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Eddai ! Ora Gianguido del Grillo ha paura de perdè…
Un banditore del re, un certo Andrea, e poi er boja immancabile, si aggirano per il centro città, gridando ai popolani de un bar in piazza un editto che sembra scritto dal marchese del Grillo. Il Marchese manda a dire per voce altrui che lui ha i pieni poteri sulla città. Il Marchese dice che “può fare quel che vuole, senza ascoltare, senza preoccuparsi di essere contestato” da qualcuno.
Il Marchese sembra nervoso, girà voce che le liste stentino ad essere compilate e sono deboli.
Grida il Marchese, pare che sabato i suoi fedelissimi, il pretigno dai conti arcani e l’uomo nell’angolo, il suggeritore, Mauro de Richelieu, lo abbiano avvertito: non basta andare alla messa delle palme, il nemico è in rimonta, attenzione. E pare ai più che ora il Marchese abbia una fottuta paura de perde.
Forse, e dico forse, che non basti alzare un pò di fuffa chiamandola “inaugurazione” ? Che non basti inventarsi falsi “eventi”?. Che non bastino gli “extralegem”? Sta a vedè che basti riproporre i “Panem et circenses” che furono di Nerone e Giovenale. Ora er banditore de noantri in piazza arriva a sparare che Teramo è come la “Milano da bere”. Ovviamente nella sua pochezza da militante con il pugno chiuso non ne conosce il significato, oppure è proprio quello che intendeva, Teramo una città trasformata in un centro di potere, in cui un Marchese da solo con una serie di sudditi striscianti, esercita una egemonia politica amministrativa anche con l’uso distorto della cultura per vincere ?
Secondo il boiazzo de casa nostra basta “in questo mese” fare uno sforzo per dare la percezione di un benessere diffuso, una immagine modaiola, con un centro storico senza una funzione economico sociale, ma trasformato in un eventificio ancora poco abitato, senza scuole né uffici pubblici, con punte estreme di rampantismo arrivista e opulento. E lo dice con forza. “Teramo è come Milano” dice e ripete. Mentre i locali aperti con tanti sacrifici nel post terremoto, chiudono perché non riescono a pagare le bollette e si potrà continuare ad “andare avanti per la nostra strada”. Il fedelissimo banditore, ex compagno a pugno chiuso, per conto del marchese nell’editto sostiene che nel mondo chi appartiene al popolo non può far nulla per cambiare l’ordine delle cose…. “perché ci sono tanti soldi per il nuovo ospedale e chi vince deciderà come usarli” E bravo er boiazzo.
Eppur la gente di città protesta, commenta, insorge con commenti ironici e un po’ offensivi, ma soprattutto protesta per i parcheggi hollywoodiani, per il commercio che piange, per la zezzità dappertutto, per le continue “gianguidità” che si ripetono a catena, per il grigiore e la tristezza che ogni sera dopo le 20 scendono e s’aggrappano alla città . Mentre spariscono le presunte piste ciclabili che “erano il vanto ma piste ciclabili non sono mai state, il banditore, interrogato dal popolino sulla faccenda, coi sonetti romaneschi di Giacomo Gioacchino Belli, così risponne: “Io qui rifuggo le idee di una plebe ignorante, comunque in gran parte errata perché da plebe viene, figlie di un idiotismo continuo, e di una favella guasta”.
E bravo l’assessore democratico che non risponne. Alla faccia dei pidioti.
Solo che con il suo sonetto il Belli vuol mostrare satiricamente, ma in maniera reale, la situazione italiana del 1800. Non quella del 2023. Il poeta mostra gli aspetti crudi e rozzi della politica del suo tempo che non può ricollegarsi a qualsiasi momento storico. Belli nella famosa frase dello stesso sonetto (reso celebre da Alberto Sordi) “Io so’ io e voi nun ziete un cazzo!” denuncia la condizione del popolino italiano di fronte ai potenti del tempo, che accettava i soprusi in silenzio.
Probabilmente tra i potenti locali c’è ancora chi pensa che una città sia solo fatto di angoli sordi e grigi da trasformare alla bisogna in un bivacco di manipoli . Evidentemente, se lo dice un fidato del marchese c’è chi pensa alla città come un governatorato a cui basta lanciare qualche pagnotta ogni tanto, un extra flop ogni tanto, una inaugurazione ogni giorno, una promessa ogni giorno, un po' di musica ogni tanto per continuare ad avere uno stipendio da marchese governatore e per i servi vari.
Ma per fortuna marchese, banditore e boia hanno sbagliato secolo, e non dispongono di alcun manipolo. È grave che non si ascoltino le voci della gente. Chi vuole amministrare lo dovrebbe pare fa solo ed esclusivamente – per un periodo – per conto della gente. E la deve ascoltare. Non può mettersi su un piedistallo e dare ordini . Lo so. Sono lontani i tempi di una classe politica che metteva l’ideale dinanzi all’interesse. Lo so. La colpa è dei cittadini di cui parlava il Belli che parlano male del Marchese ma intanto si prestano per un tozzo di pane ad appoggiare politicanti di cui sono note  le bassezze, per avere benefici personali diretti o di rinterzo. Lo so, pochi credono a una politica onesta e a una sincera amministrazione pubblica. Non è tempo di parole dunque. Chi crede ad una politica di servizio deve essere a servizio del cambiamento. Perché una nuova realtà può nascere. Perché questa città merita di più di un marchese del Grillo.

LEO NODARI