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Come può essere accostato Gadda a Zerocalcare? Leopardi al protagonista di una serie TV come True Detective? Cosa c’entra la letteratura italiana con le serie TV?
Il prof. Gian Mario Anselmi ha spiegato questo rapporto tra le due forme artistiche “apparentemente distanti”, agli alunni del Liceo Saffo di Roseto, “Melchiorre Delfico” e “G. Milli” di Teramo.
L’incontro si è svolto nella Sala Polifunzionale della Provincia, ha moderato la prof.ssa Dalila Curiazi.

Lei ha pubblicato “White Mirror. Le serie TV nello specchio della letteratura”. Ne parliamo?

Oggi un fenomeno dirompente è la diffusione delle serie tv fatte di lunghe narrazioni che appassionano il pubblico di tutti i paesi. Ho parlato di specchio della letteratura perché sono ispirate spesso a tutta una lunga tradizione letteraria, quello che conta in questa serie tv non è solo la narrazione, l’azione ma anche la capacità di scrittura delle parti, la sceneggiatura. Oggi gli sceneggiatori devono essere buoni scrittori, avere consuetudine con i classici, la letteratura è fondamentale, non è altra cosa rispetto a questo fenomeno narrativo. La narrazione letteraria è consustanziale alla narrazione di queste nuove forme narrative seriali.

Narrazione come forma di libertà…

Questa è una cosa molto importante. Si pensa, lo si diceva anche per i romanzi una volta, a una sorta di hobby o evasione ma non è così. Noi leggiamo perché abbiamo passione, l’arte di narrare attraverso l’immaginazione è connaturata all’uomo, è esercizio di libertà. Liberare le nostre fantasie più profonde, essere in grado di sognare mondi nuovi, non per evasione ma per respingere quell’atmosfera opprimente che a volte ci circonda, liberare le nostre capacità di fantasia che sono decisive per sopravvivere nel mondo. Quindi non è un divertimento ma è qualcosa di più profondo, non a caso questa nuova modalità di narrazione televisiva lunga a puntate “prende”, si sente l’esigenza di liberare energie che sono dentro e che a volte non sono così evidenti.

Lei ha parlato di “gioco della letteratura”. Perché?

Dico gioco perché, nel linguaggio comune, abbiniamo la parola gioco ai bambini che vogliono sentirsi raccontare delle storie, anche sempre le stesse e con lo stesso finale e questa natura di appassionati di storia ci rimane anche da adulti. Anche noi rivediamo le stesse scene che ci sono piaciute, un famoso storico olandese Huizing ha parlato dell’uomo che ha necessità del gioco e di ansia di libertà, Calvino avrebbe detto leggerezza.
Come è essenziale per un bambino giocare, così è per noi quando leggiamo un romanzo o vediamo una serie tv, ci immergiamo in quell’atmosfera, siamo catturati da quel gioco ,affascinati dalla storia. Se il narratore non è abile il gioco non ci piace più, esattamente come un bambino che se non gli piace il gioco lo lascia stare. Quindi, è rimasto questo nucleo di essere affascinati dalla storia.

Due collegamenti: La Divina Commedia con l’immaginario horror e poi…Gadda con Zerocalcare

Molti spunti vengono presi da certi scenari d’incubo e di terrore che Dante descrive benissimo, scene di horror che neanche il miglior regista saprebbe riprodurre. L’Inferno dantesco ha il senso della colpa, ha influenzato moltissimo gli scrittori nel mondo anglosassone, ultimamente anche nel mondo asiatico sud-coreano…
Per quanto riguarda il nesso, un po’ ardito, tra Gadda, e Zerocalcare è perché nei suoi graphic novel usa un gergo romanesco molto simpatico e disinvolto , un “narrato continuo” come quello che Gadda usa in quel “Pasticciaccio brutto…”. Considero Zerocalcare una persona colta, quindi è possibile che sia stato influenzato in quel suo parlato continuo da quel modello letterario di Gadda

Obiettivo del suo libro

In ultima istanza, essendo un professore di letteratura italiana, occupandomi di testi letterari, è far vedere che la letteratura italiana è importante e non è marginale. Stanno uscendo tanti romanzi e nuove forme letterarie e, come ho spiegato nel mio libro, la letteratura entra “massiciamente” in queste nuove forme narrative. Senza certi modelli letterari non ci sarebbero queste forme narrative di livello. Una sorta di difesa forte della letteratura, pur essendo appassionato… di serie televisive!

Gian Mario Anselmi è professore dell’Alma Mater Università di Bologna, dove è stato ordinario di Letteratura Italiana e Letteratura Italiana medievale. Si è occupato soprattutto di Umanesimo e Rinascimento e di Illuminismo. Da tempo si dedica allo studio delle forme contemporanee dell’immaginario. Fra i suoi volumi ricordiamo: L’immaginario e la ragione(2017), L’approdo della letteratura(2018), I passaggi e la cronologia ragionata della letteratura italiana(2021)

ANNA BRANDIFERRO

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