Il Giubileo non è utopia: è profezia. La Bibbia ci dice qualcosa di decisivo: non siamo condannati per sempre al male e alle leggi dei più forti e dei più ricchi, perché se siamo capaci di immaginare e proclamare un giorno diverso del Signore (Isaia 61,1), allora la terra promessa potrà diventare la nostra terra. Lo shabbat non è l’eccezione ad una regola, è il suo compimento; il Giubileo non è l’anno speciale, è il futuro del tempo: è lo shabbat degli shabbat, è la porta da dove può arrivare (o tornare) in ogni momento il Messia, è la finestra da dove guardare e vedere i cieli nuovi e la terra nuova.
Tra pochi giorni a Roma si aprirà il “Giubileo” che è stato sempre una grande occasione di scelte importanti e duraturi per la nostra storia. Se mi chiedessero oggi cosa sarà il prossimo giubileo direi che sarà l’anello di congiunzione del magistero di Francesco perché sarà un evento che proverà a rimettere al centro la dimensione della speranza, in un mondo dilaniato dalle guerre e in una società divisa tra tanti (troppi) mali. Sarà la saldatura tra due concetti “forti” del magistero di Francesco, la speranza e la misericordia. Come sappiamo fin dall’antichitànel primo Giubileo cattolico, nel 1300, per iniziativa di Bonifacio VIII - che succedeva sei anni dopo che Celestino V “inventasse” la Perdonanza - si celebravano momenti straordinari di riconciliazione, a riprova del bisogno profondo, in ogni epoca e cultura, di rinnovare la speranza attraverso la pace delle armi, degli interessi e dei cuori. In questi settecento anni il Giubileo è sempre stato una sfida spirituale e lo sarà anche questo che si apre a Roma tra 5 giorni in sintonia con i valori indicati da papa Francesco, come cura del creato e inclusione, solidarietà e sostenibilità, la ricerca dell’essenziale che per un cristiano avviene all’interno della sequela di Cristo e mima lo sguardo di Dio. Questo sguardo è sempre di misericordia e perdono. Il Giubileo è il momento di imparare ad assumere questo sguardo offrendo ripetutamente l’occasione di riavvicinarsi a chi non crede o a chi ha fatto del male con la pienezza del perdono. Temi cui il magistero ecclesiale di Francesco è giustamente sensibile.Il Giubileo rinnoverà la figliolanza con il romano Pontefice, che è il segno del primo apostolo, e partecipare sarà anche riaffermare la nostra fede in comunione con Pietro. Non è semplicemente un fare memoria, dal momento che il nostro cammino ecclesiale può avere fecondità soltanto nella sequela al magistero .
In questo contesto Papa Francesco ha recentemente rilanciato il forte appello per la remissione del debito estero dei paesi più poveri che Papa Giovanni Paolo II formulò alla vigilia del grande giubileo del 2000. Nella Bibbia il giubileo era anche e soprattutto una faccenda sociale ed economica. Ricorreva ogni 49 anni, ed era fondato sulla stupenda istituzione dello shabbat (“sabato”) e sull’anno sabbatico. Il giubileo riguardava il rapporto del popolo col suo Dio, ma nell’umanesimo biblico la fede in Dio è immediatamente etica, la religione diventa subito società ed economia, quindi debiti, terra, proprietà, giustizia: «In questo anno del Giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo» (Levitico 25,12). E si liberavano gli schiavi (Isaia 61,1-3a), una liberazione degli schiavi diventati tali per debiti non pagati.Allora non c’è richiesta giubilare più opportuna di quella di Giovanni Paolo II e Francesco, non c’è tempo (kairos) più propizio di oggi per farla. Ben sapendo che è quasi certo che nessuno la raccoglierà; ma sapendo ancora di più che la temperatura etica della civiltà umana cresce per le domande profetiche anche quando nessuno risponde. Il Giubileo non è utopia: è profezia. L’utopia è il non-luogo; la profezia è invece un “già” che indica un “non-ancora”, è un’alba di un giorno che deve ancora venire eppure è già iniziato. È Eskatonanticipato. Sono state le domande profetiche del non-ancora che hanno cambiato il mondo; perché queste domande diventano paletti infilati nella roccia della montagna dei diritti e delle libertà umane e dei poveri. E domani qualcun altro potrà usare quella domanda di ieri per issarsi e continuare la scalata verso un cielo più alto di giustizia.
Leo Nodari