Se in questo inedito 25 aprile 2020 mancheranno le piazze, di certo non mancherà il suono della libertà. Ma parlare, oggi, del 25 aprile sembra decisamente controcorrente. Anno dopo anno, si va assottigliando l’interesse soprattutto perché il contesto che ci circonda risulta sempre più indifferente ed estraneo allo spirito che consentì la passione, e l’esperienza della Resistenza prima, e successivamente la ricostruzione del paese distrutto, e della vita democratica.Non dico questo per un povero malato di mente che annuncia di sbattere la testa sulla ringhiera di casa e augura terremoti, da cui lui, ovviamente si salverà grazie al suo possente, enorme, membro. Con cui forse stupira a ripetizione le colleghe della sorella. Al quale, comunque, due righe dedicherò quando non avrò niente da fare. Non dico questo per le inutili polemiche, le sterili divisioni, ne perché penosi negazionisti - che radunano le loro truppe al gran completo in una panda - annunciano letture di libri di cui immagino il valore letterario e storico, per non lasciare dubbi sulla loro gretta ignoranza. E non mi meraviglia neppure l’indifferenza, se non l’idiosincrasia, con le quali anche in ambiti culturali il racconto della Resistenza viene stemperato in un sempre più pronunciato qualunquismo delle parole. Che denuncia in realtà la lontananza dall’oggetto del racconto. Ne deriva una sorta di caricatura della Resistenza che non ha nulla a che fare con un naturale e necessario processo di storicizzazione a oltre settant’anni da quegli eventi. Ma che riflette piuttosto uno spirito di “par condicio” profondamente introiettato nell’opinione comune, quasi a non volere fare torto a nessuno, con il risultato di collocare tutte le parti in lotta sullo stesso piano. La presunta equidistanza, che traduce gli eventi terribili del 1943-45 nel ripartire il terrore da una parte, e dall’altra, è la negazione di quella disparità di valori che fu nella convinzione di coloro che salirono in montagna o affrontarono la guerriglia in ambito urbano. Viceversa, fare la storia a tutto campo, facendosi carico anche delle ragioni dell’altra parte, non vuole dire appiattire i ruoli e mettere tutti allo stesso livello, misconoscendo ancora una volta la differenza tra chi ha combattuto per la libertà e chi ha sostenuto sino alla fine la brutalità della dittatura e dell’oppressione. L’anestesia del linguaggio non è che l’espressione in superficie dell’anestesia della memoria.Il problema rimane particolarmente acuto per un paese come l’Italia uscito dall’esperienza del fascismo le cui tracce riaffiorano ancora e non solo nel costume. Trasmettere alle generazioni più giovani la memoria della Resistenza non è più e non soltanto un problema di carattere storico, di trasmissione della conoscenza di un momento spartiacque nello sviluppo di questo paese, ma un problema di educazione civica nel senso più alto. Questo vorrebbe dire riacquisire alla cultura politica delle nuove generazioni un insieme di valori che la frammentazione della politica e la scomparsa di una cultura impegnata rischiano di rendere obsoleti. Un’opera nella quale sarebbe difficile sottovalutare il ruolo della scuola e dei mezzi di comunicazione, non come semplice supplenza di soggetti di educazione politica come i partiti che non esistono più, ma come promotori di primissimo piano della formazione di una coscienza civile e critica di cittadini consapevoli dei loro diritti e della fonte di legittimazione della Carta costituzionale che la garantisce.Con le parole del partigiano Smuraglia ricordiamo che moi dobbiamo la nostra vita democratica alla Resistenza. La nostra Costituzione è nata dalla Resistenza. Il 25 aprile, festa della Liberazione, ha tutti questi significati dentro di sé e deve rimanere tale. Non sarebbe esatto dire che chi ha combattuto per la libertà combatteva solo per questo: Nei giovani oppositori al fasciamo l’idea del futuro, si identificava in un Paese senza dittatura, senza imposizioni, senza violenza.Che chiamavano democrazia. Non è possibile violentare la realtà storica. Non è possibile restituire spazio alle idee che furono combattute e sconfitte con il sangue. È un’assurdità pensare che sia venuta meno la differenza tra partigiani e fascisti della repubblica di Salò. La storia ci dice che c’è stata la Resistenza e che essa, alla fine, come ho detto, ha vinto. Questo riconosce la legge, dichiarando il 25 aprile festa nazionale, festa della Liberazione. Punto e basta. Ciò non significa, in alcun modo, coltivare odio verso i nemici di ieri. Non c’è spazio per sentimenti di odio nel senso letterale del termine. A maggior ragione non credo che possa esserci odio oggi. Accade che ci sia chi rifiuta valutazioni che appartengono ormai alla storia comune del nostro Paese. Secondo me sbaglia. La storia non si cambia. Tutto qui.Il tempo non deve uccidere la memoria e la storia. Invece c’è sempre il rischio dell’oblio, di dimenticare la storia, cancellando ciò che è avvenuto, ciò che si è acquisito. Questo è il peggio che può fare un Paese che si vuole considerare civile. Ricordare è fondamentale, non per mantenere una guerra che non c’è più, ma per dire qual è la verità storica. Una verità di cui occorre prendere atto tutti e di cui ha preso atto lo Stato italiano dandosi una Costituzione antifascista. Ci sono altre giornate che uniscono nel ricordo, ma sempre sulla base della verità storica.Il 25 Aprile è una data importante. È molto grave far passare l'idea che il 25 Aprile sia una festa come un'altra. Oggi è un giorno importante che bisogna sempre rinnovare, perché ha nel suo DNA i valori di libertà, giustizia e uguaglianza.Stanno accadendo cose terribili nel nostro Paese. Ogni persona normale deve ritrovare negli ideali della nostra Costituzione - scritta col sangue di migliaia di giovani e di donne senza le quali non vi sarebbe stata la liberazione – i giusti valori per andare avanti. Il 25 aprile è il giorno in cui dobbiamo rendere onore a chi ci ha liberato . Non si può rinnegare implicitamente o esplicitamente l'importanza del 25 Aprile. Chi lo fa, anche in modo subdolo o per metterla in confusione, alla fine tradisce la Costituzione. L'Italia è risorta quando siamo entrati in una Repubblica straordinaria con una straordinaria Costituzione. Da allora sono stati raggiunti traguardi enormi che ci hanno portato ai valori che abbiamo oggi e che non dobbiamo mai dare per scontati. Occorre difendere sempre il valore della Resistenza, parlarne di più nelle scuole, a divulgarne lo spirito: questi valori non possono essere minacciati. Il Paese ha bisogno di quello spirito e tensione ideale . “La libertà è come l’aria”: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare. 25 Aprile 2020. Le parole di Calamandrei impressionano per la forza evocativa, si caricano di significati plurimi, impongono, oggi più che mai, un rispetto rigoroso della storia e sbaragliano posticci tentativi di interpretazioni altre.
Leo Nodari