Giordano Bruno Guerri è giornalista e storico italiano. Ha diretto “Storia illustrata”, “Chorus”, e “L’indipendente, è stato direttore editoriale dell’Arnoldo mondatori Editore, autore e conduttore di trasmissioni televisive, presidente della “Fondazione “ Il Vittoriale degli italiani”.
Presidente, nel 2019 si festeggia il centenario dell’ impresa di Fiume, come il Vittoriale ricorda questo evento?
Per l'Italia, l'esperienza di d'Annunzio e dei suoi legionari è stata per decenni un capitolo da nascondere: anche dopo la caduta del regime si credette al mito divulgato da Mussolini, che volle fare di quell'Impresa il capitolo iniziale del fascismo. Il Vittoriale è l'unico luogo della memoria dove il racconto di Fiume riuscì a essere preservato secondo le intenzioni del Poeta. Il principale scopo del Vittoriale, secondo lo statuto della Fondazione, è valorizzare, promuovere e diffondere l'opera di d'Annunzio. E quale opera merita di essere valorizzata e conosciuta più dell'Impresa di Fiume? Fu la sua ultima avventura prima di ritirarsi a vita privata a realizzare il "Libro di pietre vive" sul Garda. A Fiume d'Annunzio raccolse tutte le diverse stagioni della sua vita: fu comandante, ma anche poeta, scrittore, drammaturgo, seduttore, esteta, rivoluzionario. Il Centenario rappresenta un'occasione preziosa per dare all'Impresa fiumana la sua giusta collocazione storiografica. D'Annunzio andò a Fiume per evitare che quelle terre fossero assegnate alla Jugoslavia, ma dietro a quest'atto c'era molto altro. Non fu certamente un episodio di proto-fascismo o di nazionalismo, ma una rivoluzione che coinvolse la politica, la cultura, la società, il rapporto tra generazioni. D'Annunzio la presentò come una rivolta generazionale contro l'ordine costituito, costruendo una vera controsocietà sperimentale. Sognò una rivolta di tutti gli oppressi della terra, scrisse una costituzione rivoluzionaria e visse per cinquecento giorni circondato da giovani. E' un capitolo di storia inaspettato e sorprendente che non riguarda solo l'Italia, ma tutta la cultura occidentale. Per questo il Vittoriale, come centro studi umanistici e storici, intende affrontare il centenario da un punto di vista europeo e multiculturale. Gli stessi fiumani di oggi sono ansiosi di riscoprire la storia, a lungo negata, della loro città. Abbiamo già aperto il dialogo con le istituzioni di Fiume, oggi Rijeka, città croata e europea. Lo scorso giugno sono stato a Fiume in visita ufficiale (la prima volta, per un presidente del Vittoriale), e sono stato ricambiato a dicembre, quando l'assessore alla cultura Ivan Sarar ha inaugurato con me una mostra di francobolli fiumani. Abbiamo in programma altre iniziative condivise, tra cui un grande convegno internazionale cui parteciperanno studiosi italiani e croati. In programma altre iniziative, inaugurate da un film documentario dell'Istituto Luce e una grande mostra a Trieste.
Da poco più di un mese ha pubblicato Disobbedisco-cinquecento giorni di Rivoluzione-, 16 mesi vissuti da D’Annunzio a Fiume ricostruiti attraverso documenti inediti negli archivi del Vittoriale. Ci regala qualche curiosità?
Fino a oggi, pochi storici illuminati hanno saputo andare oltre la vulgata che vede l'Impresa come una semplice premessa del fascismo. Ho voluto ricostruirla risalendo alle fonti originarie: lettere private, articoli, rapporti, memoriali, diari. Un patrimonio di fonti in larga parte inedite custodito nell'Archivio Fiumano del Vittoriale. Mancava un libro che raccontasse l'Impresa di Fiume alla luce di questi documenti inediti e delle ultime ricerche. Ho lavorato a lungo intrecciando le vicende note con nuove fonti e piste di ricerca, che mi hanno permesso di gettare luce su molti angoli sconosciuti o non compresi dell'Impresa fiumana. Ma il mio obiettivo con questo libro non era solo dare un'esatta cronaca degli eventi. Intendevo indagare come si viveva e si pensava in una città governata per sedici mesi da un poeta. Ho intrecciato le vicende dei protagonisti e della politica internazionale con quelle dei cittadini, dei volontari, della gente comune. Attraverso i diari dei volontari e i documenti del tribunale militare emergono storie vive, come quella di un giovane che scappa di casa non appena sa dell'arrivo di d'Annunzio o del drammatico amore tra una giovane fiumana e un legionario: la loro piccola grande tragedia si consuma proprio nei giorni dell'assedio che
metterà fine all'Impresa. La grande storia è un grande mosaico fatto anche di storie semplici, che a volte raccontano i tempi meglio di quanto possano fare i carteggi o i documenti ufficiali. Le piccole storie ritornate alla luce sono appassionanti proprio perché intrecciate in una storia di per sé appassionante. L'Impresa fu una vera e propria epopea: curiosa, romantica, avventurosa, affascinante e piena di colpi di scena. Se altri paesi potessero vantarla nella loro storia, ne avrebbero ricavato film a volontà. Noi l'abbiamo seppellito sotto il tappeto. Spero che questo libro e la sua molteplicità di intrecci susciti l'attenzione di qualche produttore.
