Sceglie la strategia della parità dei numeri almeno sul fronte capigruppo l'opposizione che separando i gruppi consiliari, di fatto, si garantisce 7 capigruppo, tanti quanti quelli di maggioranza.
Strategia capitanata dall'ex candidata sindaco Maria Cristina Marroni che diventa capogruppo di "Teramo è meglio" mentre Niki Bartolini resta capogruppo di "Teramo sul serio". Caterina Provvisiero è capogruppo per Futuro In, Mario Cozzi per Forza Italia, Luca Corona per Fratelli d'Italia (surroga fatta con ingresso stamane di Pasquale Tiberii al posto di Raimondo Micheli dimessosi), Berardo Rabbuffo per la Lega, Alessio Di Egidio capogruppo per "Amo Te" e infine Carlo Antonetti che costituisce il gruppo "Per una città migliore" e ne è capogruppo.
In maggioranza i capigruppo sono stati così decisi: Flavio Bartolini per "In Comune per te", Miriam Tulii per "Bella Teramo", Andrea Core per "Insieme Possiamo", Simone Mistichelli per "Teramo Vive", Gianni Calandrini capogruppo del Movimento Cinque Stelle. Il PD ha per capogruppo Marco Di Marcantonio come consigliere anziano, piu votato nella lista ma il suo nome non è stato indicato formalmente come fatto da altri gruppi consiliari.
Arriva dalla Marroni la richiesta di tornare in centro con le sedute del Consiglio, magari ripristinando la sala consiliare all'Ipogeo e di rifare un bando per la trasmissione in diretta dei Consigli comunali "affinché i cittadini possano essere quanto più informati e coinvolti possibile circa il lavoro che si fa qui" e chiede di "rimettere al centro la sacralità del ruolo del Consiglio comunale" invitando tutti i colleghi ad evitare i "mutismi" cui si è abituata l'assemblea, purtroppo, nei cinque anni precedenti con diversi consiglieri senza alcun intervento in aula all'attivo.
Richiama lo slogan del sindaco in campagna elettorale, Teramo ora può, il capogruppo della Lega, Berardo Rabbuffo, per invitare la giunta all'attivismo concreto: "Teramo ora può? No, ora deve"...fare e fare bene, calando sul territorio gli oltre 230 milioni di euro in potenza e che devono tradursi in opere. Critica la giunta appena nominata Rabbuffo "fatta alla vecchia maniera democristiana, secondo il manuale Cencelli, ma con evidenti dissidenze interne già emerse nel Consiglio di oggi". Una giunta "senza un battito di ali, senza novità, senza uno slancio in termini di professionalità" con assessori che si ritrovano o deleghe pesantissime come Cavallari e deleghe senza portafoglio come Di Bonaventura "surclassato, nonostante ci avesse messo il cuore, dal sistema dei riconoscimenti alla lista arrivata in soccorso dal presidente della Provincia".
Paola Peluso