
Oggi è una giornata importante. La violenza sulle donne non è solo una grave violazione dei diritti umani. Non è solo una deturpazione della convivenza civile. E’ uno sfregio al Paese. Di fronte all’escalation di violenza “di genere” sono state messe in campo molte leggi, anche molto severe. Ma le leggi non bastano. come accade da anni, anche quest’anno il numero di donne uccise sarà da record. Davanti ai dati che leggo – che probabilmente sono solo la punta dell’iceberg – non basta più l’indignazione. Secondo i dati Istat, sono più di otto milioni le donne italiane che nel corso della propria vita hanno subito una forma di violenza o di abuso sessuale. Occorre una trasformazione culturale profonda. Occorre “attaccare” dal basso la cultura di sopraffazione e violenza, che si perpetua in forme tradizionali oppure metamorfiche e dissimulate. Occorre destrutturare la complicità fatte a volte di piccole cose, sguardi, parole, gesti, omertà, silenzi, che fanno i conti con i rigidi e arcaici modelli della solidarietà maschile machoman e della costruzione della mascolinità. Diciamolo, c’è tanta idiota indifferenza complice. C’è ancora chi sorride. Il significato della giornata contro la violenza alle donne ha anche questo significato, quello di spezzare il muro dell’omertà che spesso avvolge le vittime, creando una vera e propria gabbia di sofferenza. Occorre una costante, qualificata e duratura compagna di educazione al rispetto, ispirato all’articolo 3 della Costituzione, il ruolo che la scuola è fondamentale, è decisivo per contrastare violenze, discriminazioni e comportamenti aggressivi di ogni genere, che sono sempre più presenti nella società contemporanea, è alla base per l’educazione alla parità tra i sessi e contro la violenza sulle donne, per attivare momenti di riflessione, approfondimento, cambiamento. Altrimenti le lacrime versate saranno di coccodrillo e le parole dette solo retorica. Perché la violenza contro le donne non è un fenomeno di natura episodica, né emergenziale: è diventato un problema strutturale. Chi subisce una violenza deve essere in condizioni di poterla denunciare. È questo lo scopo di una giornata come questa. Perché il più forte alleato della violenza contro le donne è proprio il silenzio. Un silenzio che si nutre di pregiudizi. Bisogna poi chiedersi, a parte l’aspetto giuridico e penale, che è importantissimo, cosa fa lo Stato per proteggere le sue cittadine. E ancora: che cosa fa di concreto la società civile? In pratica, senza girarci attorno, cosa facciamo noi. E ancora: nelle scuole si fa abbastanza prevenzione contro questo fenomeno? Si educano maschi e femmine fin dalle elementari al rispetto reciproco? A non considerare il proprio partner come un possesso? E naturalmente anche i mass media possono svolgere un ruolo fondamentale contro i nostrani Don Rodrigo. Non si può più restare a guardare mentre ci dicono che, nel mondo, una donna su tre sopra i 15 anni, nel corso della propria esistenza subisce una qualche forma di violenza. A casa, a scuola, in ufficio o per strada le donne sono oramai il capro espiatorio che serve a misurare un potere impotente nella più brutale delle forme: che sia stupro, mobbing, presa in giro o pressione psicologica, la donna paga il dazio di un fardello culturale dalle origini ancestrali. Sono madri, figlie, sorelle, amiche, fidanzate, simbolo di una violenza infinita. Le donne subiscono minacce, sono spintonate o strattonate , sono oggetto di schiaffi, calci, pugni Dire basta alla violenza di genere è un dovere morale, civile e umano. Per questo è importante che il 25 novembre - giorno simbolo di uno stop - duri tutto l'anno. Con un impegno educativo costante e coerente che non può fermarsi alla mezzanotte, come la festa di Cenerentola. E’ importante ricordare Nina, Chieti, 39 anni, violentata e uccisa a pugni da chi diceva di non volerla perdere; Antonella, Pescara, violentata per 6 anni, da quando aveva 12 anni; Maria, Pescara 44 anni, stuprata e uccisa nel tunnel della stazione, alle 19 di un giorno qualunque, tra gente che passava indifferente, e auto che accelleravano; Pina, Teramo 29 anni, violentata nel parcheggio San Gabriele; Giovanna, Sant’Omero, 53 anni, vittima di uno stalker nel parcheggio di un Ospedale . Ma la battaglia culturale deve valere per ogni donna. E questo non sempre accade. Ci accendiamo, giustamente, come un fiammifero, se toccano una nostra conoscente . Ma dura poco. Ci armiamo fino ai denti se sfiorano una nostra conterranea. Bene. Molto bene. Ma dura un giorno. Invece è importante un impegno contro l’indifferenza. Solo così potremo iniziare quella vera rivoluzione culturale, essenziale per fermare lo scempio. Questo scempio.
Leo Nodari

