggersi dal “pericolo” della competitività e crearsi una rendita di posizione ben consolidata in Regione ma non solo.
A differenza di quanto avviene in altri città (Pescara), in cui le stesse realtà risultano isolate dai contesti che li circondano, la Cultura e l’ambiente, le tradizioni culinarie e storiche hanno fatto parte, da sempre, della nostra esperienza quotidiana, sono incluse nei percorsi di vita e lavorativi dei cittadini teramani e, insieme alla straordinaria creatività diffusa che oggi si esplica solo fuori città, potrebbe rappresentare il brand che ci potrebbe contraddistinguere in Italia e nel mondo. Se solo i nostri assessori parlassero l’italiano.
Possibilità e risorse in ambito culturale, ambientale dunque turistico e gastronomico non mancano; rappresentano il capitale che potrebbe permettere a Teramo di riprendere quello sviluppo “ottimale” rappresentato da una sinergica combinazione di elementi: ricchezza, equità, sostenibilità e istruzione dunque maggiore qualità della vità.
E allora perché, viene da chiedersi, Teramo non sembra voler cogliere questa opportunità? Quali sono le motivazioni che portano i pigri teramani ad appiattirsi passivamente dietro “rendite” di posizione che ne frenano lo sviluppo fino a mettere in serio rischio la bellezza stessa della città? Perché gli orgogliosi teramani che tanto la amano si sono appiattiti così tanto e non hanno reagito contro chi ha reso la città sporca, grigia, spenta, moscia e soprattutto triste. Perché i 700 candidati non si sono ribellati contro chi ha spento le luci della città ? Non mi chiedo dov’èrano. Mi chiedo però dov’erano i magnifici 7 e cosa propongono ora su questi temi fondamentali.
Chi vuole rappresentare la città intende raccogliere questa sfida: intende porre la Cultura al centro delle linee di governo più innovative che un’amministrazione, a qualsiasi livello, voglia mettere in atto. Per far questo occorre, però un discorso complessivo di strategia e di creazione di sinergie; se non si riesce ad aggregare il territorio, a costruire una vera progettualità, a coniugare identità e innovazione, non ci sarà strumento che tenga.
Siamo in un momento difficile per la città, certo, ma è proprio in queste circostanze che può – e deve – partire la spinta innovativa.
In ambito specificatamente comunale si tratta di definire modalità di governo e strumenti di governance nuovi mettendo in sintonia il governo del territorio e i cittadini. Creando, quindi, sinergie ed elementi di complementarietà indispensabili per il modello di sviluppo urbano, laddove il senso di identità e di appartenenza, lungi dal rappresentare un elemento di chiusura, costituisce una condizione importante di coesione sociale.
Le politiche culturali vanno pensate come parte integrante di una strategia complessiva, nell’ottica di un sistema di governance a rete che coinvolga tutto il tessuto sociale, dai vari livelli dell’amministrazione, alle Università fino alle associazioni di cittadini e alle imprese creatrici di eventi, per una condivisione allargata e quanto più corale delle iniziative da perseguire, anche e soprattutto in chiave culturale.
A fronte dell’impossibilità di garantire risorse maggiori di quelle stanziate e della riduzione delle capacità di finanziamento pubblico, il ricorso ad un rapporto con il settore privato (associazioni, fondazioni, imprese ecc.), in materia di produzione, tutela, valorizzazione e gestione del patrimonio culturale, appare quanto mai necessario, coinvolgendo le collettività locali nella elaborazione, realizzazione e monitoraggio di strategie e progetti; semplificando le procedure amministrative e fiscali; favorendo l’imprenditoria giovanile e le imprese del terzo settore; offrendo opportunità di ritorni in termini di immagine e visibilità, o strumenti che accrescano il senso di appartenenza e di identità, per i privati (imprese e cittadini) che intendano investire in Cultura anche attraverso lo strumento, per ora quasi disatteso, delle erogazioni liberali.
Ma sono molti e concreti gli interrogativi intorno ai quali si concentra il dibattito sul rapporto tra città, cultura a Teramo Se la società civile e le istituzioni avranno voglia di mettersi realmente insieme per condividere questa sfida, allora l’occasione non sarà del tutto persa.
Aspetteremo le risposte dei magnifici 7. Prima di proporvi sui vari temi delle interviste esclusive che abbiamo realizzato.
Leo Nodari