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gattobleSpiegatecelo. Per favore, spiegatecelo. Che sta a fà Ginoble? Lo chiediamo così, quasi in dialetto, perché davvero abbiamo grandi difficoltà nell’intuire quali siano i desiderata politici di un uomo che, con una carriera andata forse anche oltre le sue stesse aspettative, adesso ha deciso di votarsi alla distruzione. Sua e del suo partito. Davvero, non si riesce a capire perché un uomo che dalla politica ha avuto molto, ma proprio molto, adesso non comprenda quale sia il suo ruolo, ovvero quello di doversi fare da parte per lasciare il posto. Fare da mentore, se se la sente, magari aiutando i giovani a crescere, non mortificarne le aspettative solo per poter mostrare di avere ancora un peso politico. Il “cupio dissolvi” con il quale Tommaso Ginoble ha stretto l’intesa con Gatti, e che ha consegnato al centrodestra la Provincia prima di regalarci la gattopardesca pantomima del Ruzzo, nel quale si è cambiato tutto per non cambiare niente (neanche le facce) solo per mostrare i muscoli, è il segno più che evidente di quale sia il limite antico della politica nostrana: una spaventosa mancanza di cultura. Di cultura politica, intendiamo. Il destino di chi fa politica non è il potere, ma il fare per la collettività, l’agire per il bene comune, non l’impegnarsi in trasversalismi paradossali solo per avere un riflesso di potere. Perché se tutto intorno crolla, quel riflesso è solo una luce in uno specchio. E non serve a nulla. Qualcuno dovrebbe spiegare a Ginoble, che mentre lui si impegna nel sottoscrivere accordi con il centrodestra, tutt’intorno il mondo cambia. E di quel mondo lui non fa più parte.
Certo, guardando alla nascita del “gattoblismo”, è impossibile non pensare al detto toscano “da Montelupo si vede Capraia, Cristo li fa e poi li appaia”, attribuito addirittura al Padre Dante, perché era inevitabile che un leader del Centrodestra incapace di dominare i suoi rigurgiti di autoreferenzialità al punto di far cadere un Sindaco del suo stesso partito, incontrasse un leader del Centrosinistra che in un pari rigurgito di autoreferenzialità remasse contro il suo stesso partito fino a fargli perdere voti e considerazione. Alla fine, resteranno padroni del nulla, membri di un duumvirato che governa sulle macerie politiche e sul niente. Su niente e nessuno.
Sì, nessuno, perché - e qui arriviamo al motivo di queste righe - la vera colpa ginobliana è la distruzione del futuro. Colpire i giovani, quelli che potrebbero essere il “nuovo”, quelli che dovrebbero essere il “dopo” della sinistra teramana, non significa riaffermare sé stessi, ma palesare la totale incapacità di leggere il mondo. Attaccare Moreno Fieni, oggi presidente del Bim, preparato e capace, strutturato culturalmente e interprete “moderno” (Tommà, predi nota) delle pulsioni sociali, significa distruggere il futuro del partito. Lasciare che Nicola Salini, l’elegante e altrettanto preparato commissario dell’Ater, subisca qualche bassezza politica e gli attacchi ingiustificati di chi pensa che il vomito social sia la realtà, significa distruggere il futuro del partito. Se Ginoble avesse la statura vera di un leader, e la cultura politica di chi sa riconoscere i tempi e le stagioni dell’impegno pubblico, oggi si sarebbe fatto consigliere e sponda dei giovani come Fieni e Salini, invece di farne bersagli delle sue personali vendette. Non sappiamo che musica ascolti Ginoble, ma di certo gli sarà capitato di sentire “una vita da mediano” di Ligabue, nel passaggio che recita “perché quando hai dato troppo / devi andare e fare posto”. Ecco, la sostanza è questa. Vada, Ginoble, e faccia posto. Anche perché, alla sua età, questo mettersi a miagolare non è neanche bello da vedere