Eraldo Affinati è nato a Roma nel 1956. Tra i suoi ultimi libri: La Città dei Ragazzi (Mondadori 2008), Berlin (Rizzoli, 2009), Peregrin d’amore. Sotto il cielo degli scrittori d’Italia (Mondadori, 2010), L’11 settembre di Eddy il ribelle (Gallucci, 2011), Elogio del ripetente (Mondadori, 2013), Vita di vita (Mondadori, 2014).
Ha curato l’edizione completa delle opere di Mario Rigoni Stern, Storie dall’Altipiano, nei Meridiani Mondadori (2003). È autore, insieme alla moglie Anna Luce Lenzi, di Italiani anche noi. Corso di italiano per stranieri. Il libro della scuola Penny Wirton .
Gli abbiamo rivolto alcune domande
Ha pubblicato, da poco, con la casa editrice Mondadori: "Via dalla pazza classe. Educare per vivere".
Può dirci che cosa significa per lei educare?
“Educare significa credere nel futuro: quello incarnato dai nostri ragazzi, a loro stessi ignoto. Il vero maestro dovrebbe scoprire le strade che i suoi alunni percorreranno. Indicare la via ai bambini e agli adolescenti vuol dire accendere i fuochi che dovranno riscaldarli e entusiasmarli. Ma per comunicare la passione del sapere e il brivido della scoperta, dobbiamo a nostra volta aver sofferto, altrimenti non riusciremo mai a consegnare il testimone. Il vero educatore è un uomo ferito, una donna generosa e caparbia, sempre in bilico fra la tradizione e l’avvenire: si tratta di un individuo speciale, esperto di finitudine e proprio per questo pronto a contrastare l’indifferenza e l’ignoranza.”
Ha scritto e pubblicato molti libri. Ma che cos'è per lei la parola?
“La parola dà valore all’esperienza. Se non ci fosse il linguaggio, la vita non avrebbe senso. E’ questo lo statuto della letteratura. Vale anche per Mohamed che, per capire ciò che ha passato, deve saperlo raccontare innanzitutto a se stesso. Mettergli vicino un coetaneo italiano, come facciamo alla Penny Wirton, pronto a guidarlo in questo lavoro che non può essere solo grammaticale, significa muovere la Grande Macchina dell’esistenza. Siamo tutti legati gli uni con gli altri da nessi e rapporti spesso invisibili eppure fortissimi, più di quanto crediamo.”
Lettura e scrittura sono momenti di un unico percorso?
“Dovrebbero esserlo. Chi scrive deve aver letto. Non necessariamente tanto, l’importante è che lo abbia fatto con cognizione di causa. Cioè non per semplice trastullo, ma nel tentativo di capire qualcosa di se stesso e degli altri.”
Con sua moglie Anna Luce Lenzi ha fondato la scuola “Penny Wirton”. Perché è nata questa scuola?
“Tecnicamente è nata undici anni fa per insegnare la lingua italiana agli immigrati: uno a uno, senza classi, senza burocrazie. Nel nome di Silvio D’Arzo, alias Ezio Comparoni, che durante la seconda guerra mondiale trovò rifugio presso alcuni contadini nei pressi di Francavilla a Mare. Ma oggi io sono il primo a non potermi accontentare di questa risposta. Insieme a mia moglie, Anna Luce Lenzi, nel tempo abbiamo visto crescere il numero dei volontari e la loro volontà partecipativa in un Paese che andava in un’altra direzione. Questo nuotare controcorrente ci aiuta a dare forza ai sorrisi per superare le avversità. In Abruzzo le Penny sono presenti a Lanciano e a Pescara. Sempre grazie agli incontri che stiamo facendo: nel mio libro ne ho raccontati alcuni”.
Anna Brandiferro