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OpuiEccola l’aria di Magnanella che prepotentemente  invadecorso San Giorgio. Il Natale si avvicina a grandi passi  mentre il freddo invade la città e tutti noi che in queste ore che viviamo senza pause e senza respiro. Nella chiesa vuota un Gesù bambino ai piedi dell’altare è rimasto solo, senza genitori, senza bue ne asinello,perché non c’è stato tempo di completare il presepio. Dovrebbe essere la sua festa, ma non c’è tempo per lui. E’ natale, bisogna comprare telefonino e computer, acquistare le scarpe e i vestiti, procurarsi  profumi e tutto ciò che serve ad apparire. Apparire. Sembrare. Fingere. Non ci può essere tempo per Gesù. Così, solo, al buio, al freddo sembra chiedere aiuto a me e ai pochi presenti alla messa del mattinoCi siamo tutti abituati,velocemente, a vivere anche senza quella presenza che sembrava indispensabile. Così ora la vita, questa cosa che non sappiamo come descrivere se non come un’ansia profonda che ci impone di respirare, di parlare, di essere sempre comunque di corsa, che ci fa sopportare tutto come temporaneoin questi giorni ci assegna e distribuisce le palle d’oro degli alberi di natale,ci consegna alcuni sorrisi di circostanza da usare per le tarantelle di capodanno, ma ci lascia tanto freddo nel cuore

Il freddo è ovunque e, come per Maria e Giuseppe, anche per noi, oggi qui, sembra che non ci sia posto un posto caldo per il Natale. La citazione del vangelo di Luca sembra valere anche per me. Ritrova nuova forza e attualità, sembra non esserci posto per la gioia del NataleIl mio pensiero va a tutti, senza distinzione, palestinesi e israeliani, russi e ucraini, siriani e libanesi, a tutti quelli che sono nel lutto e nel pianto, ai bambini del centro africa, ai giovani delle favelas latino americane, ai ragazzi che si sfasciano tra tante luci e colori, giovani bellissimi a cui non manca nulla ma manca tutto che popolano le nostre città e attendono un segno di vicinanza e di calore. Davvero quel “non c’era posto per loro” esprime bene la loro situazione ricordando tutti i senza tetto, gli affamati e tutti quelli esposti ovunque ad una violenza incomprensibile. Non sembra esserci posto per loro non solo fisicamente.E sarà per questo che sono tanti e sempre di più coloro che non lasciano posto alla presenza dell’altro mentre la violenza, la tristezza, la noia, il pianto e dolore sembrano rendere stonati i nostri canti, difficile la nostra gioia, vuote e retoriche le nostre parole. In questo momento è evidente che facciamo fatica, soprattutto oggi, soprattutto qui, a trovare un posto per il Natale nella nostra vita perché è sempre più difficile sintonizzarsi con l'annuncio di NataleTroppo dolore, troppo rancore, troppa delusione, troppe promesse mancate affollano il nostro spazio interiore. Non c’è posto per il Vangelo del Natale per risuonare e ispirare azioni e comportamenti di pace e di vita.

Al piccolo Gesù spoglio che mi parla vorrei allora chiedere “dov'è il Natale quest'anno”. Lo so, è la stessa domanda che si sono fatti Maria e Giuseppe, i pastori, i magi. E a rispondere sono ancora una volta gli angeli. Come quella notte, infatti, e in ogni notte, Dio trova sempre un posto per noi. Anche qui, oggi, nonostante tutto, anche in queste drammatiche circostanze.Prima e oltre ogni spiegazione sociale e politica, ricordiamoci che la violenza e la sopraffazione dell’altro trovano la loro ultima radice nell’aver dimenticato Dio, contraffatto il Suo Volto, usato in modo strumentale e falso il rapporto con Lui, cosa che avviene troppo spesso.

Il nostronatale sia allora, innanzitutto il “sì” di Maria e di Giuseppe.Il nostro luogo del Natale sia nella loro obbedienza e fedeltà e ovunque si moltiplicano i gesti di fraternità, di pace, di accoglienza, di perdono, di riconciliazione. In utempo segnato da rassegnazione, odio, rabbia, depressione, abbiamo bisogno di cristiani che si facciano “pastori”, senza troppi calcoli o ragionamenti. Siamo pronti ?

Leo Nodari