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marrone Con riferimento alle appena effettuate nomine dei componenti il nuovo CdA della Te.Am. S.p.A. (società partecipata dal Comune di Teramo), sui quotidiani odierni viene riferita la polemica sul mancato rispetto delle norme sulla rappresentanza femminile negli organi di amministrazione delle società controllate da pubbliche amministrazioni (il nuovo CdA è così composto: Pierluigi D’Antonio in qualità di Presidente, Pietro Bozzelli consigliere di Amministrazione e Luca Ranalli consigliere con funzioni di Amministratore Delegato).

A tale riguardo Brucchi afferma esplicitamente: “Secondo lo Statuto non c’è alcun obbligo nella nomina di una donna nel CdA. Inoltre, per essere precisi, una rappresentanza femminile nei vertici di Te.Am. c’è già: è Daniela Falconi confermata nell’incarico nel Collegio dei Revisori dei Conti”.

Dopo tale record di corbellerie concentrate in due sole righe la scrivente si vede costretta, mutuando l’espressione “per essere precisi” usata quanto mai a sproposito dal sindaco, a dirozzare le grossolane nozioni di Brucchi in materia, al fine di indurlo ad una immediata revoca delle nomine illegittime di che trattasi e onde procedere a nuove nomine che rispettino le cogenti leggi in materia.

1) La legge n. 120/2011 ha introdotto l’obbligo, anche per le “società controllate da pubbliche amministrazioni” quale è indubbiamente anche la Teramo Ambiente S.p.A. (il cui 51% delle azioni è di proprietà: del Comune di Teramo per il 49% e della società interamente pubblica Mo.Te. Ambiente S.p.A. per il 2%, quest’ultima a sua volta partecipata dal Comune di Teramo al 49,10%), dell’equilibrio tra i generi negli organi amministrativi, specificando che “Il genere meno rappresentato deve ottenere almeno un terzo degli amministratori eletti”.

2) Con Regolamento attuativo contenuto nel D.P.R. n. 251/2012 (entrato in vigore il 12.02.2013) si è confermato tale obbligo a partire dal primo rinnovo degli organi (il primo rinnovo per la Te.Am. è quello avvenuto due giorni or sono). L’art. 3 comma 2 del citato D.P.R. specifica che “Per il primo mandato la quota riservata al genere meno rappresentato è pari ad almeno un quinto del numero dei componenti dell’organo” di amministrazione (oltre che dell’organo di controllo). Nel caso di specie un quinto del CdA Te.Am., che è composto da tre membri, corrisponde a 0,60 membri. In casi simili soccorre l’art. 2 comma 3 del D.P.R. 251/2012 stesso, a mente del quale “Qualora (…) non risulti un numero intero di componenti degli organi di amministrazione o controllo appartenenti al genere meno rappresentato, tale numero è arrotondato per eccesso all’unità superiore”. Per cui, in sede di prima applicazione, lo 0,60 deve essere arrotondato ad un membro sia per il CdA (dove non risultano donne) che per il Collegio dei Revisori dei Conti (dove correttamente c’è una donna sui tre membri effettivi).

3) Utile rammentare al sindaco che tanto la legge n. 120/2011 quanto il D.P.R. 251/2012 hanno il carattere della cogenza, per cui non è possibile eluderne le disposizioni. In particolare, l’art. 2 comma 1 del predetto D.P.R. 251/2012 prescrive che “Le società prevedono nei propri statuti che la nomina degli organi di amministrazione e di controllo (…) sia effettuata secondo modalità tali da garantire che ilgenere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti di ciascun organo”. Gravissimo, quindi, che Brucchi sostenga a cuor leggero che “Secondo lo Statuto non c’è alcun obbligo nella nomina di una donna nel CdA”, poiché è un suo preciso dovere promuovere le necessarie modifiche statutariele quali – dopo un anno e mezzo dall’entrata in vigore di tali obblighi – ancora non sono state operate. Per sovrapprezzo è pure impossibile poter prendere visione dello statuto della Te.Am. in quanto lo stesso non risulta pubblicato né sul sito della società né su quello del Comune, in violazione questa volta delle norme sulla trasparenza. (Per inciso si segnala che lo statuto deve parimenti essere aggiornato alle disposizioni di cui al D.L. n. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012 sulla cosiddetta “spending review”, e alle disposizioni di cui al D.L. n. 90/2014, convertito in legge n. 114/2014, entrato in vigore il 19 agosto 2014).

4) Ma non è finita. L’art. 4 comma 2 del D.P.R. 251/2012 prevede inoltre che “È fatto obbligo all’organo di amministrazione (quindi al nuovo CdA) e all’organo di controllo (quindi al nuovo Collegio dei Revisori dei conti) delle medesime società di comunicare al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro delegato per le pari opportunità la mancanza di equilibrio tra i generi, anche quando questa si verifichi in corso di mandato”. Il successivo comma 4, conoscendo il Legislatore la cronica inerzia degli organi societari nominati dalla politica, aggiunge che “Tale segnalazione può essere altresì fatta pervenire (…) da chiunque vi abbia interesse”, nel qual caso ulteriore vergogna si aggiungerebbe alle manifeste illegalità fino ad oggi verificatesi (l’indirizzo ufficiale cui effettuare la segnalazione è la seguente casella di posta elettronica certificata:Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).

5) Non va sottaciuto che, con riferimento alle conseguenze delle illegittimità relative alla fattispecie in esame, l’art. 4 comma 5 dello stesso D.P.R. 251/2012 prevede che “Nei casi in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per le pari opportunità accerti il mancato rispetto della quota stabilita all'articolo 2, comma 1, nella composizione degli organi sociali, diffida la società a ripristinare l'equilibrio tra i generi entro sessanta giorniIn caso di inottemperanza alla diffida, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per le pari opportunità fissa un nuovo termine di sessanta giorni ad adempiere, con l'avvertimento che, decorso inutilmente detto termine, ove la società non provveda, i componenti dell'organo sociale interessato decadono e si provvede alla ricostituzione dell'organo nei modi e nei termini previsti dalla legge e dallo statuto”. Quindi se ne deduce la decadenza automatica dell’appena nominato CdA all’esito della procedura di diffida.

6) È sempre utile rammentare al sindaco, ai sensi della disciplina generale del diritto, che l’attuale composizione illegittima del Consiglio di Amministrazione comporta che ogni atto promanato dagli amministratori sia a sua volta inficiato da illegittimità e suscettibile di essere impugnato ed annullato dal competente organo giurisdizionale, con deleteri effetti sulla società e sui cittadini teramani.

Maria Cristina MARRONI

Consigliere comunale di Teramo