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Delgiux
Antonio del Giudice 
“finissima penna… ha consegnato alla nostra memoria collettiva, al nostro immaginario collettivo, una bella narrazione” : “Il ragazzo che rubava le parole”, la storia di Andrea alla scoperta della vita, ma anche il racconto dell’Italia dopo il ventennio fascista e dopo la seconda guerra mondiale.

Il libro sarà presentato a Teramo, nel mese di settembre, nel corso della manifestazione “Teramo natura indomita”.

Il ragazzo che rubava le parole” (Castelvecchi editore) è  la storia di Andrea un ragazzo povero nato nel dopoguerra che dal sud va a Milano . Lei ha detto “Andrea ruba le parole per arricchire non solo la sua memoria,  il suo linguaggio ma anche la sua consapevolezza del mondo, come era stato e come stava diventando.” Può spiegarci?


Il rubare le parole di Andrea è una necessità. Nel desiderio di sapere del ragazzo c'è la scelta di non accontentarsi, che è una scelta di vita, una scelta di libertà che guarda lontano. Milano è un simbolo che diventa una realtà.

Andrea  nasce ad Andria, la sua città... Perché ha scelto questo luogo, che significato ha per lei?

La scelta del luogo coincide con pezzi di vita che Andrea, come l'autore del romanzo, ha conosciuto dalla prima infanzia. L'idea di famiglia, di politica, di religione, di progresso e di fuga sono le stesse. Andrea impara e suggerisce all'autore, che porterà con sé il piccolo Andrea per tutta la vita.

Il suo libro descrive un contesto locale( la Puglia), ma  può essere definito anche un romanzo di formazione?

Il contesto locale, la Puglia, non esaurisce la voglia di sapere di Andrea. Ci sono i racconti del nonno, legati alla terra, ma anche quelli del padre, dello zio Nino, di don Salvatore, di Nicola Losappio, del filosofo e del teologo che spaziano dalla Sicilia all'Africa, dall'India all'Albania, da Bari a Milano. Questo è il filo che dà all'insieme il ruolo di formazione.

Questo libro profuma di buono e di valori veri a cui dovremmo ritornare”. Che ne pensa? 

Valori che dovrebbero ritornare, non saprei. Valori che hanno segnato un tempo e una generazione di ragazzi oggi settantenni, questo sì. E anche valori che valgono per il nostro tempo, se sappiamo riconoscerli.

Quanto di giornalista è rimasto dell'autore del romanzo? 

Direi la curiosità e la scrittura.

Antonio Del Giudice (1949), pugliese di Andria, giornalista a Bari, a Roma, a Milano, a Palermo, a Mantova, a Pescara. Ha lavorato a “La Repubblica” e in molte altre testate. Ha cominciato alla “Gazzetta del Mezzogiorno”, poi “Paese sera”, “l’Ora”, “L’Unità”, “La Gazzetta di Mantova”. Direttore del “Centro” per undici anni.Vive a Pescara.Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 pubblicaLa Pasqua bassa , un romanzo che racconta la nostra terra e la vita dei contadini nel secondo dopoguerra. Il suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò è del 2014 (poi monologo teatrale). Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (2017), racconti del popolo (2019), Al tempo del Coronavirus (2020).