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BOCCAVERITA

“La verità è come il sole: piace finché non brucia.” Conte questa volta ha deluso. Si registra delusione. Troppe aspettative su inesistenti patenti d'immunità. Ovunque disegnini di come si andrà al mare.Le Regioni che le sparano grosse per attirare consensi facili.L'umana voglia di ritrovare la normalità. A Conte non si può imputare la responsabilità di aver alimentato l'illusione che dal 4 maggio tutto sarebbe tornato come prima. Anzi.Ma molti si aspettavano risposte. Che Conte non può dare .E, secondo me, ha fatto bene a non mentire, e a non creare illusioni. Il fatto è che non tutti, ancora, si sono resi conto di quant’è grave la crisi in una città piccola come Teramo. Immaginate in Italia. Il governo sta facendo gli interventi giusti, quelli che devono essere fatti. Ma una manovra di questa portata funziona soltanto se è sostenuta dai cittadini, dalla grande maggioranza del Paese, anche da coloro che avrebbero buone ragioni e legittimi interessi per protestare. La verità, che nessuno vuole sentire, è che l’Italia non è in grado di pagare i danni subiti. E i soldi che arriveranno non basteranno. Troppi i settori fermi, bloccati. Parliamo di milioni di persone. Quello che ci serve, per essere resilienti, è sapere non quello che sarà (perché non lo sa nessuno), ma quello potrebbe essere.Che può succedere ? Quali sarebbero le conseguenze di alcune scelte o di altre? Quanti piani abbiamo, A, B, C? Questo vorrei saperlo. Ma non mi piacerebbe se il governo si mettesse a fantasticare sul futuro. Se dobbiamo vincere questa guerra di resilienza – che rischiamo di perdere – non possiamo farla con le scarpe di cartone, con gli aerei che non esistono. Dobbiamo essere messi subito in grado di capire che sacrifici dovremo fare (allo scenario minimo e allo scenario massimo), ci si deve dare il tempo di prepararci mentalmente, dobbiamo per esempio sapere se c’è la possibilità (non la certezza) che neppure a settembre i nostri figli andranno a scuola, che il telelavoro delle nostre aziende debba essere migliorato nel caso in cui l’emergenza durasse tutto l’anno o più, se in uno scenario o in un altro possiamo, noi come lavoratori, imprenditori, impiegati, professori, pensare addirittura di ricavarne opportunità, cambiamenti positivi, nuove proposte.Non dubito che chi governa stia pensando al futuro. Chiedo che sappia comunicarlo, essendo noi tutti adulti.Dobbiamo essere coscienti che qui si tratta di scalare una montagna, irta e difficile, una scalata dall’esito incerto. Ciò che è certo è che la durata sarà lunga, poiché questa crisi richiederà 1 anno per tornare alla normalità sociale, e diversi anni prima di essere in qualche modo superata sotto il punta di vista economicoRicordo che, quando ero in grado di scalare e facevo parte di un folto gruppo di alpinisti, si discuteva su come affrontare una vetta, sulla parete più idonea, l’attrezzatura e l’equipaggiamento adatti, il momento dell’anno più favorevole, il cibo e tanti altri aspetti. Ma, una volta partiti, le discussioni terminavano e si lavorava tutti nella stessa direzione. Si guardava tutti verso la sommità della roccia, e sapevamo che se non eravamo coesi, con-cordi e non cooperavamo, non solo tutto diventava terribilmente più complicato, ma si rischiava seriamente.Di non raggiungere la vetta e di peggio. Il governo Conte ha predisposto strumenti, efficaci, certamente perfezionabili, eppure sostanzialmente equi, adeguati. Ma se ora non scattano l’impegno e l’intesa tra i membri della cordata, per quanto robuste siano le corde e buono l’equipaggiamento, non si compie alcuna impresa. Oggi l’Italia ha senz’altro bisogno di strumenti tecnici e di equità, ma ha bisogno anche di concordia tra i cittadini: non dobbiamo commettere l’errore, gravissimo, di pensare che i principali o unici protagonisti di questa sfida siano le istituzioni, l’Europa, il governo e le banche. E che a noi cittadini sia solo chiesto, passivamente, di fare solo più sacrifici. Non basta l’impegno dei capicordata per fare la scalata. In realtà, c’è un ruolo essenziale della società civile, e di un cambiamento dell’etica pubblica di noi cittadini. Questa cultura civica orizzontale è molto più presente nei popoli nordici (lo sa bene chiunque abbia viaggiato. Nel nostro Paese l’etica pubblica è troppo demandata e delegata. Il “tutto” non riguarda me in quanto cittadino, mail ComuneQuell’espressineI care”, mi prendo cura, che Don Milani scrisse sulla lavagna della scuola di Barbiana non l’abbiamo fatta nostra. Un "I care" che nel sistema pedagogico e civile di Don Milani era antitetico al fascista "me ne frego". Dove non c’è la cura non c’è nulla di autenticamente umano, perché c’è l’indifferenza. Chiediamo allora coerenza, e tanta, alle istituzioni. Chiediamo di dare il primo esempio. Giusto. Ma non chiediamo di meno a noi stessi, né agli altri compagni di cordata. Stiamo vivendo una tragedia civile che accumuna tutti, e, anche se non ce ne siamo ancora accorti, siamo dentro la più grande crisi collettiva dalla seconda guerra mondiale. Improvvisamente ci siamo dovuti fermare. Non lo abbiamo cercato né voluto. Il virus è arrivato e basta, come la vita, come la morte. È arrivato anche per insegnarci un nuovo senso del quotidianoMa ho l’impressione che non lo abbiamo colto.

Leo Nodari