Rubrica di satira politica e di politica satirica
E’ tornato. Più brutto che mai. Torvo. Cupo. Piegato su stesso. La panza smisurata. La giacca sbagliata. Il volto gonfio. Perennemente incazzato. La bici forata. Sguardo depresso. Con il suo cappello truccato Maurizio Homer, il desaparecido, è tornato.
L’ozio evidentemente imbruttisce anche chi è già molto brutto di suo. La noia lo ha reso ancora più antipatico e scontroso. Essere sindaco del suo giardinetto, dove è stato relegato dai suoi amici con cui oggi evidentemente ha fatto pace, non lo rende meno arrogante. Non parla, bofonchia. Solo alla giovane giornalista risponde sprezzante “No, no, non parlo. Voglio sapere solo di che marca è la vasellina che ha usato”. Non parla Homer, ormai sa che il suo giro sulla giostra è finito. Sognava Rue Belliard a Bruxelles, aveva già preso la casa in affitto a piazza Capranica, sarebbe andata bene una mansardina a l’Aquila e invece, a spatola rasa, una bella spalmata di vasellina mista a sabbia grossa, senza tanto amore ne rispetto et voilà, rien ne va plus, les jeux sont faits . Nel molliccio lato B si è ritrovato un bel gattone duro. E da lì a una zappa in mano per coltivare il giardino di Villa Homer è un secondo.
Oramai coltiva le fave, le verze, la cicoria. Ma le zucchine no. Gli ricordano i giorni tristi della vendetta di Paolo Giuda. E l’uva neppure, gli ricorda quella sera quando a Manola gridò “Vae victis”. Oramai è la quarta attrazione del circo. Nessuno lo cerca, nessuno gli stringe la mano, nessuno lo saluta. Povero Homer, soffre, il telefono non squilla, non ci sono più milf vogliose per lui, e lontani sono i tempi in cui era onorato come una star. Neppure una croce su Colleminuccio a ricordare il suo sacrificio. La fronte alta non è più da guerriero. Le mani non sono più ferme. Non pranza più aggratis. Ora viaggia ma i biglietti se li paga. In compenso nessuno gli rompe i coglioni mentre sta sciando e in fondo nella sua città c’è solo il terremoto.
Ora nessuno racconta più storie di donne che lo aspettavano per un suo abra cadabra. Non ride più sguaiato. Lontani sono i giorni in cui si piegava davanti a lui la plebaglia tumultante dei clientes messi a novanta. Da quando a novanta ci hanno messo lui, la mafiosità locale dei leccaculo alla buon ora si è scompaginata. Ora il suo lato B puzza di vasellina di seconda scelta da meretrice anziana. Lontani sono i giorni della sua camicia sudata, quando per i suoi servi diventò attraente anche il fetore della sua bocca sazia di sangue manolesco. Anche i cocainomani lo hanno tradito. Anche gli ubriaconi lo hanno abbandonato. E lui soffre.
Neppure Tancredi gli vuole più bene. Anzi ora i suoi amici sono diventati commmunisti così, rossi rossi, e questa volta l’assalto alla città lo danno con i cavalieri, i rosetani e i montanari. E di questo lui soffre molto. A lui hanno preferito persino i commmunisti così. Passi per Paolo che ha l’immondizia al posto del cuore ma pure Giorgione l’amicone, ora va a spasso con i commmunisti e pure i civici civici e anche i civici quasi Pd.
Questo è troppo. Maurizio soffre.
Homer the missing è tornato. I più buoni si fingono un pò stupiti che non gli costa niente farlo sentire una star . Un pò fa pena. Con i suoi abra cadabra quanto ha stupito, nemmeno un trucco è cambiato, che se il mondo cambia qualche mondo non cambia mai .
Il mondo che non cambia mai è quello sei servi, dei lecchini, dei portaborse nel dna. Perché stupirsi. Il mondo che non cambia mai è quello inginocchiato ieri davanti a Maurizio Homer, lo stesso che in passato serviva Erode. Quello complice dei corrotti che in passato ha servito Nerone. Sempre loro. Quello concusso con i capobastone di oggi, che poi è lo stesso che servì Tomas de Torquemada e Hitler. Sono sempre gli stessi vigliacchi che ieri aiutarono Pol Pot e oggi chiuque possa regalare i 30 denari. Sono sempre della stessa brutta razza quelli che diventarono ricchi con Stalin e oggi portano acqua a chi stupra la città. Sono sempre le stesse merde quelli che non videro nulla e restarono muti a Capaci e Via d’Amelio e oggi non vedono nulla e restano muti a Teramo.
Maurizio Homer è tornato . E con gli stessi amici di sempre tenta l’assalto alla città. Una masnada di nuovi servi alla baionetta per portare un pò d’acqua. Una banda di ignoranti perché in città tutto cambi e tutto resti come prima; un gruppo di disoccupati che la promessa di un posto che non c’è non si nega a nessuno; un gruppetto di disperati che neppure lo riconoscono. L’importante è stare con i vincenti almeno una volta. E lui soffre.
A fanculo i think thank e tutti i Dalmati. Fanculo il modello Teramo e i montatori seriali a spese pubbliche che li voteranno. Basta con i valori sbrodolati in ogni dove: ora l’esclusiva è del popolo della libertà e del loro leader, il satrapo Silvio. Governance che fine hai fatto? Tutte le puttanate che si inventava a colazione per coprire un dato semplice, che la città sprofondava, che fine hanno fatto ?
Povero Maurizio Homer. Del suo mondo antico non è rimasto nulla. Entra in sala. Si mette nell’angolino in fondo. Zitto zitto. La sua presenza è imbarazzante. E poi quell’odore forte di vasellina ancora così presente. Vorrebbe dire ma non parla. E tutti sono contenti. Perché se lui parlasse di gente a Castrogno ne finirebbe un bel pò. Che peccato. Che tristezza.
Oramai l’incontro sta per finire. Ed ecco il colpo di scena. Ecco l’abracadabra. Un vecchietto nostalgico del Duce si alza, lo guarda, è titubante, è commosso, stende le braccia al cielo, lo riconosce, va verso di lui, la gola è secca, è emozionato, piange ma grida, grida forte, grida forte forte “E’ lui, è Maurizio…aridatece er puzzone!”
Leo Nodari