Si apre oggi, 27 gennaio, a 77 anni dalla liberazione del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau , una settimana tradizionalmente dedicata dal mondo della scuola al ricordo della Shoa, con incontri, testimonianze, musica, video, poesie, teatro e drammatizzazione. L’arrivo ad Auschwitz svelò al mondo l’atrocità e l’orrore della Shoah, lo sterminio degli ebrei. Per ricordare quei tragici fatti perpetrati, le persecuzioni, le leggi razziali e la deportazione nei campi subita da milioni di persone (insieme agli ebrei, zingari, omosessuali, portatori di handicap, oppositori politici..), dal 2000, l’Italia ha istituito il “Giorno della Memoria”, istituzionalizzato con la Legge n. 211 del 20 luglio 2000, gli articoli 1 e 2 di detta legge definiscono così le finalità e le celebrazioni del Giorno della Memoria: la legge dice chiaramente che in occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, nelle scuole di ogni ordine e grado, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere”.Eppure questo non accade. Non tutti gli istituti scolastici a Teramo e in Abruzzo seguono le indicazioni di questa legge. I fatti di questi ultimi giorni ci obbligano a porci una domanda: siamo diventati un popolo antisemita? Al di là delle notizie che quasi quotidianamente ci arrivano di episodi di odio e violenza nei confronti della comunità ebraica, i dati confermano quello che speravamo potesse rimanere solo sul piano del dubbio: una ricerca di EuromediaResearch per conto dell’Osservatorio Solomon riporta che l’1,3% degli italiani ritiene che la Shoah sia una leggenda, il 10,5% crede che durante la Shoah non siano morti 6 milioni di ebrei, il 49% è convinto che il settore economico- finanziario sia controllato totalmente dagli ebrei e il 46,9% pensa che gli ebrei si ritengano superiori agli altri. Anche la percezione della loro 'presenza' risulta distorta: il 36,6% degli intervistati pensa che siano tra il 210% della popolazione italiana, mentre nella realtà sono lo 0,06%. Davanti a questi dati appare chiaro che abbiamo sottovalutato la portata della crescente ondata antisemita: è urgente avviare una riflessione profonda sulle azioni da intraprendere per fermarla, partendo dall’educazione e dalla cultura. Ricordiamo che “la neutralità favorisce sempre l’oppressore, non la vittima; il silenzio incoraggia sempre il torturatore, mai il torturato”.
Per fortuna, almeno in Italia, il mondo della scuola si è mobilitato per ricordare “Il giorno della Memoria”, uno strumento che deve accompagnarci ogni giorno nella lotta all’odio insensato e alla violenza becera. Ricordare cosa è accaduto dietro i cancelli di Auschwitz, ascoltare le testimonianze di chi ha subito un’indicibile ingiustizia, alimentare una lettura critica della storia attraverso una scuola partecipe e attiva, farsi portatori nel quotidiano di un messaggio di inclusione e di ascolto: tutto questo è sempre più indispensabile e non può limitarsi a una singola celebrazione, ma deve accompagnare il quotidiano. Elie Wieselricordava un importante insegnamento che aveva tratto dall’olocausto: «Una persona può amare la poesia e comunque uccidere i bambini». Questo per dire che quando diciamo “cultura” ci riferiamo a una determinata accezione, che è proprio quella che fa rimando alla Memoria e al 'testimone' che i sopravvissuti della Shoah hanno lasciato a ciascuno di noi. La Memoria deve diventare parte di un più ampio dialogo interculturale fatto di conoscenza, scambio e interazione, a maggior ragione in un periodo storico in cui il mondo civile si incontra e confronta facendo della diplomazia culturale e del dialogo tra culture uno dei suoi punti di forza, politica e sociale. La politica, nella sua alta accezione di guida della società, deve essere nel cuore della lotta all’antisemitismo. Sono tante le iniziative legate ad azioni, grandi e piccole, destinate alla lotta all’antisemitismo. L’impegno attivo nel contrastare l’odio nei confronti della popolazione ebraica coinvolge vari ambiti senza distinzioni, per porre in evidenza l’importanza della Memoria e il ruolo fondamentale della cultura nel sostenerla attivamente.Mi riferisco a una cultura che con lo strumento del dialogo 'prenda parte' e non resti silente davanti ai segnali, anche all’apparenza di poco conto, di odio e antisemitismo. Una cultura capace di testimonianza e parola perché, tornando a citare Wiesel, “la neutralità favorisce sempre l’oppressore, non la vittima; il silenzio incoraggia sempre il torturatore, mai il torturato”.
Leo Nodari