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PascalexLa scorsa settimana a Castelbasso Antonio Pascale, accompagnato dal percussionista Pino Petraccia, ha presentato un reading tratto dal suo libro “La foglia di fico”( ed. Einaudi) la storia del mondo e dei sentimenti “attraverso le piante, del come e perché parlano e di chi siamo e di cosa potremmo essere”.

Come ogni anno l’incontro è stato curato dal FLA(Festival di libri e Altrecose) di Pescara.

Il suo libro “La foglia di fico-storie di alberi, donne, uomini” è finalista al 60 Premio Campiello. Che ne pensa?

Guardail Premio mi piace perché a differenza di tanti altri premi, quelli della giuria tecnica esprimono la propria preferenzapubblicamente. In un paese dove tutto è misterioso, trame occulte, dove non si capisce se una cosa è stata apprezzata o meno il fatto stesso di dire “ho amato un libro o non l’ho amato”, ecco mi fa piacere, già questo mi fa piacere. Se lo vinco sono supercontentose  lo perderò non sarò così contento.

La foglia di fico” è la storia di alberi, donne, uomini, storie intrecciate tra loro, dettagli intimi uniti a nozioni scientifiche

Ci sono ricordi personali che poi sono anche collettivi, non sono soltanto i miei ricordi,ma di tutti.

Racconto anche un po’ le piante perché contengono dei simboli che i nostri poeti escrittorigli hanno attribuito perché in realtà volevano raccontare noi, le storie, le mitologie sulle piante raccontano noi stessi. Guardando attentamente una pianta, alla fine guardiamo attentamente anche noi stessi. 

In questo è il parallelismo che dà origine al libro.

Copepasca

Perché La foglia di fico”?

Nel Paradiso terrestre abbiamo peccato di eccessiva conoscenza e siamo stati puniti per questo. Ci siamo trovati vergognosi,miseri, nudi, con il desiderio di coprirci edi tornare in questo giardinofatato e bellissimo dove non si muore mai. Questo aspetto mi interessa meno, quello che mi interessa invece è la nudità, la fragilità, l’unica cosa che ci rende umani è l’ambizione di conoscere, quindi è un elogio alla conoscenza. 

Usare la foglia di fico non per coprirsi ma per smascherare le fragilità, la conoscenza è necessaria per superare le fragilità.

Le piante scelte sono quelle a cui lei tiene di più: pini, faggi,campi di grano

Sono piante di interesse comune che tutti conoscono: il pino, il grano, il tiglio, la quercia, ci sono simboli interessanti di cui non siamo a conoscenza 

Raccontare il grano significa raccontare la storia dell’umanità, siamo fortemente legati al grano, senzla coltivazione del grano non saremo qui,saremo nelle foreste e nei boschi e vivremo un’altra vita. 

Il tiglio racconta l’ombra e l’ombra è un modo più preciso per vedere la luce, il rifugio dentro il quale possiamo vedere la luce.Senza ombra la  luce non la vedi. 

Il pino è il simbolo dell’immortalità, il tempo. Noi attribuiamo alla nostra volontà i cambiamenti, le possibilità, le avventure,le storie, ma la nostra volontà è poca cosa, quello che davvero ci cambia è il tempo. Il tempo cambia il corpo, con il corpo cambiano i desideri, si modifica il punto di vista. 

Questo libro è anche il tentativo di raccontare il tempo e il caos cioè le cose che non controlliamo, che invecediciamo di controllare.

Le illustrazioni?

Sono di Stefano Faravelli, grandissimo pittore, coinvolto sul nascere nel progetto, è un artistache ha letto i racconti e ha dato la sua interpretazione. Stefano è un altro protagonista del mio libroperché ha raccontato questi alberi.

Lei ha scritto: “Negli anni ho cominciato a pensare che qualunque strada si possa intraprendere per la felicità, questa debba necessariamente passare per una pineta. Una pineta da attraversare e un mare da raggiungere…”

In realtà è una parafrasi di Leopardi che ha detto che la felicità è nell’attesa,  nel procrastinare , non nel vivere, la sera del dì di festa è felice non la domenica.Passeggiare verso il mare e attraversare una pineta dàuna sensazione di un’attesa di qualcosa di bello, dei momenti di felicità, almeno per me, l’idea della felicità è mirare a procrastinare così si allunga anche il tempo.

Lei è ispettore nel Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.Quanto c’è del suo lavoronel libro?

C’è tanto, non riesco mai a separare o afare delle percentuali. Tutto lo sguardo che c’è nel libro è uno sguardo che mi appartiene, una certa idea di pessimismo,un modo di indagare il mondo,sono  tutte cose che mi appartengono. Il lavoro che faccio vedo piante, situazioni particolari occupandomi dicalamità naturali, tutto rientra nel mio immaginario e nella mia poetica. Attraverso questo sguardo si costruiscono i personaggi che poi si allontananodall’autore, nei personaggi del libro ci sono alter ego, ci sono ricordi dell’Università, distudio. Mi serviva un personaggioche potesse essere, rappresentare “la competenza” in un settore, io leggo ma non sono competente, non studio le piante,faccio altro. Il personaggio di Antonino mi serviva per raccontare quel mondo della botanica che mi affascina ma di cui non so tantissimo.  

Antonio Pascale è nato a Napoli, lavora a Roma. Ha pubblicato:La città distratta,Ritorno alla città distratta, La manutenzione degli affetti, Passa la bellezza, Scienza e sentimento, Le attenuanti sentimentali, Le aggravanti sentimentali.

Collabora con “Il Mattino”, “Il Foglio”per cui dirige il bisettimanale di agricoltura “Agrifoglio”, “Rivista Studio”, “Link. Idee per la tv”, “Mind”, “Le Scienze”.Si occupa di divulgazione scientifica.

ANNA BRANDIFERRO