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AcutisAntonio una notte si sveglia assetato. Prende dell’acqua ghiacciata, beve. Un capogiro, cade sbattendo la testa. Starà in ospedale cinque mesi, cercando di reimparare tutto quello che il suo cervello ha dimenticato. Ha 15 anni, è il 2008, piena ribellione adolescenziale, ma lì nel letto d’ospedale una sera prende il rosario in mano. Si addormenta così, e sogna: un ragazzo con una polo rossa gli dice di non temere, guarirà presto. Solo un sogno curioso, se non fosse che nel giro di un giorno riprende tutte le sue funzioni e viene dimesso. Chi sia quel ragazzo lo capirà solo un mese più tardi, quando per caso sui social legge di un certo Carlo Acutis.
Il ragazzo morto a Monza nel 2006 sarà proclamato santo domani 7 settembre 2025, in un atto che segna una svolta storica per la Chiesa e un messaggio per i giovani cristiani. La vita breve e intensa del ragazzo innamorato dell’Eucaristia (e appassionato di internet) continua a cambiare quella di tanti altri. Che seguono la sua strada. A lui era particolarmente devoto Papa Francesco che disse “ Carlo con il suo esempio aiuterà la nostra gioventù a lasciare emergere le energie belle della vita e a rapportarsi a Gesù come colui che ci consente di incontrare, in pienezza, la bellezza, la bontà e la verità di Dio stesso” .C’è qualcosa di profondamente contemporaneo nella storia di Carlo Acutis che va oltre il fatto che sarà il primo santo della generazione millennial. Nato nel 1991 e morto a Monza il 12 ottobre 2006, a soli quindici anni, Carlo ha vissuto una vita breve ma densa di significato che ha attraversato i primi anni del nuovo millennio e che sarà ora consacrata nella santità.
La sua storia è quella di un ragazzo normale che, per i credenti, ha fatto cose straordinarie usando gli strumenti del suo tempo. Quando i suoi coetanei scoprivano i primi social network e passavano ore sui videogiochi, Carlo programmava siti web per documentare i miracoli eucaristici e le apparizioni mariane. Non era un santo anacronistico che rifiutava la modernità, ma uno che l’ha abbracciata per trasformarla in strumento di evangelizzazione.
Domani 7 settembre 2025 Papa Leone lo canonizzerà insieme al beato Pier Giorgio Frassati, coronando un percorso iniziato con la beatificazione del 10 ottobre 2020. Due miracoli riconosciuti dalla Chiesa – la guarigione di un bambino brasiliano di sei anni e di una studentessa costaricana operata per trauma cranico – hanno aperto le porte alla santità a questo teenager che ha saputo coniugare fede profonda e passione tecnologica. Eppure la morte prematura è stato l’evento che ha proposto all’attenzione di molti la figura e la storia di un adolescente santo. Nessuno può immaginare che cosa sarebbe stato di Carlo se avesse vissuto a lungo. Forse molti altri ragazzi e ragazze di quell’età erano e sono santi, devoti, generosi. Ma Carlo è stato posto sul candelabro come una luce per tutti quelli che sono nella casa.
Non grandi imprese, non miracoli grandiosi, non dolorosi, prolungati giorni di malattia. Piuttosto c’è una attrattiva che percorre vie indefinibili eppure irresistibile. Si avverte in molti una ammirazione per Carlo che non è quella per un personaggio eminente, non quella per una specie di eroe fuori misura. Carlo, piuttosto, è un santo simpatico, come un amico che si incontra volentieri, come un compagno che sarebbe desiderabile avere in classe, un appassionato di montagna con cui sarebbe piacevole fare una camminata. La simpatia non è un sentire che si possa descrivere facilmente né artificiosamente costruire.
Ecco: un ragazzo simpatico che è santo. Una straordinaria popolarità. In un tempo relativamente breve la figura di Carlo è diventata straordinariamente popolare: anche in Paesi lontani si distribuiscono immaginette, si accolgono con entusiasmo reliquie, si attende la data del 7 settembre come un appuntamento atteso. Questa popolarità è, in un certo senso, sorprendente. Il vescovo di Assisi, sua eccellenza monsignor Domenico Sorrentino, che tanto ha fatto per favorire il culto di Carlo, continua ad essere stupito per il numero di pellegrini che visitano la Basilica della Spogliazione dove è onorata l’urna di Carlo. Con il suo limpido sorriso, con il suo gusto per la vita, con la sua navigazione in internet per esplorare conoscenze e miracoli eucaristici Carlo è una parola amica per quelli che vivono ora l’adolescenza. Gli adolescenti di oggi sono spesso descritti come un problema, come una tormentata infelicità o come una inaccessibile opacità, si parla delle loro paure e delle loro violenze, delle loro inconcludenze e delle loro lacrime. Insomma, si parla un gran male. Non dico che non ci siano buone ragioni per allarmi e rimproveri. Penso però che Carlo possa raggiungere i ragazzi e le ragazze di quindici anni con una parola amica, con una presenza rasserenante. Addirittura come un invito alla santità. A quindici anni, infatti si può essere santi. Nell’ottobre del 2006, Carlo Acutis fu colpito da una leucemia fulminante che lo portò alla morte in pochi giorni. La malattia stroncò progetti informatici, studi, quella normale quotidianità adolescenziale fatta di scuola e amici. La rapidità con cui la leucemia si sviluppò lasciò poco tempo per cure sperimentali o terapie alternative. I medici dell’Ospedale San Gerardo di Monza, dove fu ricoverato, si trovarono di fronte a un decorso implacabile che non lasciava spazio a illusioni. Ma quello che colpì di più il personale sanitario non fu la gravità della malattia, quanto la reazione del ragazzo. Carlo, secondo i racconti vivi e recenti del personale sanitario, affrontò la consapevolezza della morte imminente con una serenità che andava oltre la sua età. Non si trattava di rassegnazione o di negazione, ma di un’accettazione profonda che nasceva dalla sua fede. Continuò a pregare, a interessarsi del sito web sui miracoli eucaristici, a preoccuparsi per la famiglia e gli amici. Morì il 12 ottobre 2006, a soli quindici anni, lasciando dietro di sé la testimonianza di come si possa vivere e morire con dignità cristiana. I suoi genitori raccontano che negli ultimi giorni non smise mai di preoccuparsi per gli altri, trasformando la propria sofferenza in occasione di consolazione per chi gli stava vicino. Una lezione di umanità che precede qualsiasi valutazione sulla sua santità.
Leo Nodari