A Civitella del Tronto il Premio Nazionale di Poesia “Oreste Pelagatti” 2025, ha conferito il Premio Speciale alla poetessa Widad Nabi per il suo libro “Un continente chiamato corpo e altre poesie” (Di Felice edizioni). Leandro Di Donato , componente della giuria del premio, ha dialogato con l’autrice eha definito la sua poesia “ potenza e furore, fuoco e grazia. Poesia che si fa corpo, che accoglie le voci prigioniere, spaurite, strozzate, le proteggee le ascolta.. ne fa voce della sua voce…la sua è anche una potente poesia politica… racconto corale.”
Abbiamo rivolto alcune domande a Widad, ha tradotto per noi le sue risposte dall’araboil prof. Simone Sibilio docente di Lingua e Letteratura araba alla Ca’ Foscari di Venezia.
Lei ha detto"la poesia è la mia patria". Perché?
Quando il paese in cui sei nato è un luogo pieno di cicatrici, di conflitti settari, di guerre e di durezza, tu ne fuggi. E quando le persone di cui ti fidavi e a cui avevi donato l’intimità della tua anima ti abbandonano, esse diventano per te l’esilio. Ma la poesia non commette tutti questi tradimenti: non ti chiede prove di lealtà o di appartenenza, non ti domanda quale sia la tua identità. La poesia ti dona amore senza condizioni e serenità senza contropartita. Per questo è la mia patria e il mio rifugio, che scelgo ogni volta senza esitazione.
Quando ha cominciato a scrivere poesie?
Ho iniziato a scrivere poesie durante l’infanzia, forse avevo 13 anni, non ricordo esattamente la data, ma cercavo di imitare i poeti famosi che leggevo. Cercavo di possedere la magia che possedevano loro: la forza del linguaggio.
Nelle sue poesie è spesso presente il tema della maternità. Cosa è per lei la maternità?
La maternità, come qualsiasi altra idea, ha i suoi molteplici e diversi aspetti: ci sono lati luminosi e altri oscuri. In questa nuova esperienza c’è ciò che suscita gioia e c’è ciò che ti fa rimpiangere la tua libertà e il tuo vecchio io, prima di diventare madre. Per me la maternità è un’esperienza problematica, difficile, piacevole e bella, che richiede molto coraggio. A volte mi mette di fronte a sentimenti strani che non comprendo, perciò cerco di scriverne per capire me stessa e la mia maternità, lontano dagli stereotipi della società e dai ruoli prestabiliti per noi donne e madri.
Come ricorda Kobane, quali immagini ha del suo paese?
Ricordo Kobane come Aleppo e la Siria… con sentimenti pieni di tristezza, dolore, rabbia e nostalgia… Tutto ciò che sta accadendo nel mio paese dopo la caduta del regime di Asad è la consacrazione di un’immagine sanguinaria e crudele. Il paese che vedo nei miei sogni è fatto di luoghi e vicoli in cui correvo durante la mia infanzia o all’inizio della mia giovinezza, spinta dall’amore e dalla gioia… Ho conosciuto lì i primi significati della ferita, dell’identità e della scoperta di sé. Ma il paese reale, quello presente, è teatro di massacri ogni giorno ed è un campo di odio e di regolamenti di conti tra stati.
A Berlino, dove vive dal 2015, è felice?
Non so se sono felice o no. La felicità è un concetto relativo, non è legata solo al luogo, ma posso dire:amo la mia vita a Berlino, ne sono soddisfatta e mi sento serena perché ho creato a Berlino la mia piccola bolla in cui mi sento al sicuro. E questa sensazione è molto importante.
Il titolo del suo libro di poesie è "Un continente chiamato corpo", che rapporto c'è tra il continente e il corpo?
Ogni lettore può interpretare quella relazione basandosi sulle proprie esperienze personali e sulla sua visione della vita e del corpo. La mia visione personale è femminista, con una dimensione intima, spaziale e politica, ma preferisco che il lettore interpreti quella relazione secondo la propria lettura. Perciò, questo titolo può avere diversi livelli di relazioni e spiegazioni.
ANNA BRANDIFERRO
Widad Nabi è nata nel 1985a Kobane e cresciuta ad Aleppo, è una poetessa siriana curda. Durante la guerra civile siriana si è unita ai gruppi di opposizione al regime di Bashar al-Asad e nel 2015 è dovuta fuggire in Europa via mare e via terra, ottenendo asilo politico in Germania. Vive a Berlino. Le sue poesie sono tradotte in tedesco, inglese, francese, turco, italiano e spagnolo. Autrice di diverse raccolte in lingua araba e tedesca: Mezzogiorno d’amore, mezzogiorno di guerra (Aleppo 2013) , La morte come fosse un rottame (Damasco 2016), Fratture invisibili (Brema 2021).