D’Annunzio rivoluzionò la figura dell’intellettuale facendo della sua vita un’opera d’arte, ha pensato bene, quindi, di scrivere “D’Annunzio e il piacere della moda” sempre con le foto di Lorenzo Capellini...
D'Annunzio è un uomo del Rinascimento nato nell'Europa moderna, che ha finito per intuire e, per molti versi, inventare, il mondo contemporaneo. Come letterato e politico, ha rotto schemi e convenzioni, e ha saputo imporre nuovi sogni ai suoi contemporanei. Agli albori della società di massa, aveva capito che anche per l'uomo occidentale la suggestione passa per l'emozione e l'immagine. Per d'Annunzio l'immagine è tutto. Non è semplice apparenza: è estetica, è linguaggio, è poetica che si traduce in forma. Lo stesso poeta amava annotare e saccheggiare simboli e forme del passato, rendendoli ancora più potenti. Il suo segreto risiedeva nel saper fondere costantemente la contemplazione dell'arte con la vita vissuta. D'Annunzio era fedele alle proprie passioni quanto infedele alle sue amanti, ma le ha tramutate tutte in componenti preziose della sua estetica e della sua arte. I carteggi intimi, gli abiti, gli oggetti sono una parte importante nella costruzione della sua opera, e dunque del nostro patrimonio letterario. Il libro realizzato con Lorenzo Capellini ha illuminato un profondo aspetto della rivoluzione dannunziana. Per d'Annunzio la moda rappresenta la fusione tra artigianato e contemplazione, tra forma e idea, tra la bellezza come creazione e come proiezione dell'assoluto. Per questo l'amava. Nella sua dimora allestì uno sterminato guardaroba femminile: camicie da notte, vestaglie di broccato, sottabiti, biancheria intima. "L'arte dell'abbigliamento sempre più risale verso la grande Linea" scrisse: "verso la classica semplicità". Al Vittoriale, nel museo "D'Annunzio segreto", sfolgorano abiti quasi fatati. "Io sono fabbricante di camicie magiche" scrisse a un'amante. Ogni donna che passava dalla sua stanza - anche solo per una notte - doveva essere trasfigurata. Trasformava nobildonne e prostitute in donne moderne e disinibite, consapevoli e raffinate, sfidando la storia e le convenzioni. Le donne erano liberate dal tormento dei busti, delle stecche di balena, delle stringhe, degli stivaletti severi. Esibivano finalmente le gambe, indossando abiti corti e ondeggianti. L'estetica dannunziana dimostrò che il corpo femminile può essere malizioso, sensuale e misterioso anche senza trucchi e imbottiture. Lorenzo Capellini è stato il compagno di ricerca ideale. Quando abbiamo deciso di far rivivere le vesti conservate al Vittoriale facendole indossare a modelle contemporanee, ha studiato minuziosamente ogni dettaglio di questa resurrezione. Nelle sue immagini, l'anima dannunziana si manifesta dappertutto: nella scelta dei soggetti, nella composizione, nell'ambientazione, nei cromatismi e nelle luci. L'impresa di comprendere il più intimo aspetto dell'arte di d'Annunzio non poteva che essere raccolta da un grande fotografo, ma soprattutto da un uomo che ama e conosce le donne, d'Annunzio e il Vittoriale.
Presidente, ha sempre lo stesso entusiasmo ad organizzare la vita del Vittoriale.
A lei cosa sembra?
Anna Brandiferro