Il nuovo ospedale a Villa Mosca o a Sant’Atto ? Chiediamocelo pure tanto non si farà. Ufo Robot verrà installato a piazza Garibaldi o veleggerà sulla torre del Duomo tra folle di clienti che con il contanti nella destra e le carte nella sinistra non aspettano altro che acquistare a Teramo. Chiediamocelo pure quando non abbiamo di meglio, cioè non abbiamo nulla, da fare, tanto non si farà. Il nuovo polo scolastico avrà sei comprensivi o tre licei ? E sarà nel vecchio campo sportivo o a Piano d’Accio ? Chiediamocelo pure quando non abbiamo di meglio, cioè non abbiamo nulla, da fare: tanto non si farà. E veniamo al teatro. Su Certastampa il “Musicoerrante” si pone e pone alcuni interrogativi agli amministratori, dalla risposta semplice: NO. Ma non è questo che mi ha toccato e no interessa. Non mi interessa spiegare perché i teatri già da molti anni non sono più l’anima e il cuore della città. Le città sono, innanzitutto, di coloro che le vivono, le abitano, le usano. La città è il luogo per eccellenza del "noi", e quindi della partecipazione. Se un luogo è chiuso, non vive, non pulsa, non attrare, non può aggregare. Vorrei invece provare ad uscire dall’equivoco e dal fatuo, e tornare nella realtà di una città che affanna mentre si perde tempo nelle puttanate che avrebbero giusto spazio nel fantabosco. Teramo non è, e non è mai stata, una città dalla vita attrattiva regionale. Però, questo è vero, trarrebbe beneficio se provasse ad imporsi in qualche settore culturale di nicchia. Bisogna avere la capacità e l’umiltà di guardarsi in giro, capire e razionalizzare che è terminata la stagione della realizzazione delle grandi e costose strutture, e tuttavia, non può essere negato che, negli ultimi anni, l’attività culturale nei piccoli capoluogo si sia efficacemente indirizzata verso la valorizzazione delle strutture polifunzionali / teatrali, utilizzando – dove possibile – i finanziamenti pubblici ma, nella maggior parte dei casi, quelli dei project con i privati e delle associazioni senza scopo di lucro. Nelle città convivono le emarginazioni sociali con i luoghi dell'intelligenza, della ricerca, del volere e sapere fare. Sono il luogo più evidente delle potenzialità e delle opportunità. Le città sono e saranno, sempre più nel futuro, il luogo in cui è possibile ripensare modelli di sviluppo, stili di vita. Ed è proprio la prospettiva delle città che consente di pensare al loro futuro mentre vengono governate anche in un momento e in un'epoca di crisi. Si può agire politicamente durante una difficoltà economica e finanziaria senza farsi assorbire dalla contingenza e dall'emergenza. Si può coniugare concretamente la quotidianità con la costante necessità di ripensare il proprio agire ed il proprio futuro. In una parola bisogna avere sempre "una visione". In una fase come questa sono necessarie, pertanto, pratiche di pianificazione urbana(visione), strumenti urbanistici innovativi e sostenibili, in grado di rispondere ai nuovi bisogni di comunità e del vivere assieme con gli altri. Per restare sul tema proposto dal Musicoerrante, ciò potrebbe consentire ad esempio lo sviluppo e la gestione di teatrini che contribuiscono alla fioritura di attività di notevole importanza, in territori che ne sono privi. Quando scrivo questo penso soprattutto alle giovani generazioni che non vogliono vivere solo di connessioni virtuali, che necessitano di spazi e di partecipare a progetti di volontariato e protagonismo giovanile. I giovani cercano e vogliono costruire anche relazioni reali, confrontarsi, condividere progetti, mettersi alla prova e assumersi delle responsabilità. Per farlo hanno però bisogno di spazi vivi, aperti, che offrono progettualità che stimolano la loro curiosità e la loro creatività. E noi adulti vogliamo aiutare gli Enti locali a rispondere a questa richiesta o vogliamo continuare a fantasticare?Ogni tanto leggo de possibili valorizzazioni immobiliari per effetto di scelte amministrative precise. Invece di chiedere, rispondere, ipotizzare, inventare, cercare un modo per sbarcare il lunario un po’ originale dedicandogli il troppo tempo libero che sarebbe meglio destinare al lavoro vero, possiamo pensare di creare per i nostri giovani dei luoghi elettividelle politiche giovanili, mantenerne la destinazione pubblica, favorirne il governo partecipato. Un luogo di progettualità, in connessione con la “desaparecida”, l’Università, e con i saperidiffusi. Una struttura istituzionale per dare una risposta alle esigenze del mondo artistico giovanile e offrire ai giovani, agli artisti e operatori culturali, un'opportunità di conoscere, di lavorare, di presentarsi. Di pensare ad un futuro.
Leo Nodari