Europa Europa. Ma andatelo a dire ai 300 lavoratori di Mercatone Uno a Pineto, Colonnella e Sambuceto. Donne e uomini si stavano preparando ad andare al lavoro come ogni giorno nel punto vendita. Alle sei, due ore prima dall’inizio del turno, hanno ricevuto un WhatsApp dall’area manager: lo storico marchio nato a Imola a cavallo negli anni Settanta e reso visibile in Tv dalle imprese ciclistiche dell’inquieto Marco Pantani che indossava la sponsorizzazione sulla maglia rosa e gialla, venerdi è stato dichiarato fallito dal tribunale di Milano. Come loro, anche i 3000 lavoratori del gruppo si sono recati sul luogo di lavoro e hanno trovato le serrande abbassate. Increduli, i lavoratori hanno scoperto che sulla pagina Facebook della società era stata pubblicata la sentenza fallimentare. Nessuno sapeva del fallimento solo il giorno prima. Davanti alle serrande sono arrivati nel frattempo i clienti. Mentre sono al voto mi raccontano di clienti che avevano versato acconti per migliaia di euro, ma la merce dietro le porte chiuse era inaccessibile. Alcuni di loro,allibiti, se la sono presa con i lavoratori. Incolpevoli. Un trauma collettivo. Per le modalità brutali in cui è avvenuta la serrata, il modo osceno in cui è stata comunicata. È la crisi più grave in una crisi di cui nessuno ricorda l’inizio. Il disastro umano ed economico è stato trasformato in un colpo inatteso. Ma inatteso fino ad un certo punto. Questo finale è stato degno corollario di un’odissea iniziata sette anni fa. Dopo anni di contratti di solidarietà, cassa integrazione, amministrazione straordinaria e un altro fallimento dal quale, a distanza di tre anni, i lavoratori aspettano gli arretrati, nove mesi fa è arrivata una svolta. La Shernon Holding, proprietà della Star Alliance Limited con sede a Malta, acquistò dalla Mercatone in amministrazione straordinaria 55 punti vendita, con l’obbligo di assumere i lavoratori. Dopo l’iniziale sollievo è arrivata la preoccupazione. Diciamola un po’ com’è per rispetto ai lavoratori: se tu ministro del lavoro Calenda (e non Di Maio succedutosi da poco) favorisci un accordo con la Shernon Holding, della Star Alliance Limited, società Maltese, ma davvero ti meravigli se questa società prende il buono, lascia il marcio, si porta via 1 milione e 400 mila euro, lascia 100 milioni di debiti, non paga gli operai e scompare? Cioè davvero ti meravigli ? Del resto già nei primi mesi buona parte dei soci che avevano costituito la società per l’acquisizione sono usciti dall’assetto proprietario. Una decisione che non ha destato l’allarme dei commissari incaricati di seguire il passaggio. Scusate ma su cosa vegliavano questi commissari ? Non meriterebbero il carcere almeno loro visto che l’amministratore di una società maltese può continuare a programmare le vacanze in barca a vela. L’amministratore delegato di Shernon Holding, aveva annunciato nel novembre 2018 investimenti da 25 milioni di euro e un piano di rilancio industriale che avrebbe dovuto raddoppiare il fatturato entro il 2022 fino a raggiungere mezzo miliardo di euro, ma già alla fine dell’anno la merce nei magazzini, e di conseguenza nei negozi, cominciava a scarseggiare per la mancanza di finanziamenti e di liquidità. Per i sindacati quella cifra era già insufficiente per garantire una vera ripresa. Avevano ragione. Sebbene risultassero già vendute a marzo le merci non venivano più consegnate nei punti vendita di quella che è stata soprannominata l’«Ikea italiana dei mobili». Per il tribunale di Milano la Shernon Holding ha un indebitamento complessivo di 90 milioni maturato in nove mesi con perdite gestionali fisse di cinque-sei milioni al mese. A questo si è aggiunta la totale assenza di credito bancario e di fiducia da parte dei fornitori. Mi dicono che a fine marzo tutto era già chiaro. Senza avvertire nessuno, nemmeno il ministero dello sviluppo, l’azienda ha presentato istanza di concordato preventivo presso il Tribunale di Milano. Il verdetto di ammissione al concordato era atteso il 10 giugno. Il Tribunale di Milano lo ha anticipato il 23 maggio scorso. Ha verificato lo stato debitorio e l’inconsistenza del progetto di rilancio. E ha decretato il fallimento. Il baratro per molti lavoratori e per le famiglie. Se i costi erano notevolmente superiori ai possibili ricavi era impossibile proseguire l’attività senza arrecare gravi pregiudizi ai creditori. Ciò ha conseguenze pesanti sulle 500 aziende creditrici per 350 milioni di euro circa non ancora riscossi. I creditori sono quasi 15 mila persone. Ma ci sono cose non chiare che necessitano un approfondimento nelle sedi opportune: la holding in questione è controllata da una finanziaria maltese, che le scatole di un mago gli fanno una sega e la matrioska una pompa. L’amministratore Valerio Rigoni era già stato amministratore di una società fallita (Ctf Italia) con procedure simili. Ora mi chiedo e chiedo, non si trovava nessuna altra società se non quella di un fallito con sede a Malta. Ma che schifo. E ancora: l’ amministrazione avrebbe ricevuto 10 milioni dalla Shernon per ripartire. Ma questi 10 milioni di euro sono arrivati dalla cessione del magazzino di Mercatone Uno ad una società americana per 18 milioni di merce. Quindi 8 milioni di guadagno su 10 di prestito ? Ma che schifo. E inoltre : è vero che in 5 mesi la Schernon ha accumulato 12 milioni di debiti verso l’erario (cioè non ha pagato Iva e ritenute). E nessuno si è chiesto perché questa Società non pagava nessuno e niente ? Ma che schifo. Ma che controllo veniva fatto ? Da chi? È inaccettabile che gli organi di vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico (Mise), che appena la scorsa estate avevano permesso l’acquisto non abbiano verificato la sostenibilità degli acquirenti. Non si possono cancellare così i sacrifici già fatti dai lavoratori. Non si può trattare così la gente, non si può calpestare così la dignità dei lavoratori. E’ un fatto inquietante . Sui lavoratori è stata scaricata una gestione scandalosa. Una crisi aziendale gestita in questo modo, è una vergogna. E’ uno schifo. Ma che schifo.
Leo Nodari