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di Serafino Pulcini*   Il quarantesimo anniversario del rapimento dello statista Aldo Moro e dell’uccisione dei cinque membri della sua scorta, che avvenne il 16 marzo 1978 alle 9,02 del mattino a Roma in Via Fani per opera delle brigate rosse, coincide con l’inizio della XVIII legislatura in un clima di grande incertezza per il futuro governo dell’Italia. Con la precedente legislatura, si sono chiusi i lavori della seconda Commissione d’inchiesta sul caso Moro che hanno portato alla luce delle verità sconvolgenti. Nello speciale del TG 1 trasmesso a mezzanotte dell’11 marzo scorso, l’On. Gero Grassi, membro della Commissione, ha riferito con chiarezza inequivocabile che il rapimento fu eseguito “anche” dalle brigate rosse. In pratica parteciparono all’azione, direttamente e/o indirettamente, pezzi dello Stato, servizi segreti di diverse nazioni, organizzazioni mafiose e criminali. La verità sul caso Moro emersa dai lavori della Commissione è importante per capire la storia politica d’Italia dal dopoguerra in poi fino ai nostri giorni, ma soprattutto è fondamentale per ipotizzare una strada per il nostro futuro. Aldo Moro è stato l’unico politico del dopoguerra ad avere un progetto di stabilizzazione democratica del nostro Paese. Egli aveva il senso dello Stato quale organizzazione della vera sovranità del popolo secondo la nostra Costituzione; ha pagato con la morte l’ambizione di essersi elevato a paladino della difesa per i diritti del popolo. Il suo pensiero era universale: “La persona prima di tutto”; per l’affermazione di questo nobile principio condusse con successo una battaglia in sede di Assemblea Costituente. “Questo paese non si salverà, la grande stagione dei diritti risulterà effimera se non nascerà in Italia un nuovo senso del dovere”. Quest’affermazione, espressa in uno dei suoi discorsi, si è rivelata terribilmente profetica. Dopo la sua morte, infatti, iniziò in Italia il percorso della demolizione dei diritti dei lavoratori con l’abolizione della “scala mobile” e con la trasformazione del sistema pensionistico fino ad arrivare alla svendita del Paese con le nefaste privatizzazioni. In pratica, la linea politica di Aldo Moro contrastava con quella del selvaggio consumismo e con quella dei cosiddetti mercati odierni. Ricordo che negli anni sessanta, su alcuni mezzi di trasporto pubblico, il governo da Lui presieduto invitava i cittadini italiani con una locandina pubblicitaria a mangiare più patate e a privilegiare il risparmio. Una posizione del genere, controcorrente, non poteva essere condivisa da chi in Italia, in seguito, ha imposto una linea completamente opposta. Ma chi ha rapito e ucciso Aldo Moro? Chi sono stati i veri mandanti? L’On. Gero Grassi, in un suo intervento alla Camera, ricorda una lunga e incisiva lettera di Pier Paolo Pasolini pubblicata sul Corriere della sera nel 1974 che in merito agli anni delle stragi in Italia affermava: “Io so chi sono i mandanti e gli esecutori ma non ho né le prove, né gli indizi”. Vi è un filo conduttore che lega la stagione delle stragi al delitto Moro e, dai documenti prodotti dalla Commissione d’inchiesta, si evincono sia gli indizi che le prove – per chi volesse approfondire l’argomento suggerisco di visitare il sito www.gerograssi.it. Oggi quel periodo è sicuramente superato ma ritengo che le profetiche affermazioni di Pasolini siano ancora di grande attualità e si potrebbero, metaforicamente, ripetere per i seguenti fenomeni odierni: “Io so chi sono i veri responsabili di tutte le guerre sul pianeta; io so chi sono i veri responsabili delle emigrazioni di massa nonché dei morti nel Mediterraneo, io so chi sono i responsabili della crisi finanziaria ed economica, io so chi sono i veri responsabili dei suicidi per insolvenza da debito, io so chi sono i veri responsabili che non hanno consentito la ricandidatura di Gero Grassi al Parlamento nelle ultime elezioni del 04 marzo e quelli che non consentirono la ricandidatura del Senatore Vittorio Cervone promotore della prima Commissione d’inchiesta sul caso Moro nella VIII legislatura". Tale consapevolezza trova sostegno nel fatto che oggi il vero potere non è più nelle mani dei rappresentanti eletti dal popolo; forse non lo era nemmeno nel periodo di Aldo Moro. Questo potere, per certi versi occulto e al quale Moro si oppose tenacemente, non è sempre individuabile e spesso si traveste sotto mentite spoglie, nascondendosi talvolta dietro ai meccanismi finanziari dei cosiddetti mercati. Un personaggio “bene informato” come l’economista, nonché senatore a vita, Mario Monti l’otto marzo scorso durante la trasmissione “8 e mezzo” del canale LA 7 ha confermato la tesi del giornalista Stefano Feltri che nel suo ultimo libro dal titolo “Populismo Sovrano” “spiega come la promessa di recuperare la sovranità nazionale semplicemente non può essere mantenuta, perché le leve del potere sono ormai inesorabilmente altrove”. Il potere, ovunque esso sia, spesso si manifesta crudelmente contro il bene e in modo misterioso. Questa considerazione mi fa tornare in mente una bellissima frase dello stesso Aldo Moro, foriera di un significato certamente più nobile e profondo delle mie profane osservazioni, scritta nella sua ultima lettera alla moglie dal luogo dove fu tenuto sequestrato per 55 giorni prima di essere barbaramente assassinato e che riporto a conclusione e sintesi di questa mia testimonianza: “SE CI FOSSE LUCE SAREBBE BELLISSIMO”. Teramo 16 marzo 2018

*ex onorevole e candidato Sindaco al Comune di Teramo