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Festarepubblica

Un giovane  universitario al  3° anno del Dams, 21/22 anni,  mi chiede perché  il 2 giugno non si farà lezione . E’ la “Festa della Repubblica” rispondo, accorgendomi che ignora del tutto il fatto che , proprio tra il 2 e il 3 giugno 1946, si tenne il referendum con cui gli italiani - dopo 85 anni di regno della dinastia dei Savoia  (di cui 20 di dittatura fascista, conclusa durante la Seconda Guerra Mondiale) - scelsero di far diventare l'Italia una Repubblica costituzionale, abolendo la monarchia. Insomma, ignorando che è il compleanno della nostra Repubblica!

Scopro così, senza stupore e con rassegnazione, che molti giovani, studenti, pur intelligenti, svegli, ricchi di mezzi, ignorano che la festa della Repubblica è una giornata importante per la nostra storia. Sarà perché questa “nostra” storia non la sentono come una “loro” storia. 

L’Italia era appena uscita dalla Seconda guerra mondiale e il voto si svolse tra le macerie dei bombardamenti alleati e quelle delle demolizioni dei nazisti in ritirata, con centinaia di migliaia di italiani ancora sparsi per i campi di prigionia in tutto il mondo, intere province sotto governo militare straniero e un clima che sembrava vicino a quello di una guerra civile. Alla fine gli italiani scelsero la Repubblica. I risultati ufficiali del referendum furono annunciati il 18 giugno 1946, e fu quel giorno che la Corte di Cassazione proclamò ufficialmente la nascita della Repubblica Italiana: 12.718.641 italiani avevano votato a favore della repubblica, 10.718.502 a favore della monarchia e 1.498.136 avevano votato scheda bianca o nulla. Lo spoglio del risultato mostrò chiaramente che l’Italia era divisa in due metà. 

Guardando indietro questi 74 anni di storia, si vede un Paese che ha saputo superare diversi momenti complicati, dal punto di vista economico, sociale e politico. Oggi l’emergenza Covid ci ha scaraventati in una terra sconosciuta, dove i confini appaiono inediti e ancora indefiniti. Molte cose che venivano date per scontate sono in movimento, in trasformazione: amicizie, divertimenti, dalla scuola all’idea di consumatore, dal modo di concepire il tempo libero al modo di viaggiare, solo per fare alcuni esempi. Tra le cose che appaiono in movimento ci sono anche le istituzioni. La Festa della Repubblica, all’epoca del Covid-19diventa così l’occasione propizia per interrogarci sul suo stato di salute e sulle sue possibili evoluzioni in questa fase così convulsa, sofferta ma anche potenzialmente carica di novità generative. In tale prospettiva mi pare ci siano almeno tre elementi da evidenziare.La pandemia, innanzitutto, ha reso evidente come la salute sia un valore rispetto al quale tutti o quasi sono disposti a rinunciare a tante cose: per un certo tempo addirittura anche alla democrazia e libertà. Se ce lo avessero raccontato prima del 21 febbraio (giorno del primo contagio a Codogno) non ci avremmo creduto. E invece è accaduto. E’ stata, lo sappiamo, una grande prova di senso di responsabilità, in base alla quale abbiamo accettato, per un tempo non lungo (ma neanche breve) che la vita del Paese fosse governata con i Dpcm, senza il coinvolgimento, di fatto, del Parlamento. L’importante è esserne consapevoli e ritenere tutto questo una eccezione, un’anomalia. Questa anomalia porta con sé, peraltro, un tema essenziale: l’efficienza della democrazia.Ecco allora il secondo elemento da considerare: la solidità delle istituzioni. Abbiamo capito che le istituzioni funzioneranno tanto meglio quanto più, chi ha responsabilità al loro interno, agisce con spirito di servizio e non invece cercando di servirsene. Quello a cui assistiamo in queste settimane, con riferimento alla magistratura e al Csm mostra gli enormi danni alle istituzioni che possono fare quei magistrati traditori, senza pudore, che le usano per propri interessi,  dilaniando le procure, e lacerando la magistratura, sin qui vista da molti come uno dei pochi punti di riferimento affidabili . E qui incrociamo il terzo elemento da segnalare. La storia repubblicana ha registrato spesso esempi di cittadini che hanno espresso un alto senso delle istituzioni e della politica, vivendo questo impegno come un vero servizio fino, in alcuni casi, a dare la vita per la loro difesa. Anche oggi, fortunatamente, questi esempi non mancano a partire dal Presidente della Repubblica Mattarella riconosciuto unanimemente come riferimento quanto mai autorevole per tutti gli italiani.Di fronte alla situazione attuale di grande incertezza e difficoltà c’è bisogno di un rinnovato sforzo dei cittadini a servizio del Paese, uno sforzo che aiuti a rafforzare il senso di comunità, a far prevalere quello che unisce rispetto a ciò che divide.Oggi, a Repubblica consolidata, possiamo dire che uno sceneggiatore navigato non avrebbe potuto fare di meglio. Per una serie di circostanze, in parte casuali, proprio alla vigilia della Festa della Repubblica 2020 la crisi della Repubblica si palesa non solo in tutta la sua profondità ma anche in tutta la sua estensione. Non sono più solo il virus, a creare angoscia e preoccupazione, non è la politica e l’economia, fronti sui quali la crisi si è cronicizzata già da tempo immemorabile. Il quadro è devastato ovunque. Protestano attori e musicisti, studenti e professori, avvocati e carcerati, gilet arancioni e malati di mente. Tutti protestano. Tutti chiedono. Tutti vogliono. Tutti pretendono. Questa “festa” mi riporta alla mente una frase. “Non chiedete cosa può fare il vostro paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese.Tante volte avessero ragione i giovani a non sentire come “loro” questa festa. 

Leo Nodari