La Popolare di Bari continua quasi ogni giorno a far parlare di sé. La sottoscrizione di un “Protocollo di Intesa per la Procedura di Conciliazione” con gli azionisti singoli per 3,5 milioni di euro. Iconti in affanno – con un debito di 420 milioni – . L’addio dopo 30 anni del presidente e figlio del fondatore Marco Jacobini. La probabile vendita della Cassa di Risparmio di Orvieto – 50 sportelli e attivi – per cui Popolare di Bari ha ricevuto un’offerta vincolante da SRI Global Group di circa 60-70 milioni di euro. Un significativo aiuto fiscale del Mef, per creare un polo bancario nel Mezzogiorno partendo dai due gruppi maggiori, ovvero Popolare di Bari e Popolare Puglia. Ma anche gli ispettori di Banca d’Italia, inviati nuovamente a verificare le operazioni di Vincenzo De Bustis nuovo Amministratore delegato. Perché ci sono Paesi in cui il capo di un’azienda sanzionato dalle autorità di controllo lascia immediatamente l’incarico. Non è il nostro. Può anche capitare che il manager in questione faccia un passo indietro, senza perdere il posto, in attesa che la situazione si chiarisca. Solitamente si trova un accordo. Comunque il manager di solito scompare. Tranquilli: da noi no. La Banca Popolare di Bari, grande banca del Sud, che naviga da tempo acque tempestose, invece no. . Già da tempo infatti ha richiamato in servizio il suo ex direttore generale, multato a settembre 2018 dalla Consob. Ci è scappata pure una promozione ad AD, mentre un giudice d’appello ha per il momento sospeso l’efficacia del primo verdetto. Vincenzo De Bustis, questa volta con i gradi da amministratore delegato, è così tornato al vertice dell’istituto pugliese che ad aprile del 2015 lo aveva congedato senza troppi complimenti, per altro gratificandolo con una buonuscita vicina al milione di euro. L’aspetto più paradossale della vicenda è che proprio De Bustis, tra il 2013 e i 2015, gestì l’affare che, oltre a innescare l’indagine della Consob, ha provocato gran parte dei guai in cui ora si dibatte la Popolare pugliese. E cioè l’acquisizione della concorrente abruzzese Tercas. Come sappiamo bene in città, dopo un primo stop ordinato dalla Commissione di Bruxelles, la complicata operazione è andata in porto con il pieno sostegno di Bankitalia ai primi del 2016 e ha avuto l’effetto di scaricare sul compratore una montagna di titoli finanziari rivelatasi molto difficile da smaltire. A inizio anno l’ex direttore generale è tornato al comando della Popolare pugliese con il mandato di rimettere in carreggiata una macchina che da anni sbanda vistosamente tra guai di ogni tipo. Compresa un’inchiesta della magistratura che vede indagati, tra gli altri, l’expresidente Marco Jacobini con i suoi figli Luigi e Gianluca, entrambi vicedirettori generali, oltre allo stesso De Bustis, per una serie di reati (truffa, falso in bilancio ostacolo alla vigilanza, maltrattamenti) che riguardano la gestione dei crediti e la compravendita di titoli ai clienti dell’istituto di credito.La Popolare di Bari ha bisogno urgente di mezzi freschi per uscire dalle secche in cui si è arenata. Indiscrezioni di fonte finanziaria rivelano che servirebbero almeno 500 milioni, da raccogliere sul mercato sotto forma di nuove azioni e di obbligazioni. La banca d’affari Rothschild e la società di consulenza Oliver Wyman sono da tempo al lavoro per contattare possibili investitori e mettere a punto un piano di rilancio. La rimonta, già complicata di per sé, si sta però rivelando ancora più difficile del previsto per via delle crescenti tensioni sul mercato. Il salvataggio dell’ istituto pugliese, da tempo in forte crisi , e di cui mi sono già occupato più volte, potrebbe essere arrivato ad un punto di svolta. La BPB starebbe attendendo con ansia l'emendamento del governo che punta ad offrire tutta una serie di agevolazioni fiscali a quegli istituti che partecipano a processi di aggregazione. L'emendamento del governo, ribattezzato salva Carige, poichè destinato in primis a condurre al salvataggio di Banca Carige, verrebbe usato anche dalla Popolare di Bari. allo stato attuale dei fatti l'emendamento del governo sarebbe una delle poche ancore per il salvataggio della Popolare di Bari. Poiché, però, l'emendamento sulle agevolazioni fiscali potrebbe anche restare solo sulla carta come pure, nel caso opposto in cui esso invece entri in vigore, potrebbe non avere effetti pratici sulla banca barese, allora ecco spuntare una sorta di piano B. In pratica la Banca Popolare di Bari starebbe pensando ad un suo piano di salvataggio composto da tutta una serie di fasi. Nel piano B per salvare la Banca Popolare di Bari, ci sarebbe, sempre secondo le indiscrezioni di stampa, anche la cessione della Cassa di Risparmio di Orvieto. La banca barese guidata da Vincenzo de Bustis avrebbe già avviato tutta una serie di trattative per la cessione della quota del 74 per cento detenuta nella CR di Orvieto. Tra i possibili acquirenti della quota di maggioranza della Cassa di Risparmio di Orvieto ci potrebbero essere alcuni fondi ma anche delle banche. Dopo la cessione della Cassa di Risparmio di Orvieto ci sarebbe poi la seconda fase del salvataggio ossia la scissione della Popolare di Bari in due: da un lato una banca nella forma di spa e dall'altro un banca operativa del territorio.
La BpB si preparerebbe a cedere tre portafoglio, quello relativo al settore energia, quello relativo ai mutui residenziali e quello relativo alle piccole e medie imprese.
Ma pare che si appresti anche a cedere partecipazioni societarie, senza che, ad oggi, sia comprensibile a quali società. Una situazione allarmante, che preoccupa per due motivi: la ricaduta occupazionale, o meglio la disoccupazione di molti dei 900 dipendenti del gruppo Tercas ed ex Caripe; e il rischio chiusura degli sportelli in moltissimi centri piccoli e in centri montani della nostra regione.
Posso fare una domanda ? Quali sono le possibili conseguenze ? La prima coinvolge i lavoratori. Una cessione potrebbe determinare una forte sforbiciata ai dipendenti della banca presenti nella nostra Provincia, mantenuti nel difficile processo di fusione iniziato nel 2014 e terminato il 24 giugno 2016 (fusione per incorporazione di Tercas e Caripe). Potrei sapere cosa pensa di fare la banca di queste persone, donne e uomini che hanno diritto si conoscere il loro destino.
E poi, se è possibile, potrei sapere che fine faranno i numerosi sportelli nei piccoli centri e nei centri montani. Parliamo di economia del territorio e di sopravvivenza dei nostri Comuni. Così tanto per sapere. La politica è totalmente assente, e lo sappiamo. I sindacati soso stati e ancora sono a 90. E lo sappiamo. Ma la Banca del territorio cosa intende fare per non affossare ulteriormente il territorio ?
Leo Nodari