Donatella Di Pietrantonio vive a Penne, in Abruzzo, dove esercita la professione di dentista pediatrico. Ha esordito con il romanzo Mia madre è un fiume (Elliot 2011, Premio Tropea). Per Einaudi ha pubblicato L'Arminuta ,vincitore del Premio Campiello 2017 e Bella mia, con cui ha partecipato al Premio Strega 2014 e ha vinto il Premio Brancati e il Premio Vittoriano Esposito Città di Celano.
Iniziamo da “Pasquale, squaletto solidale” la favola che lei ha donato al Co.Re.Com Abruzzo che affronta il tema del bullismo. Come è nata l’idea?
Questa idea non è nata per il bullismo o per il Co.Re.Com. Questa è una delle favole che avevo scritto per mio figlio quando era bambino, per cui una cosa molto privata, intima diciamo. Poi quando il Co.Re.Com mi ha chiesto qualcosa per le scuole l’ho messa a disposizione. Tutto qui ma non aveva, in origine, nessun intento didattico.
La lingua è una materia da plasmare e reinventare?
Credo di sì altrimenti tutti gli scrittori userebbero una lingua nazionale, standard. E invece il bello del lavoro della scrittura, oltre il contenuto, è proprio quello di modellare la lingua, così come lo scultore modella la creta. Il materiale che ha a disposizione un autore è proprio la lingua, quindi è lì che diventa originale e personale la scrittura, proprio in questo lavoro.
Che rapporto ha con i personaggi dei suoi libri?
Il rapporto con i personaggi, per quanto mi riguarda, è molto intenso e molto stretto, tanto che alla fine della stesura di un libro mi resta anche difficile separarmi, si crea un legame profondo emotivo, una vera e propria relazione con i personaggi.
Tutto quel rileggere, ritoccare, rivedere, cambiare, alla fine è semplicemente una resistenza a consegnare il romanzo e quindi a separarsi dai personaggi.
Che cos’è per lei la creatività?
La creatività è qualsiasi cosa ci faccia stare bene, qualsiasi modalità di espressione di noi stessi. Ognuno poi trova quella modalità che gli è più congeniale, la pittura, la scrittura. Io, ad esempio, invidio moltissimo le persone che sanno preparare buoni dolci. Non sostengo assolutamente la superiorità di una forma di espressione artistica su altre, per me tutto quello che serve a rappresentare le nostre parti interiori, anche nascoste, è benvenuto.
Lei ha detto: “La scrittura è forse il tradimento più grande rispetto al mondo contadino che mi ha generato”
Sì, perché ovviamente in un piccolo ambiente rurale degli anni sessanta e settanta la scrittura era quanto più lontano si potesse immaginare, era qualcosa di estraneo ma anche di inutile.Tutto quello che era considerato utile era il lavoro della terra, oppure per le donne il lavoro casalingo, era veramente una stranezza la scrittura ma lo sarebbe stata anche la pittura, qualsiasi forma artistica.
Quanto lavoro c’è dietro le sue pagine?
Molto lavoro, molta sofferenza, molte revisioni. Sembra scorrevole, semplice, scarno lo stile ma dietro c’è tanto tanto lavoro.
Ispirazione abruzzese nei suoi libri
Il legame con il territorio è molto stretto, molto forte. Me ne accorgo soprattutto quando sono lontana perché magari quando sono qui mi arrabbio anche,a volte, sento veramente l’ambivalenza tra odio e amore per il territorio. Mi arrabbio per quello che non sappiamo fare per come non sappiamo valorizzare questa terra bellissima. Poi, quando sono via, mi viene naturale trasmettere l’amore per questa terra, per questo paesaggio così vario che nel giro di poche decine di chilometri ti fa passare dalla montagna alle colline, al mare. Ecco per esempio, di recente, in una presentazione all’Istituto Italiano di Cultura di Amburgo, è stata propria dominata dal racconto dell’Abruzzo perché c’erano persone che non sapevano dove fosse e come fosse e quindi, io ho preso decine di minuti per raccontare l’Abruzzo. Ero molto contenta di vedere, alla fine, queste persone affascinate, interessate, incuriosite, felici, qualcuno diceva “dobbiamo venire a visitarlo”, questo veramente mi rendeva felice.
Continua il viaggio dell’Arminuta?
Sì continua il viaggio dell’Arminuta. Sto cercando di fermarmi in Italia perché vorrei scrivere un altro libro e ho bisogno di ritirarmi e di concentrarmi. Vado all’estero quando escono le traduzioni, cerco di accompagnare l’Arminuta oltre confine, è giusto per soddisfare le curiosità dei lettori stranieri. L’Arminuta è stata tradotta in 23 lingue, le più diverse. Sono stata poco tempo fa in Turchia, sta uscendo in Cina, ho rinunciato al viaggio perché erano pochi giorni e sarebbe stato troppo impegnativo, ma andrò in Francia, in Svezia, in Brasile, in Scozia.
Insomma… l’Arminuta ha ancora voglia di viaggiare.
Anna Brandiferro