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Cimiteroteramo“Ogn’anno, il due novembre, c’é l’usanza per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll’addachestacrianza; ognuno adda tené chistupenziero.Ogn’anno,puntualmente,in questo giorno,di questa triste e mesta ricorrenza….”.

Ieri mattina, nonostante il bel tempo vedo poca gente al cimitero. Anche la commemorazione dei defunti, ricorrenza molto sentita in passato , è sottotonoPochissimi i giovani. Veramente pochi. Qualcuno mi dice che è a causa della situazione legata alla pandemia.E come mai piazze e viesono piene,il centro commerciale al chiusoè pienoQuesti dovevanoessere giorni che in tempi diversi avrebbero sicuramente registrato una grande affluenza di gente in visita presso i cimiteri per commemorare i cari.Una ricorrenza su cui puntano gli operatori del settore, i fiorai, che questa mattina abbiamo incontrato per sentire come sta andando a Sciacca. Alcuni fiorai hanno sottolineato il valore che assume la possibilità di vivere, anche in questo momento storico, tale ricorrenza.Scuole, famiglie, ma anche le amministrazioni dovrebbero fare di più per dare la giusta solennità a questa ricorrenza. Affinchè non si perda. 

Nel far visita ai defunti, con l’aggravarsi della crisi pandemica e la recrudescenza del numero dei contagi, assieme alla struggente commemorazione privata, saremo trasportati dentro ad un raccoglimento spirituale che non riguarderà solo una meditazione sull’angoscia della morte, ma anche una riflessione sul fondamento della nostra vita.Ugo Foscolo, ne «I Sepolcri», lo aveva inteso perfettamente: una società che non conserva il culto dei morti fra i suoi valori spirituali più preziosi, non merita di sopravvivere.Perfino il feroce Achille, che ha giurato a Ettore morente di lasciare il suo corpo in pasto alle belve feroci, finisce per piegarsi davanti alle lacrime di Priamo e restituisce al vecchio re di Troia il cadavere, perché questi possa dare al figlio delle degne esequie.Giuseppe Ungaretti, nella poesia «Non gridate più» (che fa parte della raccolta «Il dolore») ha mirabilmente descritto - sotto la forma dell’«adynaton», ossia di un concetto impossibile come quello di uccidere dei morti - la barbarie di tali assenze. Il grande poeta voleva dire che chi non rispetta la morte non può sperare di «non perire», ossia di salvare la propria anima, ma andrà incontro alla morte morale prima della morte fisica (come già aveva detto San Francesco nel «Cantico delle creature»). La  nostra, osservava Erich Fromm, tende sempre più a configurarsi come una società necrofila. La violazione del rispetto dovuto ai morti è uno dei segnali di questa necrofilia dilagante, di cui l’amore per le cose invece che per le persone è l’aspetto più vistoso e sconcertante. Un ingranaggio disumano e implacabile, che non tiene conto delle persone, ma solo dei numeri e della partita doppia delle entrate e delle uscite.Le cose sono manipolabili a piacere, le persone tendono a resistere alla manipolazione: meglio possedere tante cose, allora, invece che essere in relazione aperta e fiduciosa con i propri simili. Il giusto atteggiamento davanti ai morti è quello del silenzio, della preghiera e del ricordo. Così immersi in un mondo sbrigativo e accelerato non si accetta più la sua scrupolosa concretezza, abbiamo perso la dimestichezza con il suo ineluttabile e pacato perpetuarsi. In realtà ciò che ci affligge non è tanto l’idea, secondo alcuni limitante, di subire l’onta della mascherina, quanto piuttosto la fretta di chiudere la partita con il virus colpevole di aver derubato i nostri sogni baldanzosi e interrotto quella progettualità temeraria e senza meta la cui frustante velleità patisce ogni confronto con la serietà della morte.

Il punto essenziale è che non educare i giovani al ricordo è de facto come negare il dovuto rispetto al mistero della morte, alla sacralità della morte, significa cancellare millenni di storia della civiltà e collocarsi al livello degli animali: ma non di tutti gli animali, se è vero - come è vero - che dei cani si lasciano morire di fame e di dolore sulla tomba dei loro amati padroni umani.Una civiltà che non ricorda, che non china il capo che non ossequia,non rispetta i morti, è una società che ha smarrito ogni senso etico e non merita di essere rispettata. Proprio la capacità di conservare un tale rispetto costituisce un faro di umanità e un anticipo di speranza, un raggio di luce nel buio della notte.

Leo Nodari