Parafrasando Bertolt Brecht potrei scrivere:
Prima censurarono uno antipatico e senza capelli. E fui contento, perché non mi era simpatico.
Poi censurarono una ragazza bassa e brutta, e stetti zitto, perché mi stava antipatica.
Poi censurarono un omosessuale, e fui sollevato, perché i froci mi danno fastidio.
Poi vennero a prendere chi non la pensava come loro, e io non dissi niente, perché non ero uno di loro.
Un giorno vennero e censurarono me, e non c’era rimasto nessuno a protestare.
Mi dicono che dismessa la veste farisea di bravo ragazzo, indossata la tonaca nera da inquisitore domenicano entra in scena GianguidiusCensorisde Torquemada, un sindaco che promette posti e posticini in cambio della censura. Non è bello. Non è giusto. Ci rimango male. Bastava che lo chiedesse direttamente a me come già hanno fatto privatamente e pubblicamente i suoi servi, i suoi cani a catena. Bastava una telefonata del sindaco. Magari gli ubbidivo anch’io in cambio di nu piccol’ pusticill’, nu minim’ cuntribut, dusuldarill’ de campà, nu curcertucc’ e bla bla bla. Si, è vero, ci sono rimasto male. Bastava che GianguidiusCensoris de Torquemada, vi avesse chiamato e mi avesse detto: “Leo caro non scrivere più dai, non mi far chiedere ai miei servi, ai miei cani a catena di fare il possibile ”. Bello non è.
Del resto, non li vedete i film, c’è sempre il venduto, il traditore, l’uomo marcio, quello che si vende per 30 noccioline . E Gianguidius lo sa. E poi si sa, non li vedete i film, o vincere in modo corretto o vincere con un colpo bastardo per i più basta vincere. Li voglio proprio sentire alla prossima telefonata, al prossimo caffè gli “amici” democratici, gli illuminati, i dalbertiani che mi chiamano “amico” .
Io credo che da Ipazia a Savonarola fino al libraio di Kabul,quando si accendono roghi e si perseguitano gli eretici e censurano coloro che non la pensano come noi nel nome della religioneo della politica, quando si prova a cancellare le diversità, quando si cala la mannaia censoria sulle culture e i pensieri diversi, una nazione o città è destinata a finire male.
E vero. Non mi aspettavo che un valore non negoziabile e imprescindibile come la libertà d’espressione potesse subire un arretramento così forte. Se voluta e chiesta da un sindaco poi diventa ancora più grave. Con la fine delleideologie pensavo che la secolarizzazione del dibattito culturale avrebbe portato a un’apertura. Invece sta accadendo il contrario. A Teramo siamo alla“cancel culture” al tentativo di controllo dell’opinione pubblica operato dal potere politico.
In questo contesto, voglio essere il fanatico estremista della libertà d’espressione. Non concedo spazio ai forse, ai ma, alle eccezioni, perché ogni volta che lo fai c’è un varcopericoloso che si apre contro la libera espressione di opinioni all’interno della società. Il fatto che un sindaco – se è vero - cerchi di limitare lo spazio di espressione a una qualsivoglia opinione, satirica ma mai offensiva, eccentrica ma rispettosa, diversa ma mai offensiva, ècertamente definibile come “censura”.E’ bello non è. Potrà anche vincere D’Alberto. Ma resterà per sempre quello che ha pensato, chiesto, ottenuto la censura. E bello non è. Ma se piace a lui stappust’ .
Leo Nodari