Com’è noto la festa di San Martino è legata alla tradizione che racconta di come Martino di Tours soldato dell'impero romano, durante una ronda notturna nell'inverno del 335 divise il suo mantello con un mercante povero e seminudo. Dopo quella notte e la visione di Gesù in sogno vestito con la metà del suo mantello militare, Martino si convertì al cristianesimo. Come sia diventato, in tuttaeuropa, la festa del vino novello, del vin brulè, dello zucchero filato, delle castagne, dei ceri, e chi più ne ha… Anche a Teramo quest’anno ci sarà un bellissimo san Martino, nel cuore della città, a porta romana. Ceci e castagne, le ciammariche, rape e salciccia, tajuline e fasciul’, le castagne del ceppo. Dopo il falso Jamon, l’hamburger puzzolente, le patatine congelate fritte e rifritte un bel passo in avanti per la città. Io ci andrò perché sono teramano, abito il mio luogo, la mia città. Ci andrò per incontrare amici, per stare insieme in allegria. Perché oltre al cibo la “sacrum”, ha anche l’importante ruolo di tenere legate le persone alle proprie radici, perpetrare le tradizioni, rievocare i nostri usi e costumi che altrimenti scomparirebbero. Ci andrà perchèsostengotutte le iniziative che valorizzano le risorse di Teramo e i prodotti della mia città, che raccontano un pezzo di vita e di storia, che tramandano le tradizioni promuovendone una contaminazione positiva. Ci andrò perché le iniziative della città vanno sostenute con la presenza e con la propria contribuzione. Amo abitare i luoghi, e trovo giusto aiutare chi fa, sostenere l’impegno di chi si muove per rendere più viva la città. Ben vengano dunque gli eventi che esaltano i diversiprodotti tipici, valorizzano le tradizioni e recuperano, con saggezza, la cucina del nostro territorio, che va riscoperta e valorizzata.Ceci e castagne, rape e salciccia, tajuline e fasciul’, le castagne del ceppo, una festa tra turismo, folklore e cultura popolare e di massa. Per gli intellettuali della minchia, i peggiori, quelli che hanno letto un libro a metà e vogliono sembrare dotti, dirò che la “sacrum”, la festa popolare, è stata riconosciuta oramai anche dalla intellighenzia, come rappresentante di un utile punto di partenza per una riflessione sull’attuale panorama di commercializzazione delle culture, i contesti di produzione di saperi, le modalità espressive tradizionali popolari e contadine, e dunque momento di sintesi che avvicina criticamente il tema della partecipazione dal basso ai processi di sviluppo territoriale fuori e dentro lo stesso Paese. Lo dico solo perché così pure l’intellettuale con la puzza sotto il naso (che mi stanno proprio sul cazzo) sta bello contento, e non si sente sminuito se si mangia dùtajiulin’ vicino ad altri, senza tavolo riservato, senza la troia rifatta che puzza di ò de scianell by marrachesc mentre con la boccuccia a culo di gallina, martoriata dalle punture, racconta due vernecchie. Ovviamente la sua organizzazione dovrà essere curata meticolosamente. E non è per niente facile farlo. Trovare collaborazioni, chiedere permessi, coordinare i volontari, le pulizie, le cucine, la parte fiscale, lo spettacolo. Parlare è molto facile. Ma quant’è facile belli seduti al fresco parlare degli altri. E’ talmente facile che è inutile. Ma posso assicurare che fare lo è molto meno. Ideare, programmare, rischiare, metterci la faccia, trovare le persone, alzarsi e andare a guardare il meteo ogni mattina e passare le sere alzando gli occhi al cielo ogni sera è un’altra cosa. Quindi è giusto che alla fine qualcuno ci guadagni. E’ giusto che il Municipio metta la sua parte in termini di servizi, perché ad usufruire degli spazi e del divertimento sono i cittadini, cioè i veri soci di maggioranza del Municipio, quelli che pagano gli amministratori, che quindi devono servire i cittadini. E visto la turisticizzazione del dato folklorico, che rende appetibile alla cultura il mondo popolare, la familiarizzazione del folklore, l’interesse esplicito della progettazione territoriale, pensata come esperienza, come scoperta culturale, il Municipio si deve mettere a disposizione. E certamente lofarà, possibilmente evitando inutili e dannose sovrapposizioni che danneggiano gli organizzatori e soprattutto la città.
Leo Nodari