Oggi e domani sono i miei giorni dedicati al Presepe. Il Presepe, non l’albero, è il segno distintivo del Natale. Il presepe è la rievocazione artistica del più grande avvenimento della storia: la nascita di Gesù, il Salvatore del mondo. Ed è una rappresentazione simbolica che ripropone visivamente importanti valori morali dell’umanesimo cristiano: la sacralità della vita umana nascente, della maternità della donna e della famiglia; la pari dignità di figli di Dio delle persone umili, i pastori, chiamati per primi ad incontrare Gesù bambino e a ricevere il suo annuncio di salvezza; la generosità nell’aiutare chi è nel bisogno; la dignità del lavoro manuale, rappresentato nel presepe dall'attività dei pastori, dei contadini, degli artigiani, dei pescatori, dei venditori; la pace e la pacifica convivenza fra popoli diversi nell’annuncio degli angeli “Pace in terra agli uomini di buona volontà”; l’accettazione dei doni portati dai rappresentanti di altri popoli e culture come i Magi venuti dall’Oriente; il rispetto e l’amore per la natura creata da Dio che nasce sotto il cielo stellato, la campagna, le montagne, i corsi d’acqua raffigurati nel presepe e per gli animali, chiamati anche loro a popolare la scena della Natività, per riscaldare con il fiato il Bambinello e fargli compagnia.
Il presepe, non l’albero pagano, è il simbolo della grande tradizione del Natale. Il presepe è famiglia, tradizione, storia, arte. Nel presepe ci sono i valori del mondo cristiano. Per questo il Papa da Greccio ha chiesto di riscoprirlo. Perchè rappresentare l'evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell'incarnazione del figlio di Dio con semplicità e gioia. Perché il presepe è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura. Vorrei ricordare ai signori cristiani in fila nei centri commerciali, a quelli che confondono il natale con una sfilata di moda, ai pagani che confondono la mangiatoia con uno applestore, che, come ci racconta Tommaso da Celano, cronista della vita di San Francesco , questa usanza, all'inizio prevalentemente italiana, ebbe origine all'epoca di San Francesco d'Assisi che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione della Natività. “…Stava davanti alla mangiatoia, pieno di pietà, bagnato di lacrime, traboccante di gioia. Dispose la greppia, portò il fieno, mise dentro il bue e l'asino. Descrisse la nascita dell’uomo in un luogo semplice, per onorare la semplicità, esaltare la povertà, lodarel'umiltà”. Il presepe oggi è molto più di una tradizione, a volte ripetuta senza ormai comprenderla. È un esercizio di bellezza, di ingegno, di creatività. Ma è soprattutto la scena della più grande sorpresa di Dio al mondo. Ci sono i poveri e i ricchi, i giovani pastori carichi di energia e i malati in cerca di speranza, i credenti e gli indifferenti. C’è il buio e c’è la luce. C’è l’uomo e c’è Dio. Paradiso e inferno, bene e male, pagano e cristiano coesistono. Il presepe ha tante storie locali da riscoprire. Si può allestire in molti modi, senza perderne lo spirito originario. Ogni singolo elemento ha una collocazione precisa e un significato particolare. La scena preferita è quella del Trino, che unisce la scena del sacro con la natività, la scena del profano, con l’osteria, e la scena della purificazione, che vede protagonista l’acqua purificatrice di tutti i personaggi che si recano da Gesù.Il presepe ci ricorda peraltro che la nascita di Gesù avvenne in circostanze drammatiche: Dio volle farsi uomo nascendo come un povero figlio di immigrati senza casa, costretti prima a cercare alloggio in una stalla, “perché non c’era posto per loro nell’albergo”, e poi a rifugiarsi da clandestini in Egitto per sottrarsi ad una persecuzione assassina. L’albergo in cui “non c’era posto” per una madre in procinto di partorire “e nessuno le cedette il suo” è il simbolo del nostro egoismo, mentre la “mangiatoia” in cui Maria “depose” il Bambino appena nato è un invito a immedesimarci nelle gravi difficoltà in cui versano tante persone povere. Aldilà del suo significato religioso, il presepe ha anche il valore “laico”. Quella del presepe è una tradizione natalizia genuinamente italiana e non consumistica, profondamente radicata nella cultura popolare del nostro Paese. Per questo io oggi e domani faccio il mio presepe. E lo faccio grande, ci metto impegno e passione, perché voglio che sia bello.
Leo Nodari