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Diegoarmando

Diego Armando Maradona  oggi compie 60 anni.  Auguri  al dio del calcio, al “pibe de oro”,  al “10” più amato della storia con le sue folli giocate,  calciatore unico e irripetibile.  Auguri  alla “mano de dios” così meravigliosamente beffardche si consacra ai posteri, dribblando ogni avversario ed eludendo i più impliciti dettami di quella che si chiama 'sportivita'' mentre i figli di Albione occupano militarmente le isole argentine  MalvinasAuguri all’uomo vero, generoso,  esagerato, polemico, ma mai reticente.E sempre a testa alta. Auguri Borges della pelota

Auguri al bambino senza freni cresciuto nella bidonville di Villa Fiorito a Buenos Aires tenuta insieme da orgoglio e povertà. Auguri al giovane indisciplinato che rifiuta i milioni del Barcellona e preferisce crescere tra  la polvere e le baracche, i vicoli e gli anfratti di una periferia. Auguri al numero 1 del mondo del calcio che riusciva a dribblare gli spazi stretti in cui far passare il pallone, rigorosamente di cuoio, regalato dal cugino Beto con il suo primo stipendio. Auguri al profeta del gol cresciuto senza allenatori. Con il rispetto da conquistare ogni giorno, giocata dopo giocata, rete dopo rete. Auguri al ragazzo cresciuto dormendo in  10 nella stessa stanza, che non aveva spazio per vivere liberoche non ha avuto giocattoli.Auguri all’ anima fragile che mi ha incantato e fatto sognare. Auguri al giocatore di calcio più forte di sempre.  Cercando di ricordarlo  mi sono maledettamente imbattuto su un video di un uomo in ciabatte, strafatto, perso, devastato da un balletto ipnotico con tutta quella carne addosso e chissà quanto alcool in pancia, che si allaccia come un vecchio orango ad una poco affabile bionda. Un video che gira che non ècollocabile con precisione nel tempo, ma collocabile certo nella parabola di un uomo che non la smette di dare scandalo di sé. Dal giorno in cui ha saputo che “essere Maradona” è una gigantesca menzogna e che vero è tutto il resto, la vita che passa. Due minuti scarsi che raccontano la grandezza al suo apice, il giorno in cui è perduta per sempre. Sulle note maliarde di “BombonAsesino” dei Los Palmerasi Casadei della cumbia argentina, Diego Armando Maradona, l’uomo che è stato in cima al mondo, ora mostra il suo culo nudo e flaccido.Come dire: “Prendetelo, fotografatelo e mostratelo, non sarà per questo che io sarò meno Maradona e voi meno miserabili”. Nemmeno Almodovar al suo meglio. Impossibile scansare lo sguardo. E dobbiamo dire grazie all’infame che, dopo averlo girato, lo ha messo in rete, a quel Giuda nascosto tra i presunti amici di Diego, che gli amici quasi mai ha saputo scegliergli.Quando sei stato Maradona puoi frequentare solo gli inferi, e le divinità, oppure nessuno. La decadenza di Diego non è un boulevard al suo tramonto, non c’è la cosmetica lussuosae ridondante delle vite da star, ma una scena domestica pornograficaper l’insieme di squallore e apatia, dove l’autodistruzione di Diego trova la sua via maestra.Proteggerlo da se stesso è impossibile. La strada è segnata. E anche il verso.Un intero libro non basterebbe a descriverne il carattere e le mille sfaccettature di un uomo che ha cambiato per sempre l’immaginario collettivo del mondo del pallone, con le sue magie, con la sua classe, con i suoi eccessi e le sue grandi debolezze. E’ stato il più grande di tutti, con buona pace di Pelè e di Messi. Un campione lontano dalla regale altezzosità di “O Rey”, diverso dalla lucida follia di George Best, o dalla glaciale classe di Johan Cruyff. La sua umanità, è la caratteristica che gli ha permesso di diventare prima icona, poi leggenda, infine mito. Amato dal popolo, perché è uno del popolo. Se sei il migliore di tutti tempi non lo decidono gli esperti, i tecnici, ma la gente, e Diego è per acclamazione il miglior calciatore di tutti i tempi. Da Villa Fiorito, quartiere povero alla periferia di Buenos Aires, ad entrare nella storia, il passo non è breve. E’ un cammino costellato dalla conquista di vette irraggiungibili, e di cadute pesantissime, dal quale sarebbe (il condizionale è d’obbligo) stato difficile per chiunque rialzarsi. Il tutto accomunato da un unico filo conduttore: un talento pazzesco mai visto prima in nessun giocatore. Si è liberi di credere o meno nell’esistenza di un Dio ordinatore dell’Universo, ma non si può mettere in discussione che in quel sinistro ci sia qualcosa di divino. Genio e follia, opulenza e decadenza. Maradona è Napoli. Gli scudetti, la Coppa Campioni, i gol impossibili, il pazzo amore della gente. La cocaina, i comportamenti da star capricciosa, la fuga, la squalifica. Maradona è stato l’unico  a cambiare il destino di una città, senza riuscire a cambiare il proprio. La tossicodipendenza, la depressione, i problemi di salute, insorti nella parte finale della sua carriera, ne modificano il profilo, in particolare per le nuove generazioni, che hanno avuta la sfortuna di non vederlo all’opera, e che possono rivedere il genio di Diego solo attraverso immagini, e filmati di repertorio. Ma i racconti di quelli che c’erano riescono a far rivivere il mito, anche a chi non c’era più quando Maradona era all’apice della sua carriera a Napoli. “ Che vi siete persi”, è una scritta che ancora campeggia sul muro di un cimitero di Napoli, dopo la conquista del primo Scudetto nel 1987. Non veder giocare dal vivo Maradona, e come non aver visto giocare Michael Jordan nel basket, o combattere Mohammed Alì nel pugilato. Maradona è la vittima del suo mito. Conseguenza inevitabile. Quando si segnano i gol che ha segnato lui, quando si è simbolo di riscatto di città (Napoli) e nazioni (Argentina), non si può scendere a patti con nessuno, tranne che con se stessi. E oggi,el “Pibe de oro”, ancora deve vincere la sua partita più importante, che non è quella con la cocaina. E’ una partita che continuerà forse all’infinito: Diego contro Diego. In attesa del risultato, ti rendiamo omaggio così.  O mamma mammamamma  ho visto Diego giocare, compiere prodezze abbaglianti, perdersi e ritrovarsi.Oggi ti mando i miei auguri Dieghito.  

Leo Nodari