Quando la maestra D’Ignazio, della scuola San Giorgio,mi faceva leggere “Settembre andiamo è tempo di migrare”, i celebri versi della poesia “I pastori”, composta nel 1903 dal vate, Gabriele D’Annunzio che hanno reso famosa - più di un secolo fa - la transumanza, cogliendone anche il suo aspetto più intimo, io mi sono sempre chiesto quanto tempo ancora avrei dovuto perdere dietro le fantasie del vate. Perverso e guerrafondaio.Però mi piaceva il belare dei piccoli agnellini, la preparazione del pastore al lungo viaggio, le asperità del cammino, l’intimità di un viaggio lungo, pieno di imprevisti lontano da casa.
“Han bevuto profondamente ai fonti alpestri, che sapor d’acqua natia rimanga né cuori esuli a conforto…”scriveva ancora D’Annunzio, sottolineando come la transumanza fosse per alcuni aspetti “sofferta” per via della lontananza. Il riconoscimento ora ottenuto dalla Transumanza da parte dell’UNESCO come Patrimonio Immateriale dell’Umanità è profondamente legato alla storia dell’ Abruzzo.Con il tratturo magno con origine storicamente accertata sin dalla fine del XIII° secolodalla basilica di Santa Maria di Collemaggio all' Aquila, da lì a Centurelle, poi a Chieti, fino nelle campagne di Foggia, con una vera collana di bellezze naturali e archeologiche.E con i tratturi regi che dalle Capannelle scendevano verso l’agro romano, oppure verso Piane Roseto - caposaldo dell’antico tratturo Rocca Roseto- Frisa della Doganella d’Abruzzo - poi San Giorgio, Montorio, Collevecchio, Frondarola, fino a Teramo e da li fino al mare, lungo le vie dei tratturi che alimentavano il sistema sociale ed economico che portava un’importante risorsa alla Provincia di Teramo, non solo economica, ma anche gastronomica. Ricordo benissimo quando li vedevo dal balcone di casa – sopra il Bar Grillo verde di Bianchina e Sergio dove venire a sgasare con la sua Honda four il mio critico ufficiale Vincenzo Di Gialluca - inondando Via Crucioli con la puzza , gli agnellini e i loro mastodontici cani abruzzesi. Andata e ritorno.
E le ricordo benissimo le mandrie di greggi e pastori e cani e puzza in sosta e riparoin questi luoghi teramani, sovrastati dalla catena dei Monti della Laga dove la vista riesce a spaziare fino al Mare Adriatico. A Cortino dove ancora oggi si possono notare le stratificazioni geologiche di marne e arenarie chiamate Formazione della Laga. A Pagliaroli dove, gli scavi effettuati nel 1997 nei pressi della chiesa di San Salvatore, hanno portato alla luce i resti di un tempio di grandi dimensioni, risalente al II-III sec.a.C.. In Abruzzo e nella nostra Provincia l’allevamento transumante ha rappresentato in varie epoche storiche il settore trainante dell’economia, andando ad incidere anche sul piano gastronomico, sociale e culturale.
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A parziale recuperò per fortuna interviene ancora una volta l’umile cantiniere di porta romana con il suo convegno “La transumanza teramana”che si terrà oggi, giovedì 8 ottobre, nella sala Ipogea di Teramo alle 17,30.
L’approfondimento, organizzato da Marcello Schillaci, si inserisce nell’ambito di Storie della transumanza, una iniziativa voluta per raccontare e approfondire la piccola transumanza del versante teramano che collegava i Monti della Laga a Pineto per poi collegarsi con il tratturo Magno. Sarebbe utile se qualche politico intervenisse per imparare un po’ di storia del nostro territorio. Magari il prossimo anno non si festeggerà la transumanza dove pastori, pecore, cani e puzza non sono mai passati.
Leo Nodari