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CanziogiorgioSono  tornati ! Sono tornati !  Nuntio  vobis  gaudium magnum. In città è giubilo. Le donne sono in fermento. Per fortuna gli estetisti e parrucchieri restano aperti. La vita ci riserva infinite sorprese. Anche simpatiche. Pensavamo che con la morte di Sean Connery fossero scomparsi  gli Highlander. Invece per un affascinante immortale che esce di scena, ecco che due -meno affascianti - tornano alla ribalta. Non mi sorprende la rentrée del compagno Giorgio Guevara, novello zingarettiano duro e puro, che scende in campo a pugno chiuso, con la sua bandiera rossa sul petto, per sostenere - con alcuni trombati da Fra Paolo l’eremita  -  la candidatura di Gianguido in Regione e di Manola alla Camera. Loro il vaccino se lo sono fatto. Per me diabetico non si è trovato. E non mi hanno sostenuto. Giorgione in fondo ci dirà che la bandiera è sempre la stessa. Ha ragione. Basta togliere il bianco e verde della bandiera di Forza Italia e il gioco è fatto. I voti, come i soldi, per qualcuno “non olet”. In fondo i voti servono, come per i soldi, per comprare qualcuno. Lo slogan è già pronto: “La coerenza al potere”. 

Mi sorprende invece il ritorno di Roberto Canzio, l’uomo scelto da Maurizio Cannavacciuolo come simbolo della cultura teramana, l’unico in grado di farci rimpiangere Franceschina bella, “Bastiààà” e il suo capodanno, l’unico in grado di parlare venti minuti senza far comprendere il senso. Vai tu a immaginare che quello venuto dopo – con molti più soldi a disposizione – ce lo avrebbe fatto rimpiangere. Bentornato assessore, nominato in fretta e furia all’Asp 1, azienda per i servizi alla persona. Con lui anche Alberto Covelli, rintracciato sulla via di Santiago dove stava percorrendo scalzo il cammino per pentirsi e umiliarsi, e fustigarsi per aver dato credito al nostromo  fulminato da Matteo sulla via del comune:  DoDo Coerenza.  

Anche se questa nomina è solo politica, e serve alla Lega, anche se Roberto Canzio non ha competenza diretta, un uomo volenteroso è molto importante in questo momento. Se il primo lockdown è stato subìto ma anche accettato, stretti come eravamo nella morsa della paura e con le immagini di morte che ci assediavano, il secondo lo è molto meno. L’estate, e i messaggi sbagliati, ci hanno fatto credere che il virus fosse in via di esaurimento, e che comunque si era trattato di una parentesi che potevamo archiviare. Ora invece si comincia a capire che non è così, che dovremo convivere con il contagio ancora a lungo. Le reazioni di rabbia e rifiuto – come ieri pomeriggio a Teramo in piazza Orsini - e non solo di chi è economicamente danneggiato, cominciano a vedersi nelle strade e nelle piazze. 

L’azienda per i servizi alla persona in questo momento più che mai ha importanza. La cura della fragilità, la difesa della vita sono parole vuote se non si traducono in scelte concrete, di vera solidarietà.

Non è più velata la volontà di alleggerire la sanità pubblica nel modo più semplice: togliendo di mezzo, come un ostacolo ingombrante e fastidioso, le persone fragili e statisticamente più a rischio. Il Covid-19 non solo fa paura, ma fa saltare certezze accumulate in decenni di benessere e tranquillità.

Dal dopoguerra a oggi il mondo occidentale non ha più attraversato eventi angosciosi come conflitti bellici, carestie e pandemie; ha costruito un welfare rassicurante, e vissuto uno sviluppo economico e tecnologico impetuoso. Le nuove generazioni sono cresciute nella cultura dei diritti individuali, che sembravano destinati ad allargarsi ogni giorno di più. Abbiamo coltivato l’illusione che, sia pure nel disagio prodotto da una lunga crisi economica, il nostro stile di vita, orientato a consumare esperienze ed emozioni oltre che beni concreti, sarebbe durato indefinitamente. Trovarsi improvvisamente chiusi in casa, privati di cinema, ristoranti, teatri, concerti, spettacoli ed eventi di ogni genere, è stata una dura sorpresa, ed è apparso a molti, soprattutto ai giovani, come un insostenibile sacrificio. 

L’azienda per i servizi alla persona in questo momento, più che mai ha importanza, perchè grazie al superamento della frammentarietà degli interventi, con gli altri soggetti e servizi che costituiscono il welfare di comunità, possono garantire maggiore economicità e miglioramento della qualità degli interventi, per riaffermare senza mediazioni il diritto al rispetto della dignità umana, al benessere fisico e mentale, alla libertà ed alla sicurezza per tutte le persone che si trovano  a dover dipendere dall’aiuto e dalla cura di altri. Quando un anziano perde la sua autonomia, diventa più vulnerabile alla violenza e al maltrattamento a situazioni difficili o angoscianti    

Voglio credere. Sono convinto, che Roberto e Alberto, membri attivi di questa comunità ce la metteranno tutta per fare bene. Pensando al bene comune. E gli auguro buon lavoro. 

Leo Nodari