Abbiamo scritto da tempo che la costa teramana è afflitta da gravi problemi di criminalità. La relazione semestrale al parlamento - del febbraio 2019 - della Direzione Investigativa Antimafia sulla criminalità organizzata scrive: "Abruzzo è permeabile agli interessi della criminalità organizzata". Ne faremo avere una copia al Sindaco di Tortoreto. Pare che sia uno che legge molto poco . Non ha tempo. Deve organizzarsi per distruggere il turismo ogni giorno di più. Allora provvedo io a rammentare – a lui come agli altri Sindaci - che secondo la Dia “in Provincia di Teramo vi sono infiltrazioni da parte della criminalità organizzata campana e pugliese”…”soprattutto sulla costa confluiscono ingenti quantitativi di stupefacenti come ricorda l’operazione “Shefi”…. stabile è la presenza di gruppi slavo-albanesi, i cui interessi criminali spaziano dai delitti contro il patrimonio al traffico di stupefacenti, alla tratta di giovani donne finalizzata al loro sfruttamento sessuale”. Chi più ne ha più ne metta. La criminalità organizzata si è evoluta . Il modello criminale, si è duplicato e allargato a macchia d'olio, contaminando luoghi e città impensabili. . È uscita dai territori storici per approdare in tutte le regioni . Si presenta come opportunità di lavoro, portatrice di soldi, e in forme di violenza affievolite, tanto che spesso non viene nemmeno riconosciuta. E' il volto nuovo delle mafie quello che gli abruzzesi debbono a imparare a conoscere e a riconoscere. Dietro un innocuo bar può nascondersi un'attività di riciclaggio. Così come dietro una promessa di finanziamenti facili - che in tempi di crisi diventano una priorità- può celarsi l'emissario di un'organizzazione criminale. L'Abruzzo non è immune. Lo dimostrano inchieste recenti, condotte dalla procura distrettuale antimafia dell'Aquila,
Con la stagione turistica, mentre il forte flusso di turisti e di denaro ad Alba Adriatica, la vitalità di tutte le attività sul lungomare e nelle vie interne, fino a notte, scoraggia le azioni criminali, le scelte turistichedel Comune di Tortoreto-contro il volere degli operatori turistici locali – che ha azzerato la vita serale delle attività del lungomare e del centro città, sono di fatto le migliori complici della criminalità. Le interviste ai pochi testimoni che erano presenti o hanno sentito lo sparo sul lungomare parlano chiaro: Alla domanda “Chi c’era ? Chi ha visto ?” tutti hanno risposto “Non c’era nessuno” . In piena estate, all’una di notte, in una notte afosa, su un lungomare di una città che vive di turismo, NON C’ERA NESSUNO. Nessun giovane a bere una birra, nessuna coppia a passeggiare, nessuna musica in sottofondo, nessuno in bicicletta, nessun campeggiatore che dopo cena rientrasse, nessuno a piedi, nessun in bici, nessuno in auto. Due criminali hanno potuto sparare, tranquillamente, e andare via, perché non c’era nessuno. E loro sapevano benissimo che non avrebbero incontrato nessuno perché a Tortoreto la sera dopo mezzanotte non c’è più nessuno. A nessuno viene in mente di prendere un gelato, di godere un po’ di fresco, molti chalet già alle 22 cominciano a chiudere. Tortoreto, luglio 2019: siamo alla morte del turismo. Tortoreto, luglio 2019: città deserta, turisti e cittadini costretti a guardarsi le spalle appena percorrono le vie secondarie, marciapiede del lungomare senza controllo,qwabbandonate dagli enti preposti. A scattare la fotografia della questione sicurezza sono i cittadini, e gli operatori turistici, che tornano a lanciare l’allarme e sottolineano che “a fare le spese di questa situazione sono cittadini e commercianti, i quali sono costretti a difendere anche fisicamente le proprie attività”.
E’ ovvio che spegnendosi le luci della città, con il buio che si spande, diventeranno sempre più frequenti le aggressioni soprattutto nelle ore serali. Le attività commerciali di Tortoretocercano in ogni modo di garantire un servizio adeguato al cittadino, e al turista, ma purtroppo sono sempre di più quelli che rinunciano, con il risultato che molti esercizi chiudono al calare del soleper colpa dell’amministrazione comunale. Il risultato è una città deserta nelle ore notturne.
E mi ripeto: non si deve chiedere conto a Carabinieri e Polizia che sono in forza esigua, me si deve poter contare su città vive e partecipate che tengono lontano il bubbone della criminalità. Bisogna contare su cittadini attivi, che amano la città, che vedono e denunciano. Non dobbiamo stancarci di ringraziare le forze dell’ordine, che fanno il possibile e che, nonostante le carenze di personale, danno il cuore per mantenere la legalità a Teramo e in Provincia, esponendosi in prima persona a pericoli di ogni genere, ma la situazione ormai è ingestibile. L’Abruzzo purtroppo non è più un’isola felice anche per quanto concerne la presenza delle mafie “tradizionali” lo testimoniano numerose indagini contro i clan della ‘ndrangheta e della camorra. Nonostante questo. sembra vivere la stagione del “negazionismo” mafioso, delle piccole bande.. Scrive il giornalista Daniele Piervincenzi…“L’Abruzzo è una zona d’ombra del nostro paese, un hub commerciale del narcotraffico, lì passa eroina, cocaina, passano armi è un altro dei luoghi oscuri del nostro paese”.
Queste dichiarazioni sono state accolte con indifferenza, silenzio, fastidio, negazionismo più totale. Pochissimi coloro che ne hanno parlato e scritto. E sui social, soprattutto facebook, le reazioni sono state vergognose e nauseanti nella quasi totalità. Si è andati dal “sciacquati la bocca” al “non sai di cosa parli”, da velati apprezzamenti per la testata di Roberto Spada allo scrivere che non interessano e non si considerano problemi spaccio e prostituzione. Ma purtroppo tutto questo va visto con rabbia e indignazione ma non stupore. Perché lamentarsi è troppo facile e comodo. E liberarsene potrebbe essere persino un problema per i tanti, troppi “materassi di piume” di questa regione che tante volte abbiamo messo all’indice negli anni. Non si vuol aprire gli occhi sul “primo livello” delle mafie nostrane. Figurarsi sul secondo. Lamentarsi è sport diffuso ma alzarsi dalla poltrona, muoversi, spendersi in prima persona, sono considerati un’aberrazione. E chi lo fa è da stigmatizzare, isolare, sbeffeggiare socialmente e pubblicamente.
Leo Nodari