Kennedy lo aveva detto concludendo il suo discorso di insediamento, in una fredda e luminosa giornata di gennaio, era il 1961. “Non chiedete cosa il vostro Paese possa fare per voi, ma piuttosto cosa potete fare voi per il vostro Paese”. E tutto il Paese in questi giorni – fatte le fisiologiche eccezioni - si èritrovato nel comune impegno con un comune senso di responsabilità . Ognuno per quello che gli competeva fare. Le mamme hanno abbracciato le famiglie. I papà hanno dato forza e fiducia. I giornalisti hanno informato e tenuta sveglia la nazione. I sanitari hanno svolto un ruolo eroico. I ragazzi in divisa hanno vigilato, protetto, soccorso. Tutto il Paese ha retto l’impatto di un agguato inatteso. Poi c’è stato anche chi ha regalato 40 mila euro all’amico per insegnarci a lavarci le mani invece di comprare le mascherine che ancora non ci sono per tutti. Poi c’è stato anche chi si è fatto dare dal sindaco amico un posticino in un angoletto buio e ammuffito per far finta di lavorare. Poi c’è il sindaco che fa finta di credere nella Madonna, che anche gli amici più stretti sono disgustati. Non si usa Dio, non si strumentalizza la Madonna per giochi meschini. Se ci fosse un vero vescovo non avrebbe potuto farlo. Però il nostro Paese ha risposto bene. Certo, dispiace dirlo, ma speriamo tutti che nelle decisioni prese,e da prendere, il nostro Governo, con i suoi esperti, sia più bravo di quanto lo è stato nel comunicare la crisi al Paese. Questo, quello, 4 decreti, multi decreti, questo si, anzi no, questo aperto, anzi chiuso, ora arriva il decreto dei decreti valido fino al 31 luglio. Il capo della protezione civile annuncia in diretta tv che ipotenziali contagiati potrebbero essere 700mila.700 milacontagiati sparsi qua e la, che diventano untori, non è lo stesso che 70mila tutti allertati. Il virus della superficialità dei primi giorni ha vinto, e continua a vincere. Certo, un pò per Il virus dell’individualismo, quello che ha issato la libertà a diritto d’onnipotenza, che ha pervaso ognuno di noi e ha lasciato spazio al virus. Tanto tempo è andato perso. E’ innegabile.Un pò perché ha vinto la superficialità, ha vinto l’ignoranza, ha vinto l’incoscienza. Un pò il Governo ha navigato a vista. E ci può stare. Però ora basta. Basta con questi annunci a capocchia. La gente è spaventata, disorientata. Non capisce. E comunque la prima comunicazione che andrebbe fatta al Paese spaventato è che abbiamo perso una battaglia e non la guerra. La paura del contagio era già palpabile,ma c’è anche chi ha provato a fare finta di nulla, a cantare, scherzare, cucinare, commentare, leggere. Ma a ogni uscita funebre sembra che la situazione peggiori. Man mano che le ore passano la preoccupazione aumenta di pari passo. Ad ogni apparizione di un corvo nero aumenta la sensazione che il coronavirus è qui dietro la porta! Proprio qui! Occorreva chiudere il Paese per virus, e vivere isolati dal resto del mondo. E va bene. Lo abbiamo fatto. Occorreva vivere una vita in sospeso in attesa di conoscere che ne sarà del futuro. E va bene. Lo abbiamo fatto. Occorreva mettere la vita nel limbo in attesa. E va bene. Lo abbiamo fatto. Ma in attesa di cosa ? Niente calcio e niente polemiche. Niente. E va bene. Lo abbiamo fatto. Non ci restano che la Durso, Maria e le stronzate di Vespa. E va bene. Lo abbiamo fatto. Tutto sbarrato. E va bene. Lo abbiamo fatto.Ma questo modo di comunicare la crisi lascia spazio solo ai dubbi e alle incertezze. Vie e piazze deserte in uno scenario a tratti irreale. Per dirla come Giulio Meotti sul Foglio, anche “un gigante economico alla lunga può rivelarsi un nano ” in quanto una nazione, per quanto ricca possa essere, rischia di consumarsi lentamente.
Tutti direttamente o indirettamente abbiamo fatto esperienza della malattia. La sofferenza e lo smarrimento. Al pronunciarsi della fatidica sentenza, che diagnostica il male, ci si sente “nudi”,completamente soli, vulnerabili,impotenti, (s)finiti e disperati. Solo pensando alla fine si può trovare ragione e sollievo. La malattia, ogni malattia è solitudine, paura, smarrimento, sofferenza e angoscia. Lo sappiamo bene, non mancano dolore, affanno e momenti di sconforto. Solo riuscendo a immaginare la fine ci si può placare. Alcune persone tirano in ballo Dioché mi ha mandato questo male. Neanche Dio fosse un arciere che scocca le sue frecce di malattia e di dolore! Solo immaginando l’alba ci si può rendere conto che le notti sono parte della vita. Solo sperando nella Pasqua si può accettare la Quaresima. In questo il Governo Conte ha sbagliato tutto. Tempi e modi.Ogni italiano sapeva che c’era e c’è una notte da attraversare, profezia di tutte le notti della nostra vita. E in essa ha dimostrato di non temere trepidazione, stanchezza, scoramento, per incontrare finalmente la luce della resurrezione. Ma questo Governo non ha saputo indicare il tempo della Pasqua, il tempo della speranza. Forse per chiudere la gente a casa ha spinto tutti in un irreale girone dei condannati a morte,inculcando una paura spaventosa, come se la morte ormai fosse giunta sul pianerottolo di casa nostra e aspettasse solo di citofonare, un pò come accade nel film “Vi presento Joe Black”, vi ricordate? Una donna intelligente, che stimo molto, acuta, informata, impegnata, una bella persona, ha scritto sui social una considerazione che mi ha colpito molto, facendomi piangere. “Questo paese è spacciato: la tragedia di un paese ridicolo è ormai compiuta”. Io penso che non sia vero. E sono disposto a combattere. Ancora una volta in prima linea. Neanche la solidità di questa opinione riesce a togliermi la nostalgia per una cosa che desidero: un posto di cui essere orgogliosi, realizzati, protetti, contenti. Un Paese a cui appartenere. Un desiderio che spinge molti ad andarlo a cercare altrove, questo posto. Io credo che questo posto potrà essere ancora l’Italia, se le sue personericominceranno a fare progetti e sacrifici che vadano oltre le prossime due settimane.
Leo Nodari