Il concetto di “fede” o di “religione” in Giappone, è così semplice da risultare, per un occidentale battezzato cristiano, quasi incomprensibile.
Tanto per cominciare, perché qui non c’è una religione “dominante”, perché i giapponesi sono al 75% shintoisti e al 45% buddisti.
No, non mi sono sbagliato, lo so che c’è qualcosa che non torna, ma invece quelle percentuali sono giuste.
Lo shintoismo, infatti, non vieta ai propri seguaci di credere anche in altre divinità.
Anche se, come in questo caso, mi risulta difficile comprendere come si possano coniugare le preghiere di chi adora i kami (divinità ), con quelle di chi adora le persone che raggiungono il nirvana, né come possa uno shintoista, che crede nel Mondo creato da Inazami e Inazagi, accettare il Mondo senza creatore dei buddisti.
L’avevo detto che per un occidentale, cristiano, non sarebbe stato facile capire, no?
E ve la complico ancora un po’ di più.
Nella cultura shintoista, tutto ha un’anima.
Gli oggetti no, naturalmente, ma questo non consente a chi un’anima ce l’ha, di maltrattarli o umiliarli.
Sembra contorto, lo so, perché la prima obiezione che viene da sollevare, è quella legata al “valore” dell’anima, perché se si accetta di “non umiliare” un oggetto, quell’oggetto assume giocoforza una “dignità” che lo umanizza al punto da consegnargli un’anima.
Ma gli oggetti non hanno anima… quindi, come si risolve?
Con un concetto che solo la filosofia orientale poteva concepire: l’anima inanimata.
Non minore, né inferiore.
Solo diversa.
Ma meritevole della dignità del rispetto.
Tutto questo, quando ho scattato la foto al primo tombino “lavorato” non lo sapevo.
Per me era solo un tombino, bello certo, ma pur sempre un tombino, il coperchio di una fogna, in mezzo ad una strada.
Poi ne ho visto un altro, poi un altro ancora, colorato addirittura.
Ho cominciato a chiedere, scoprendo che qui i tombini non sono “coperchi di fogna in mezzo alla strada”, perché le strade non solo solo strade e le fogne non sono solo fogne.
Sono oggetti, quindi anime inanimate del mondo nel quale vivono le anime animate.
Meritano rispetto, e colore
Il senso del rispetto delle cose, così profondamente radicato nella cultura nipponica, spiega anche la qualità degli asfalti, la manutenzione dei marciapiedi, la geometrica compostezza dei giardini (e mi riferisco a quelli pubblici, perché quelli dei templi sembrano dipinti, tanto sono perfetti.
E i tombini, appunto
Ogni Comune, in pratica, ha il diritto di realizzare i propri tombini come crede, col disegno che vuole, il tema che sceglie e i colori che ritiene più giusti. Spesso sono utilizzati anche per diffondere il valore di un evento locale, o magari per sottolineare una caratteristica di quella popolazione.
In fondo, succede così anche in Italia, no?
Anche da noi, si sa, si usa affidare alla strada il messaggio del valore della propria amministrazione.
Così
Non serve che vi dica che città è… vero?
ADAMO SAN