Neanche se avesse organizzato il concorso di Miss Tette alla Mecca, Giovanni Cavallari avrebbe suscitato, nel cosiddetto consesso cittadino, una disapprovazione simile a quella prodotta dal suo comunicato. Critiche a destra e critiche a sinistra. La cosa me lo rende simpatico, odio i colori e le persone grigie che cercano il gradimento di tutti. Un arrogantello prossimo eletto molto vicino a Giandonato Morra, con la puzzetta sotto il naso tanto che sembra del Pd, ieri sera vagheggiava di possibili boomerang arrivando a dire “Cavallari ci farà perdere voti, non mischiamoci, i voti comunisti non li vogliamo”.
In tutto questo c’è lui. Un uomo solo senza essere neppure al comando. Oramai quello che doveva dire l’ha detto. Non serve più. Se doveva fare danno l’ha fatto. Se aveva delle ragioni da dire le ha dette. Ora restiamo in attesa che arrivi la “stima” di Gatti. Solo a riflettere sul crocevia di quanto accaduto, sul confronto tra il bilancio del tempo trascorso, Chiodi, Brucchi, il Pd e le prospettive dell'immediato futuro. Solo con la sua scelta. A pagare se ha sbagliato, ad essere premiato se è nel giusto. Si vedrà. Chi sceglie sa di essere da solo. Firmo o non firmo. Dico o non dico. Gli altri si accovacciano, si mimetizzano e si aggiustano. Chi ci mette la faccia è solo. E questo mi rende simpatico Cavallari. Pochi amici, una battuta, le due passionarie a prescindere, qualche candidato non eletto e un po’ deluso. Volti tirati, occhi bassi, mentre intorno i più scrutano il futuro incerto. “Mi butto sui 5 stelle ... », dice ridendo un noto commis de l'état con governi di ogni colore. In questo crocevia Cavallari avrebbe potuto “non dire” . Lui, abituato al misto di arroganza e imperizia della gestione del potere renziano teramano se “ha detto” è perché voleva dire . Forse avrebbe voluto portare alla luce le promesse fatte, le cose dette, gli scontri di sotto sotto potere nel partitino teramano che si appresta a perdere l’assessore regionale e due consiglieri regionali a furia di chinare la testa davanti alla arroganza di doppia chiappa che è diventata insopportabile per tutta la comunità civile abruzzese. Una comunità politica che non capisce o non è in grado di reagire davanti all’indignazione di questa cosa della doppia poltrona merita di andare a casa. Forse ha pensato a quando, con ritardo, ha annunciato la decisione di candidarsi. Forse in quel momento c’era una garanzia di autenticità e di estraneità alle logiche dei partiti. Forse troppe aspettative. Forse troppe tensioni. Forse. Forse. Forse. Poi la storia si è capovolta in una maledizione.
Forse veramente aveva creduto alla straordinaria opportunità di consegnare ad un gruppo di giovani outsider le chiavi della città; forse credeva veramente alla possibilità di occupare le istituzioni e la guida del governo della sua città, darle una speranza di rilancio, cambiare in profondità il rapporto tra i cittadini e il Comune, senza incontrare resistenze, anzi, raccogliendo l'acclamazione di notabili, imprenditori, intellettuali, giornalisti. Forse aveva creduto nel fattore G, non come Giovanni ma come Giovani. Dalla favola all'incubo. Le astuzie e le malizie della politica. Le primarie –vere e fasulle comunque svolte – il calo del gradimento del centro sinistra, le divisioni interne al Pd, le critiche “dei suoi” a cui pure doveva essere abituato, il ristretto gruppo di amici, troppo ristretto. Il malumore in crescita contro di lui scaricato secondo il meccanismo ben noto del capro espiatorio.
Tanti forse. Una sola certezza: il suo errore nello schierarsi con Morra. Perché le cose non sono come le ha raccontate Giandonato in una Tv locale. Non ci sono voti giusti e voti sbagliati. Però è naturale una valutazione su ciò che è accaduto, su come si è amministrato, su chi andrà a governare con Morra. E’ naturale che chi ha criticato e votato contro il centro destra continui a farlo anche il 24 giugno. E chi crede in Morra e il suo socio di maggioranza invece continui a votare per loro. Tutto qui.
La possibilità c’è ancora. C’è ancora tempo. Chi deve muoversi si muova. Cavallari salga sul palco di chiusura della campagna elettorale di D’Alberto e faccia il suo appello. Non ha bisogno di prepararsi. Gli basterà ripetere quello che ha detto quel sabato di due mesi fa al Bar Mont Blanc. Tutto qui. Se lo pensava perché non farlo? Come abbiamo scritto da lunedi 11 giugno sarebbe un’ottima scelta se il vice Sindaco lo facesse con quelli di sempre, con i suoi amici di sempre, con quelli civici e del Pd. Anche se hanno la puzza sotto il naso. Perché ci sono persone che dicono di voler lottare, e poi confondono il fischio d’inizio della partita con quello dell’ultimo minuto, e vanno a casa. Sarebbe giusto per lui e per la città se se Giovanni Cavallari continuasse la sua partita con la sua squadra.
Leo Nodari