Nel 1938 fu firmato il primo provvedimento con il quale si escludevano dalle scuole tutti gli appartenenti alla "razza ebraica" e si escludevano una parte dei cittadini italiani dei diritti più elementari. Dal divieto di sposarsi con italiani "ariani" a quello di lavorare come medico, avvocato, insegnante, artista o geometra. 80 anni dopo è giusto e ancora opportuno ricordare quegli anni e quelle leggi come abbiamo fatto ieri a Pescara, in una gremita sala dell’Aurum, con Sami Modiano italiano ebreo, sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz, Noemi Di Segni presidente delle Comunità ebraiche italiane, la Presidente di corte di appello Fabrizia Francabandera, la Direttrice dell’ufficio integrazione del Miur Giovanna Boda e tanti altri illustri ospiti ? Penso di si.
Gli episodi di questi giorni, di questi mesi, di questi ultimi anni ci costringono a dire che ancora occorre ricordare. Ancora occorre “non dimenticare” . La brava donna cattolica e praticante (dice lei) che chiede alla ragazza negra di viaggiare solo in fondo al treno, le ragazze dolci e carine dell’Istituto milanese per ricchi che non vogliono immigrati sul loro bus, il coglione che si scaglia sul pakistano seduto in metro mentre lui è in piedi, la ragazza italiana ma di colore che viene invitata ad uscire dall’ufficio postale di Roma ci costringono a dire che la neve di Auschwitz non si è sciolta, che corrono ancora gli spettri lungo il filo spinato, che si alza ancora il fumo dal camino, che non bastano ancora le 1000 fosse comuni, che non sono finiti gli sguardi persi nel vuoto, che continuano gli esperimenti sui bambini, che vedremo ancora i carri-bestiame, sentiremo ancora il suono dei violini, lo strazio dei figli e delle madri, leggeremo altri diari e altre lettere di altre Anna.
L’orrore della Shoah è stato raccontato mille volte, con tutti i linguaggi e in tutte le lingue, e mille ne serviranno ancora e poi ancora mille. Resta, dopo lo shock di una narrazione cominciata troppo tardi, quello che fatica ancora ad essere raccontato, forse perché fatica ad essere accettato. Qualcuno la chiama la “memoria addomesticata”. Io la chiamo indifferenza complice. L’infamia dello sterminio di massa degli ebrei, teorizzato da Adolf Hitler, ebbe infatti nei fascisti italiani i suoi collaboratori fattivi. E l’orrore ebbe un’onda lunga che iniziò con le leggi razziali, combattute da pochissime, isolate, voci.
Quello delle leggi razziali fu un virus che infettò ulteriormente e definitivamente giorno dopo giorno uno Stato già da tempo deprivato di tutte le libertà. Fu l’ultima iniezione: le norme, molte solo amministrative, ebbero un impatto irreversibile sulla vita quotidiana di migliaia di cittadini italiani, che non poterono più lavorare, studiare, formarsi, contribuire alla crescita individuale, delle proprie famiglie e delle proprie comunità. Le leggi razziali non furono una sciagura, non sono state una disgrazia, ma una decisione deliberata, sostenuta e accettata da tutti gli apparati dello Stato, fino dai suoi vertici. Intorno, poche e deboli sono le voci contrarie. Anzi, molti i delatori. E le cattedre lasciate vuote dai professori ebrei sono prontamente occupate da non ebrei. Chi cerca di fare qualcosa per impedire le vessazioni, anche senza eroismo ma con ragionevolezza, viene denunciato . Gli ebrei ieri, i poveri (negri o bianchi) non possono più essere cittadini uguali agli altri.
Si, purtroppo siamo costretti a organizzare ancora e ancora e ancora iniziative come quella di Pescara perché ieri come oggi –per colpa degli indifferenti complici- sono tanti i “diversi”, tante le vittime di pregiudizi usate come capri espiatori specialmente quando aumentano l'insicurezza economica e il disagio sociale. Chi alimenta il razzismo e la xenofobia attraverso la diffusione di informazioni fuorvianti e campagne di criminalizzazione fa prima di tutto un danno al Paese. L'aumento degli episodi di intolleranza e violenza razzista a cui assistiamo sono sintomi preoccupanti di un corto circuito che rischia di degenerare e che ci allontana dai riferimenti cardine della nostra civiltà. Non ci stancheremo mai di ricordare in ogni dove, contro l’indifferenza, che tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella Costituzione italiana e nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani , senza distinzione alcuna di nazionalità, colore della pelle, sesso, lingua, religione, opinione politica, origine, condizioni economiche e sociali, nascita o altro.
Leo Nodari