Non è giusto che solo Antonio D’Amore abbia successo con la sua favola del “Viaggio”, che presenterà venerdi a Pescara e Sabato a Roseto. Allora racconterò la favola di Paolino.
Paolino era un bambino birbone. Cattivo no, ma birbone assai. Non era brutto ma aveva il difetto brutto di dire le bugie. Fino ad alcuni anni fa aveva avuto tanti amici micetti. Mici di qua, mice di la, qualche gattina con il pelo più lucido. Però Paolino era birbone, non cattivo ma dispettoso assai, e non sopportava altri attorno a lui. Per un periodo aveva costituito la coppia “il gatto e la volpe”. Poi litigò e provò a fare fuori Paolone il volpone, l’amico di Giorgio il permaloso, quello che ha cambiato 5 partiti in 5 anni ma se glielo scrivi si arrabbia. Paolone il volpone era brutto forte, ma in quei giorni era ancora vivo il padre, con tanto di banca, scassata ma sempre una banca, una volpe lupo, che la politica la sapeva fare veramente, e che certo non si lasciava intimidire da Paolino. E infatti Paolino ha preso due legnate una dietro l’altra. Allora Paolino ha cominciato a graffiare i vecchi compagni della squadra di calcio. Era la “Teramo da bere” quella che è diventata nel tempo la “Teramo da sbranare”. Poi ha cominciato a non sopportare il topone Maurizio. La riserva della squadra. Il più brutto del gruppo. Che, entrato in campo, pensava di poter decidere qualcosa da solo. Che poteva fare uno dispettoso ? Una volta, e due e tre alla fine ha tolto la sedia a topone Maurizio, poi il sogno di andare in regione e poi tutto il cucuzzaro. Del resto Paolino, grande appassionato di Vandelli e dell’Equipe ’84, cantava sempre “Tutta mia la cittààà, un deserto che conosco…” . Ha pensato, metto una brava persona al posto del brutto topone e il gioco è fatto, le truppe dei micetti affamati, attirati dalla pizza di formaggio, faranno il resto. Ma non aveva fatto i conti con lui, l’unico che nella squadra sapeva giocare a pallone, l’unico con il dna, l’unico che la politica la masticava, non come Gianni il bello che non faceva due passi, o Errico l’imbroglione, uno che a tutti i giochi da ragazzo ha sempre barato. E così Mauro Hood il giustiziere, che a furbizia e birbanteria non scherza, e che lo aspettava da tempo lo ha preso per la coda, e gli ha dato la terza tranvata, con calcio in culo, per interposta persona.
Così, insuccesso dopo delirio, disastro politico dietro bugia, disastro dopo delusione il nostro Paolino - che nel frattempo aveva smesso di fare politica ma non di incassare diecimila euro al mese per 8 mesi per non fare niente, che non mi sembra la cosa più etica del mondo, ma non distraiamoci – ha cominciato a perdere mici e mice.
Allora ultimamente si è inventato un’altra storia delle sue: è fantastico, altro che favola. Io sto con la Lega - ha detto una mattina al povero Emiliano – . Stapposto, ho parlato con Salvini. Io farò votare per te. Tutt’apposto io sarò candidato alle Europee e la Lega mi sosterrà. L’ha detto Salvini. A Pescara non m’ha manco ricevuto ma è tutta ‘na tattica. E mentre lo diceva il mio mito “Toro Seduto” Bellachioma, non proprio felicissimo di mettersi in casa un tipino così birbone e dispettoso che ha messo zizzania dovunque è andato, dovendo scegliere 2 candidati abruzzesi (su 17 totali) per le europee, rideva sloccandosi sulla mano sinistra uno spaventoso strapon “Cuba 36” pronto pronto per Paolino ripetendo #Paolinostaisereno.
Nel frattempo giurava e spergiurava “Io sto sempre con voi fratelli miei di Forza Italia, eternamente con Forza Italia”. Così diceva a due brave persone, D’Annuntiis e Astolfi che c’ha capitat’. “Ho parlato con Silvio. Tutt’apposto farò votare per voi e sarò candidato alle Europee e Silvio in persona mi sosterrà con le 85mila preferenze che servono”. Potete immaginare quanto sono stati contenti i bravi sindaci D’Annuntiis, e Astolfi & co quando hanno scoperto che Paolino promette a tutti ma si vende quello che non ha più. I mici sono finiti, e anzi ha fatto la fine di Giulio Cesare detto “big Luciano” imperatore dispotico e oggi rinnegato, tanto che nessuno vuole essere accostato a lui. Tant’è che ogni mattina davanti casa di Monticelli il gallo canta tre volte.
Inventa di qua, stupisci di la, inganna di su, dai fregature a destra, inventa storie a sinistra, già caduto in culo al candidato militante Marsilio, grazie ai racconti fattigli a Pescara per presentare il personaggio, per il povero Paolino non c’è più trippa per gatti, ormai fuori dai giochi e dalla politica, ho paura che questa sia l’ultima partita a carte, perché anche in un Paese trasformista come il nostro, prima o poi, i giochi si chiudono. Del resto non dobbiamo preoccuparci, bene sta benissimo di suo (e ne siamo felici), aveva promesso a mare, monti, a Dio e Odino, di avere chiuso con politica non piangeremo per questo. Del resto per le doti che aveva cosa poteva chiedere di più.
La favola potrebbe finire qui con Paolino in fila per la carta bollata. Però lasciatemi dire con Papa Francesco (a Reggio Emilia) che nulla è attribuibile solo a lui. Dice Francesco che “il marcio non è tutto nelle stanze del potere. La mazzetta ormai non serve più ad alimentare i costosi apparati dei partiti, ma garantisce vite dorate ai corrotti ed ai corruttori, uniti dalla comune appartenenza al “partito dei furbi a cui in tanti guardano con simpatia”. E don Luigi Sturzo sottolineava amaramente: “Manca in tutto la reazione morale. Il pubblico parla, mormora, ma non si fa sentire; le piazze osservano, notano, ma non si agitano, non inizia il risanamento, e cosi il Paese è paralizzato dagli interessi personali a dispetto del bene comune”.
Leo Nodari