E anche questa è fatta. Passat’ la fest gabbat’ lu sant. Ora tocca a Natale, il bambinello, il presepe, e siamo tutti buoni. Da domani tutto come prima. Per carità è bello vedere che in tutta Italia, nella giornata di ieri, tante donne e tante associazioni si siano unite per chiedere un segnale deciso da parte delle istituzioni e di tutti contro la violenza di genere. Ma, come accade da anni, anche quest’anno il numero di donne uccise sarà da record. Senza tener conto del cosiddetto “dato sommerso”, quello delle donne che non hanno voce per mancanza di reti o progetti. L'aumento esponenziale riguarda soprattutto le vittime di abusi da partner ed ex-partner, più raramente da parte di estranei, a riprova dell'elevata soglia di violenza domestica nelle famiglie e convivenze italiane. Non a caso lo scorso anno il rapporto Cedaw delle Nazioni Unite segnalava la persistenza di attitudini socio-culturali che condonano la violenza domestica e chiedeva azioni urgenti e mirate per la prevenzione degli abusi e la protezione delle vittime. Ad oggi, invece, nessuna iniziativa concreta è stata ancora presa per una costante campagna di sensibilizzazione, prevenzione che duri tutto l’anno, e per punizioni severe, molto severe e reali per le violenze di genere. Ma l'Italia è ai primi posti tra i paesi occidentali per questo tipo di reato perché manca una forte azione sul fronte della promozione culturale. Ancora oggi parlare di 'femminicidio' fa discutere persino chi segnala l'acuirsi degli abusi contro le donne. Non è chiaro a tutti che “femminicidio” è quel tipo di violenza con la quale viene colpita una donna per il solo fatto di essere donna; si tratta di violenza fisica, psicologica, economica, normativa, sociale e religiosa, che impedisce alla donna esercitare pienamente i diritti umani di libertà, integrità fisica e morale. La mancanza di una corretta comunicazione giornalistica dei fatti di femminicidio non aiuta la società a liberarsi di una piaga dolorosa, anzi, sostiene una cultura che non riconosce piena libertà: che è libertà di vivere come meglio si crede nel rispetto della libertà altrui”. Basta, quindi, con la 'spettacolarizzazione' della violenza, raccontata con i toni scandalistici dei talk-shows e dei rotocalchi, alla caccia perenne dell'amante furioso o dell'ex-partner disperato, o ancora di scatti che ritraggano la vittima in atteggiamenti provocanti, vestiti succinti, propri di una “che se l'è andata a cercare”. Questi stereotipi contribuiscono ad esacerbare un clima di pregiudizio, incomprensione e frustrazione che è all'origine dei casi di violenza.
Ovviamente per una costante, qualificata e duratura compagna di educazione al rispetto, ispirato all’articolo 3 della Costituzione, il ruolo che la scuola è fondamentale, è decisivo per contrastare violenze, discriminazioni e comportamenti aggressivi di ogni genere, che sono sempre più presenti nella società contemporanea, è alla base per l’educazione alla parità tra i sessi e contro la violenza sulle donne, per attivare momenti di riflessione, approfondimento, cambiamento. Altrimenti le lacrime versate saranno di coccodrillo e le parole dette solo retorica. Perché la violenza contro le donne non è un fenomeno di natura episodica, né emergenziale: è diventato un problema strutturale. Lo raccontano le denunce di molestie che in queste settimane si stanno moltiplicando. Lo dicono i dati dell’Istat, secondo cui in Italia una donna su tre ne è stata vittima nel corso della vita, e lo affermano tutti i livelli istituzionali, tutte le associazioni e tutte le persone interessate. Deve essere sempre più chiaro che la violenza contro le donne – è importante ricordarlo non solo in occasione della Giornata internazionale per la sua eliminazione – è una manifestazione dei rapporti diseguali tra i sessi che hanno portato alla dominazione maschile sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti, ed è un ostacolo fondamentale al raggiungimento della piena uguaglianza. Ma se questa uguaglianza non sarà inculcata a scuola tutto resterà com’è. Chi può raccolga questo invito. Chi può faccia qualcosa. E invece chi volutamente lo ignora, chi ancora una volta non muoverà un dito, per favore domani non si metta in fila a piangere la numero 87.
LEO NODARI